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venerdì 27 maggio 2011

prossime inaugurazioni

SATURA art gallery

associazione culturale - centro per la promozione e la diffusione delle arti

piazza Stella 5/1, Genova 16123  Tel: 010.246.82.84 / cell. 338.291.62.43

e-mail: info@satura.it    www.satura.it  www.facebook.com/satura.genova

 

      

COMUNICATO STAMPA

 

 

 

 

 

       

CANALE                   PONTE                     LAVAGETTO           GALLIGANI

 

 

Sabato 28 maggio 2011 ore 17:00

Palazzo Stella – Inaugurazione

 

PIETRO CANALE

Mostra personale

testo critico di Luciano Caprile

 

IL SEGNO GRAFICO

mostra personale di Giuseppe Ponte

testo critico di Paolo Levi

 

IL  MITO E IL MARE

mostra personale di Luigi Galligani

testo critico di Raffaele De Grada

 

I POSTI CHE HO VISTO LAGGIÙ

mostra personale di  Marco Lavagetto

a cura di Mario Pepe

 

Aperte fino all'11 giugno 2011

Orario da martedì a sabato

dalle 15:30 alle 19:00

 

Genova, SATURA art gallery

 

 

  

Satura art gallery è lieta di invitarvi all'inaugurazione dei prossimi eventi espositivi che si terrà, nei suggestivi spazi di Palazzo Stella, sabato 28 maggio 2011 alle ore 17:00.

Presenteremo le mostre personali di Pietro Canale, Giuseppe Ponte, Luigi Galligani e Marco Lavagetto.

Questo nuovo ciclo di mostre rivela la dinamicità dell'attività espositiva di Satura art gallery, e ne rinnova l'impegno nella promozione ed incentivazione della produzione artistica di qualità.

 


 

S'inaugura, sabato 28 maggio 2011 alle ore 17:00, presso SATURA art gallery, Piazza Stella 5/1 Genova, la mostra personale di Pietro Canale. La mostra presentata in catalogo da Luciano Caprile rimarrà  aperta fino al 11 giugno 2011, orario dal martedì al sabato 15:30 – 19:00.

 

Certi artisti riescono a trasferire efficacemente in un riflesso interiore le immagini del mondo esterno. Questo processo non si verifica di solito immediatamente. Ha infatti bisogno di un certo tempo di sedimentazione per raggiungere il suo scopo. Solo allora tutto ciò che viene recepito dallo sguardo corrisponde a quello che viene acquisito dall'anima e il risultato di una simile evoluzione visiva e percettiva si evidenzia sulla tela. Da qualche tempo Pietro Canale ha scelto un simile approccio creativo avendo a lungo sondato un terreno prodigo di suggestioni post-impressioniste o fauves dove il colore si traduceva in macchia e la macchia in evocazione paesaggistica. Con implicazioni figurali più o meno marcate e talora con tentazioni ancora più descrittive che emozionali.

Nelle prove più recenti l'approccio calligrafico diventa motivo ricorrente. Sembra che finalmente Canale si sia liberato da ogni remora interpretativa nel coniugare la lezione di Cy Twombly con quella di Mario Schifano per dispensare ampie campiture apparentemente monocrome che occupano quasi totalmente la tela su cui egli interviene con un ulteriore racconto segnico da affidare a una ideale lavagna ossessivamente proiettata contro l'infinito. Egli può finalmente sciogliere qui il personale spirito indagatore ponendolo di fronte a situazioni apparentemente non conciliabili, che invece trovano inattesi punti di concordia. Lo scopriamo nell'intricato groviglio di un'opera che emerge dal profondo e intenso grigio plumbeo d'insieme per aggredire la striscia bianca di respiro e di fuga che si profila nella parte superiore del quadro. In questo caso l'inconscio va a occupare compiutamente lo spazio attraverso una serie progressiva e tumultuosa di gesti automatici. In altre situazioni è il fondo trattato con pennellate più dense e uniformi che mimano una modulazione tonale in chiave monocroma ad accogliere un intervento diretto e liberatorio di "scrittura" impulsiva. Lo si può rinvenire nelle due tele concepite rispettivamente nelle  varianti del rosso e del blu.

