Da: avv. Eugenio Gargiulo (eucariota@tiscali.it)
Post denigratori su Facebook nei confronti di persone facilmente individuabili:può scattare il reato di diffamazione!
A chiunque può essere capitato di leggere qualche post su Facebook e di comprendere che l'autore, nello scriverlo, voleva riferirsi chiaramente proprio al lettore. I più furbi sono in grado di nascondere le proprie allusioni, ma c'è chi – a volte animato da forte rabbia o dalla volontà di danneggiare un rivale – non va tanto per il sottile e si lascia sfuggire qualche riferimento di troppo. Ebbene, per questi ultimi casi esiste una tutela, secondo la recente giurisprudenza.
Non è necessario indicare nome e cognome della persona a cui è rivolta un'allusione offensiva: se la "vittima" è facilmente individuabile e la frase incriminata è postata sul proprio o l'altrui stato di Facebook o in commento a qualche altro post, scatta ugualmente il reato di diffamazione.
Screditare le persone su Facebook, anche senza chiamarli nominalmente, può comportare il rischio di una querela se si capisce chiaramente di chi si parla: la semplice allusione, infatti, può integrare il reato.
A dirlo è una sentenza recentissima pubblicata dalla Cassazione.
È bene consigliare la massima prudenza: se, infatti, il riferimento alla vittima contenuto nel post diffamatorio non dovesse essere chiaro e immediato, si può passare dalla ragione al torto e rischiare una controquerela per calunnia. ( in tal senso Cass. sent. n. 13604
Anche il Tribunale di Monza, in una ormai storica sentenza, aveva decretato che la pubblicazione e diffusione su Facebook di contenuti che offendono l'onore, la reputazione e il decoro di un utente integrano responsabilità da fatto illecito, da cui deriva l'obbligo di risarcimento del conseguente danno morale. (Trib. Monza, sent. n. 770/2010)
Ma come comportarsi in questi casi? Innanzitutto bisogna sporgere querela entro 90 giorni dal fatto. Ma, prima di questo momento, sarà necessario precostituirsi le prove!
Foggia, 25 marzo 2014 Avv. Eugenio Gargiulo
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