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Financial Transaction Tax. Come non risolvere i problemi creandone altri
Firenze, 6 Ottobre 2010. In primis e' stato il Presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, a perorare in sede Onu l'istituzione di una nuova tassa sulle speculazioni finanziarie per dare sostegno alle casse statali e superare gli effetti della crisi mondiale con un occhio di riguardo verso i Paesi piu' demuniti: la Financial Transaction Tax (FTT). A seguire, tanti consensi, soprattutto da parte del Partito Socialista Europeo, in particolare per la riduzione del debito pubblico europeo; e c'e' anche chi propone che il Partito Democratico se ne faccia promotore a livello italiano.
A nostro avviso si sta affrontando un obiettivo giusto con il metodo sbagliato. Per due motivi:
1 - Per quanto riguarda gli aiuti ai cosiddetti Paesi poveri, i soldi, che oggi sulla carta ci sono, non vengono invece erogati da chi si e' impegnato: quanti sono quei Paesi che mantengono l'impegno di una percentuale del Pil in merito? Pochissimi, essenzialmente quelli scandinavi. Perche', nel caso della FTT, che potrebbe essere gestita dagli Stati nazionali, dovrebbe funzionare in modo diverso? Non solo, ma perche' anche con questi soldi non si dovrebbe verificare uno dei principali problemi degli aiuti umanitari, cioe' a chi vanno questi soldi e come vengono gestiti dai cosiddetti "professionisti della fame nel mondo"?
2 – I pochi capitali italiani di un certo spessore sono molto ballerini, soprattutto quelli che vengono destinati per le speculazioni finanziarie. Per quale motivo un investitore italiano dovrebbe farlo nel proprio Paese e non in un altro in cui questa tassa non esisterebbe? Forse tutti i Paesi del mondo si uniformerebbero alla FTT? Provate a dirlo a Paesi tipo Santa Lucia, Cayman Island... per citare solo le situazioni piu' estreme. Che si fa? Si impone loro con la guerra questa tassa o li si bandisce dal mercato finanziario transnazionale? Suvvia... Quindi capitali italiani che vanno via in attesa del prossimo condono per il rientro.
Per entrambe queste ragioni e' evidente che i metodi per il giusto obiettivo devono essere altri:
1 – senza la soluzione di questo punto tutto e' inutile. Una nuova tendenza potrebbe essere che gli aiuti non passino attraverso le istituzioni internazionali ma siano direttamente gestiti in loco dagli erogatori. La cosa e' complessa e ci fermiamo qui anche perche' implica il rapporto con Paesi in cui legalita' e democrazia sono un optional.
2 – In un Paese ricco come il nostro (indubbiamente siamo a livello mondiale in questo ambito), ogni volta che si istituisce una nuova tassa e' uno sfacelo: parte subito il meccanismo per l'evasione della stessa. E' cosi', anche se non ci piace. Dato per assunto che gli speculatori finanziari se ne andrebbero altrove, come reperire maggiori soldi per il cosiddetto "obiettivo giusto"? Prima di tutto mantenendo gli impegni sulla percentuale del Pil per gli aiuti umanitari (oppure a suo tempo, quando fu preso questo impegno, si era totalmente incoscienti?). In subordine lavorando meglio su una tendenza che ufficialmente e' gia' in atto, la semplificazione amministrativa (abbiamo anche un ministero ad hoc) e i milioni di rami morti che nella nostra economia succhiano soldi allo Stato senza dare niente in cambio; il discorso anche qui si fa articolato ed entrano in gioco tutti gli aspetti politico-economici che ostano in questo senso.
Per concludere. A fronte delle difficolta' che abbiamo sopra ricordato, e a fronte di coloro che quando c'e' necessita' di soldi la prima cosa che gli viene in mente e' mettere una nuova tassa... allo stato solo una cosa e' certa: la nuova tassa sulle speculazioni finanziarie non risolverebbe il problema e ne creerebbe altri altrettanto gravi.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
COMUNICATO STAMPA DELL'ADUC
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