Il percorso sembra ora decisamente tracciato verso una sempre maggior consapevolezza di sé e del mondo da interrogare attraverso comportamenti immediati, dove la spontaneità e l'urgenza dichiarativa trovano l'opportuno, doveroso bilanciamento nel gusto cromatico e nel valore di ogni gesto. Infatti tutto ciò che sembra casuale è il ricercato frutto di un ordine interiore dettato dalla sensibilità e dalla qualità del dipinto che ne deriva. Tutto sembra ed è in bilico formale e creativo: anche in simile frangente l'arte, quella perseguita con entusiastica perseveranza da Pietro Canale, mima la vita.

 

 

 

 

S'inaugura sabato 28 maggio 2011 alle ore 17:00, nelle splendide sale di Palazzo Stella a Genova, la mostra "Il segno grafico" di Giuseppe Ponte. Testo critico di Paolo Levi. La mostra rimarrà aperta fino all'11 giugno 2011, orario dal martedì al sabato 15:30 – 19:00.

 

Giuseppe Ponte si serve della pittura, e in particolare del colore, per realizzare un personale linguaggio astratto che si inserisce nella tradizione dell'optical art.

 

Nelle sue composizioni l'artista crea forme curvilinee e sinuose costruite attraverso rigorosi accostamenti cromatici declinati in graduali passaggi tonali. L'effetto dell'insieme è amplificato grazie al calcolato inserimento di parti scure che concorrono alla definizione delle geometrie.

 

Si tratta di immagini che superano la bidimensionalità peculiare della superficie dipinta, provocando stimolazioni visive in chi guarda, affinché questi, assecondando le intenzioni dell'artista, possa visualizzare mentalmente un processo cinetico che non è reale, ma illusorio. L'osservatore diventa quindi compartecipe nella comprensione dell'opera, e sarà proprio lui a compiere l'ultimo passo per completarne il moto in uno spazio oltre il quadro.

 

S'inaugura, sabato 28 maggio 2011 alle ore 17:00, presso SATURA art gallery, Piazza Stella 5/1 Genova, la mostra personale "Il mito e il mare" di Luigi Galligani. La mostra presentata da Raffaele De Grada rimarrà  aperta fino al 11 giugno 2011, orario dal martedì al sabato 15:30 – 19:00.

 

Ho avuto modo di parlare per la prima volta della scultura di Luigi Galligani nel 1991 in occasione della sua personale alla "Galleria Cortina" di Milano. Questo scultore toscano mi aveva subito interessato per la pulizia delle forme di scultore classico e per l'incanto che si prova nel vederle. Dopo dieci anni ci ripropone le sue Veneri, Pomone, Medea, Minerva ed altre figure femminili. Una ricerca che esiste fino dalla notte dei tempi come le "Antenate di Venere" esposte nella recente mostra del Castello Sforzesco a Milano dove emerge la "Venere" paleolitica di Dolnì Vèstonice di circa 27 mila a. Cr.

Il cammino dell'arte è stato faticoso e lento in tanti secoli e millenni e la Venus di Galligani realizzata in bronzo ci porta questo tema vivo con tutto il fascino che ci manda Venere nel tempo, una dea che condiziona la vita di tanti uomini in ogni momento. Ma quello che crea maggior stupore è l'originalità con cui appaiono a noi la "Murena" del 2004/2005 che è lì guardiana di qualsiasi spazio.

Si può pensare anche alla "Polena" che era a guardia della nave che solcava i mari al tempo delle grandi scoperte e dei corsari che hanno arricchito tante casate. Questa sarebbe un po' scontata come idea. In queste sculture si sente un segnale,un pericolo che coinvolge tutti.

I mari, gli oceani, i ghiacciai, hanno subito danni ingenti dall'uomo.

