Da: avv. Eugenio Gargiulo (eucariota@tiscali.it)
Nel provvedimento di DASPO debbono essere specificati i luoghi ai quali si estende il divieto di accesso, ma il provvedimento è lecito anche nei confronti di chi non ha la tessera del tifoso!
Il noto legale foggiano, avv. Eugenio Gargiulo, segnala due importanti pronunce giurisprudenziali in tema di DASPO.
"La disposizione del divieto previsto dall'art. 6 della legge n. 401 del 1989 implica che un soggetto si sia reso responsabile di comportamenti idonei a rivelarne una pericolosità specifica, strettamente connessa alle manifestazioni sportive negli stadi di calcio. In ragione di tale rilievo, non è rinvenibile alcun obbligo per l'Amministrazione di correlare il divieto di cui trattasi con i fatti accaduti nel senso di imporre lo stesso solo in relazione allo svolgimento di ben determinate partite di calcio, disputate dalle squadre interessate dall'incontro in occasione del quale si sono verificati gli atti di violenza contestati al destinatario del provvedimento. Tuttavia, la necessità di indicare specificamente i luoghi ai quali si estende il divieto (diversi dagli impianti sportivi e coincidenti con quelli interessati alla sosta, al transito ed al trasporto di persone che partecipano od assistono alle competizioni) risponde ad un ben preciso obbligo di legge, la cui imposizione è ispirata da esigenze di conciliazione con la libertà di circolazione, costituzionalmente riconosciuta (art. 16), ma anche di garanzia della stessa esigibilità del comando. Per tale ragione nel provvedimento di DASPO debbono essere specificati i luoghi ai quali si estende il divieto di accesso. ( in tal senso Tribunale Amministrativo Regionale Lazio - Roma, Sezione 1ter, Sentenza 5 aprile 2012, n. 3156)
Una altra pronuncia che fa giurisprudenza, e può riaccendere la tensione nella galassia ultras, intorno alla mai digerita tessera del tifoso. Il Consiglio di Stato ha sancito la legittimità del Daspo emesso dal Questore di Napoli nei confronti di un tifoso del Padova, a seguito di quanto si era verificato in occasione dell'incontro di calcio di serie B Juve Stabia Padova, del 29 settembre 2012.
In quella circostanza ben 44 sostenitori patavini, viaggianti a bordo di un pullman e diretti allo stadio di Castellammare di Stabia, erano stati fermati dalla polizia dai caselli autostradali di Napoli Nord nel corso dei servizi predisposti prima dell'incontro, ed erano risultati tutti privi della tessera del tifoso e del biglietto di ingresso che, secondo le disposizioni vigenti, non avrebbero potuto acquistare allo stadio. A bordo dell'autobus vennero anche rinvenuti e sequestrati 24 torce illuminanti (fumogeni) e un coltello.
Nei confronti di tutti i tifosi identificati furono emessi provvedimenti di divieto di accesso allo stadio per un anno – la maggior parte dei quali notificati ex novo nel 2013 dopo una sentenza del Tar Campania che aveva riscontrato un vizio procedurale - poiché avevano posto in essere, in occasione di una manifestazione sportiva, una condotta ritenuta pericolosa per la sicurezza pubblica.
Accogliendo la tesi della Questura di Napoli, contestata fermamente da uno dei supporters padovani che ha presentato ricorso prima al Tar Campania e poi al Consiglio di Stato, i giudici di Palazzo Spada hanno ribadito che la legge prevede che il Daspo può essere applicato non solo nei confronti di chi ha tenuto comportamenti violenti, ma anche nei confronti di chi ha tenuto "una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza o tale da porre in pericolo la pubblica sicurezza" si legge nel provvedimento del Consiglio di Stato.
Infatti, nel caso di specie, "è vero che non si erano ancora verificati disordini o episodi violenti, se non altro perché i tifosi padovani controllati non erano ancora arrivati allo stadio e mancavano alcune ore all'inizio della partita. Ma
Il ragionamento di Palazzo Spada è imperniato su un iter logico: "Non ci si può infatti nascondere - trattandosi di fatti notori - che fra i comportamenti usuali, anzi tipici, dei c.d. ultras (specie in trasferta) vi è quello di presentarsi ai cancelli dello stadio - sostiene il Consiglio di Stato -, in massa o comunque in gruppi organizzati, senza biglietto, e con atteggiamenti aggressivi e intimidatori, per creare condizioni nelle quali gli addetti al controllo e le autorità preposte siano costrette a scegliere fra consentire loro pro bono pacis l'ingresso, ovvero correre il rischio che mantenuti forzatamente all'esterno quelli sfoghino la loro delusione e la loro aggressività creando disordini e tafferugli con la tifoseria avversaria".
I magistrati hanno sottolineato la legittimità del provvedimento della Questura, "in quanto in questa luce appare ozioso discettare - argomentano - se l'attuale appellante abbia avuto un ruolo più o meno attivo: considerato il contesto, ciascuno dei 44 era consapevole, quanto meno, che non possedeva gli indispensabili titoli per l'accesso allo stadio (tessera del tifoso e biglietto nominativo) e che non aveva modo di procurarseli legittimamente; e dunque - concludono - affrontava un viaggio di oltre
Foggia, 27 marzo 2014 Avv. Eugenio Gargiulo
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