Il testo di legge di Riforma del condominio, approvato dal Senato, e' attualmente all'esame della Camera dei Deputati.
Piu' che di una riforma sul piano strutturale dell'istituto si tratta di un restyling in cui vengono dilatate le facolta' dei soggetti che non sono titolari dei diritti reali legati all'istituto, mentre i diritti di questi ultimi ne escono compressi e sacrificati.
In sintesi possiamo dire che sul piano privatistico i diritti dei condomini vengono sacrificati e ridotti senza peraltro che, sul piano dell'interesse pubblico si riescano ad eliminare o attenuare i difetti dell'istituto, i quali anzi vengono accentuati.
Si puo' dire che la riforma risente di un eccesso di tuziorismo verso gli utilizzatori dei beni immobiliari e di eccesso garantismo verso i soggetti coinvolti nel rapporto di condominio.
L'impianto legislativo risente in un certo qual modo della farraginosita' con la quale sono state introdotte le diverse previsioni senza alcun coordinamento, anzi in sovrapposizione ed in lesione dei i principi generali dell'ordinamento contenuti nel Codice civile.
Che il condominio si avviasse ad essere antistorico dal punto di vista urbanistico e sociale lo si era intuito da un pezzo: ma con la riforma in corso di approvazione da parte del Parlamento si peggiora di molto la situazione.
Infatti, se c'e' un soggetto nella vita della citta', da un lato restio a qualsiasi rinnovamento edilizio ed urbano, e dall'altro covo di litigi,questo e' il condominio.
La situazione viene peggiorata sotto entrambi i profili:
IL CONDOMINIO FRENO AL RINNOVAMENTO EDILIZIO ED URBANO
- Sotto il primo profilo consideriamo che e' il turn over abitativo a dar luogo alle opere di riqualificazione degli immobili (opere manutentive e di adeguamento tecnologico)nonche' agli obblighi di certificazione.
Come noto tale turn over e' pressoche' assente nella realta' del condominio,sicche' in tale assenza non si ha quasi mai riqualificazione.
Inoltre, il condominio rappresenta un vero freno alla sostituzione edilizia e di riflesso ingessa irrimediabilmente la citta'.
La frammentazione della proprietà tipica dell'Italia rende impossibili in radice i programmi di demolizioni e ricostruzioni caratteristici, ad esempio, delle città tedesche e americane.
La riforma ora in discussione alla Camera accentua questo fenomeno, limitando gli interventi di modifica della destinazione d'uso degli immobili subordinandoli alla loro irrilevanza sul piano del godimento delle cose comuni ( tanto da assoggettarla, non solo alla sua non dannosita', ma anche alla sua non incidenza sul godimento delle cose comuni ).
Questo, però, significa andare contro la tendenza oggi in atto, da parte dei pianificatori comunali, di assecondare al massimo grado la funzionalità dell'immobile in rapporto alle esigenze espresse dal dinamismo della città: il caso del piano di governo del territorio (Pgt) di Milano è emblematico.
C'e' uno strabismo, una asimmetria nella linea concettuale del legislatore: da un lato, con la SCIA e con tutta la normativa edilizia liberalizza e semplifica gli interventi sul piano procedurale; in questo caso, viceversa, blocca decisamente le modifiche di destinazione d'uso.
Ammettere poi un'azione autonoma dei conduttori a presidio delle destinazioni d'uso e' una forzatura foriera dei piu' nefasti esiti.
IL CONDOMINIO FONTE DI LITIGIOSITA'
Sotto il secondo profilo la litigiosita' all'interno del condominio e' proverbiale; tanto che la riforma della giustizia civile che ha istituito la mediazione ha espressamente fatto slittare di un anno l'obbligatorieta' della conciliazione nel caso di controversie condominiali, (che rappresentano, insieme a quelle derivanti dai sinistri stradali, il grosso del contenzioso civile italiano)
proprio per non intasare il lavoro iniziale degli organismi di mediazione.
Sotto il profilo della litigiosità del condominio, il disegno di legge in esame alla Camera potrebbe accentuare notevolmente la litigiosita' in materia condominiale, poiche entra in modo significativo nella sfera privata dei singoli condòmini.
Dietro la motivazione della sicurezza e della questione energetica, il testo prevede tutta una serie di interferenze da parte dei condòmini stessi, dell'amministratore e dei conduttori, nella casa altrui.
Sul piano procedurale, peraltro, ad ogni piè sospinto di fronte ai minimi intoppi, è previsto il ricorso al giudice.
Per rendersene conto basta vedere con quanta frequenza ricorrano nel testo le parole «ricorso» e «magistratura».
Altro che sfoltimento del contenzioso civile.
Non è finita qui. Il testo attuale della riforma - con una norma che si presta a più letture poiche' si basa su una evidente confusione concettuale tra usufruttuario e utilizzatore dell'immobile ( una sorta di "consumatore" ) - prevede che all'assemblea deliberante sulla gestione ordinaria possano partecipare i conduttori.
La norma è dettata per gli inquilini degli usufruttuari e gia' come tale non va bene perche' usufrutto non significa utilizzo dell'appartamento.
Il legislatore ha in mente il caso dell'usufrutto della vecchina che gode del vitalizio dell'alloggio.
Ma l'usufrutto significa altra cosa: ci sono palazzi in condominio con decine e decine di unita' godute,in modo esclusivo o insieme al nudo proprietario, da un unico usufruttuario e l'assemblea dei conduttori esautorerebbe il titolare del diritto reale di godimento dalla amministrazione del bene .
Addirittura alcuni interpreti sostengono possa valere per tutti gli inquilini; e cio' sarebbe ancor meno in linea con le esigenze della proprietà.
Ma c'e' un ulteriore aspetto pratico che si aggiunge alle considerazioni di diritto.
Ogni inquilino avra' un amico fornitore da accontentare : apriti cielo.
Considerazione finale: seguendo quella logica andranno ammessi i correntisti alle assemblee delle banche, gli assicurati a quelle delle compagnie di assicurazione, gli automobilisti a quelle della Fiat e delle altre case automobilistiche italiane.
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