Chiodi di Cristo: studioso italiano esclude che servirono per una crocifissione
Milano, 12 aprile 2011. Hanno fatto il giro del mondo, nei giorni scorsii, le affermazioni del documentarista canadese Simcha Jacobovici, che ritiene di aver scoperto due chiodi con cui i soldati romani crocifissero Gesù. La tesi di Jacobovici è alla base del film documentario di prossima uscita "I chiodi della Croce". L'autore ha rinvenuto i chiodi presso il laboratorio dell'Università di Medicina di Tel Aviv, ma sostiene che furono rinvenuti nel 1990 in un ossario scoperto a Gerusalemme, su cui era inciso il nome di Caifa: il sacerdote che, secondo i Vangeli, consegnò Gesù ai Romani. Secondo Jacobovici, Caifa si sarebbe pentito di quel gesto e prima di morire avrebbe recuperato i chiodi della crocifissione, chiedendo che fossero sepolti con la sua salma. Alcuni archeologi israeliani contestano la tesi di Jacobovici, sostenendo che la tomba in cui furono trovati i chiodi è modesta e non certo degna della sepoltura di un sommo sacerdote. Su questo ritrovamento prende la parola anche Roberto Malini, scrittore e storico: "Secondo la tradizione antica, diverse reliquie legate alla morte di Gesù vennero recuperate nei primi secoli dell'era cristiana. I chiodi venivano chiamati 'strumenti della Passione' e, sempre secondo la tradizione, tre di essi sarebbero stati rinvenuti dall'imperatrice Elena, madre di Costantino I e santificata dalla Chiesa cattolica. Le leggende cristiane ne individuano uno presso la Chiesa di Santa Croce in Gerusalemme a Roma, uno appeso sull'altare maggiore del Duomo di Milano, uno all'interno della corona ferrea a Monza o nella sacra lancia di Longino a Vienna. Storia e archeologia ci rivelano che i condannati alla crucifissione venivano inchiodati ai polsi e non alle palme delle mani, per evitare che le teste metalliche dilaniassero le carni, sotto il peso dei corpi. Si trattava di chiodi a 'L' o a testa molto estesa, dall'ampio diametro e lunghi almeno 15 centimetri, in modo che potessero trapassare il polso di un uomo adulto e conficcarsi in profondità nel legno delle croci". Malini a questo punto mostra una foto in cui Simcha Jacobovici esibisce uno dei chiodi scoperti a Gerusalemme. "Come si vede chiaramente," spiega lo scrittore, "il chiodo non possiede alcuna delle caratteristiche di un chiodo da supplizio, essendo troppo corto, con un diametro troppo ridotto e una testa non abbastanza grande. Sembra piuttosto il chiodo di un sarcofago, di una bara o dello scrigno di un corredo funebre ed è per questo che, verosimilmente, è stato ritrovato all'interno di un antico ossario".
Nella foto, Simcha Jacobovici con uno dei chiodi scoperti in un ossario a Gerusalemme
Roberto Malini
Gruppo Watching The Sky
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Redazione del CorrieredelWeb.it
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