Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-01365
Interrogazione a risposta orale:
Atto n. 3-01365
Pubblicato il 8 giugno 2010
Seduta n. 392
BAIO , GALPERTI , CHIURAZZI , CECCANTI , CARLONI , BUBBICO , INCOSTANTE , FERRANTE , SANNA , BASTICO , MARITATI , BARBOLINI , GARAVAGLIA Mariapia , ANTEZZA , DE SENA , DE LUCA , ARMATO , DI GIOVAN PAOLO , BASSOLI , BOSONE , CHITI , VIMERCATI , AMATI
- Al Ministro della giustizia.
- Premesso che:
gli istituti di pena italiani non avrebbero mai visto una situazione critica come l'attuale: alla data del 14 maggio 2010 i detenuti censiti dal Ministero della giustizia erano 67.593, oltre una volta e mezzo il numero degli ospiti consentiti dalla capienza del sistema carcerario, ovvero circa 44.000;
un simile sovraffollamento crea preoccupanti problemi di gestione degli istituti, rendendo pressoché invivibile il carcere non solo ai detenuti, ma anche agli stessi operatori carcerari in quanto diventa quasi impossibile assolvere alla funzione assegnata dalla Costituzione: la rieducazione dei detenuti;
il personale di polizia penitenziaria in forza alla data del 31 gennaio 2010, presso le carceri italiane, ammonta a 38.337 poliziotti e nell'ultimo anno si è registrato un decremento delle stesse forze, nonostante il continuo e costante aumento della popolazione carceraria;
il numero dei suicidi tra i detenuti è aumentato, raggiungendo la quota di 24 nei primi cinque mesi dell'anno 2010;
secondo gli ultimi dati disponibili, coloro che hanno usufruito di pene alternative alla detenzione hanno un tasso di recidività del 5 per cento, mentre chi ha scontato tutta la pena torna a delinquere 2 volte su 3 (66 per cento);
i volontari che svolgono il servizio nelle carceri italiane, sopperendo a necessità e carenze di organico, secondo gli ultimi dati ministeriali disponibili, ammontano a 9.576 unità, con una media di un volontario ogni 7 detenuti e con differenze da regione a regione;
l'ordinamento penitenziario italiano (di cui alla legge n. 354 del 1975) disciplina l'attività di volontariato agli articoli 17 e 78;
i volontari più numerosi (8.194) sono quelli definiti dall'articolo 17 e che operano per la risocializzazione del detenuto attraverso precise attività; la qualifica di "volontario" è assunta presentando domanda al Direttore dell'Istituto, il quale valuta la domanda e comunica la richiesta al magistrato di sorveglianza;
i volontari definiti dall'art. 78, invece, sono più rari (1.382), lavorano in stretta collaborazione con educatori, assistenti sociali e psicologi; la loro candidatura passa direttamente attraverso il magistrato di sorveglianza e viene valutata dal Provveditore locale;
l'attuale sovraffollamento riduce gli spazi per svolgere le attività previste, diminuendo l'efficacia dell'intervento dei volontari; la grave carenza di educatori, assistenti sociali, psicologi, d'altra parte, fa sì che i volontari suppliscano alla mancanza di tali figure professionali invece di affiancarle nel lavoro volto alla risocializzazione dei detenuti;
già nel 2006 una circolare ministeriale invitava gli istituti a fare ogni sforzo per allungare l'orario delle attività di volontariato;
al 31 marzo 2010 mancherebbero all'organico minimo ben 603 educatori (il 44,6 per cento in meno), 535 assistenti sociali (il 32,6 per cento in meno) e 265 tra esperti informatici, linguistici, comunicatori, psicologici, statistici ed ausiliari;
vista la difficile situazione a cui sono costretti i volontari che operano negli istituti penitenziari italiani, la Conferenza nazionale volontariato e giustizia, che rappresenta il volontariato di settore in Italia, avrebbe sollecitato i propri aderenti a realizzare manifestazioni pacifiche che contemplino anche l'autosospensione dal servizio,
si chiede di sapere:
di quali informazioni il Ministro in indirizzo disponga circa i fatti riferiti in premessa;
se non ritenga di rafforzare sia gli strumenti alternativi al carcere previsti dalla cosiddetta legge «Gozzini» (legge n. 663 del 1986), da applicare direttamente anche nella fase di cognizione, sia le sanzioni penali alternative alla detenzione intramuraria, a partire dall'estensione dell'istituto della messa alla prova, previsto dall'ordinamento minorile, anche nel procedimento penale ordinario;
se non si ritenga urgente applicare concretamente la legge 22 giugno 2000, n. 193, cosiddetta «legge Smuraglia», al fine di incentivare la trasformazione degli istituti penitenziari da meri luoghi di permanenza di persone in condizioni di prevalente e permanente inerzia, di per sé distruttiva, in soggetti economici capaci di svolgere parte attiva e competitiva sul mercato, anche al fine di autoalimentare le risorse economico-finanziarie necessarie per operare, riducendo così gli oneri a carico dello Stato e quindi della collettività;
se non si ritenga di dover intervenire con apposite iniziative e progetti, da effettuare attraverso il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, sul tema della prevenzione dei suicidi in ambiente penitenziario, rafforzando i presidi, attraverso l'impiego qualificato di gruppi di ascolto formati da psicologi ed operatori penitenziari;
se non si ritenga di dover prevedere il reclutamento straordinario di un adeguato contingente di polizia penitenziaria e del personale amministrativo mancante, nonché promuovere iniziative per l'incremento degli organici degli psicologi;
se non si consideri necessario ed urgente elaborare un "piano sociale straordinario per le carceri" di sostegno al reinserimento sociale per coloro che escono o che potrebbero uscire dagli istituti di pena, attraverso la formazione, il sostegno lavorativo, l'attivazione del terzo settore e dell'associazionismo;
se non si ritenga urgente attivarsi al fine di promuovere una nuova e diversa attenzione, centrale e territoriale, volta a sostenere e finanziare il sopracitato "piano sociale straordinario per le carceri", che potrebbe garantire, al tempo stesso, maggiore sicurezza per i cittadini e concrete opportunità per i detenuti.
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