Le guerre, l'inquinamento industriale hanno fatto aumentare il riscaldamento in alcune zone del pianeta che uniti al disboscamento portano alla tragedia. Se Marino Marini ci segnalava il danno con un linguaggio quasi paleolitico, Galligani ci ricorda Giambologna e si proietta nel nostro futuro senza la gioia del passato di questi maestri, con un velo di tristezza.

Dal 1991 ad oggi si sono viste tante mostre inutili e sgradevoli. E' stato difficile navigare in questi dieci anni, ma l'incanto, il mistero che accompagna queste "murene" e le "polene" è intatto. Sarebbe bello vederle all'ingresso dei porti, dei fiumi che hanno ponti, adagiare il "canto delle sirene" sulla spiaggia in attesa che arrivino le navi, oppure mentre guardano il sole che tramonta. Con un saluto alla notte mentre queste dee senza età ci guardano, di questo scultore si può dire a buona ragione che è nato un artista nuovo, cosa molto rara.

 

 

 

 

S'inaugura, sabato 28 maggio 2011 alle ore 17:00, presso SATURA art gallery, Piazza Stella 5/1 Genova, la mostra personale "I posti che ho visto laggiù" di Luigi Galligani. La mostra a cura di Mario Pepe rimarrà  aperta fino al 11 giugno 2011, orario dal martedì al sabato 15:30 – 19:00.

 

A partire dagli ultimi decenni dell'ottocento,  i paesaggisti  inseriscono realisticamente  nelle loro opere elementi dei primi insediamenti industriali, visti entusiasticamente come segni del trionfante progresso moderno.  Ma nel novecento le vedute si frantumano e riducono lo spazio della percezione, a causa della dilagante intrusione del cemento che accompagna lo sviluppo delle fabbriche. Il paesaggio da cui i pittori traevano ispirazione non esiste più.  Provate ad andare ad Arles e trovare un campo come quello dipinto da Van Gogh! Ritrarre il paesaggio contemporaneo, magari con i colori ad olio, diventa un'impresa impossibile anche psicologicamente. Resta la fotografia, che al di là di ogni pretesa di oggettività e di documentazione, può comunicarci qualcosa d'altro, un complesso miscuglio di impotenza rabbiosa e nostalgia di fronte a cose che avrebbero potuto aver sbocchi maggiormente controllati.

Di grande correttezza formale, le foto di Lavagetto sono da inquadrarsi nel filone dell'indagine sul territorio, dall' immensa provincia americana del mitico Walker Evans sino ai lavori sull'area urbana industriale di Gabriele Basilico degli anni '80. Le immagini di Lavagetto sono la presa di posizione di un genovese che ama la sua città e che si sente moralmente spinto a registrare il cambiamento drammatico provocato dallo scempio edilizio del novecento. La Genova delle fabbriche, isolate dal sistema abitativo che le circonda, tra blocchi di case e distributori in disuso, ciminiere e gasometri, diventa l'unico paesaggio contemporaneo su cui valga la pena di riflettere. Da un primo approccio di denuncia fotografica su alcuni edifici che, come lui stesso dice, "non riescono a farsi amare dalla gente o per un eccessivo grigiore o per una eccessiva invadenza concreta", passa ad evidenziare i dati di fatto dello sviluppo architettonico-urbanistico di Genova, per approdare  ad una dolente e poetica testimonianza delle periferie marcate dal degrado, dove non è più possibile ripristinare un qualsiasi aspetto del tessuto sociale preesistente. Non sono foto di catalogo archeologico della società industriale bensì vedute di strade desolate dove la prospettiva geometrica assume valenza metaforica,  non facendo intravedere alcuna via di uscita, alcuna soluzione di continuità dello scempio. L'assenza di figure umane sottolinea l'odierno paesaggio urbano, fatto di ambienti abbandonati e spazi impossibili, dove abitano solitudine e rinuncia a qualsiasi riabilitazione.

L'intervento dell'artista sulle foto è minimo, limitato a coloriture bituminose, quasi a rendere le sensazioni tattili e corporee che ci possono provenire soltanto dalla percorrenza fisica di simili spazi, che la foto come mezzo meccanico non è in grado di restituire.

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