L’attività del critico, qualunque sia l’area di competenza, è senza ombra di dubbio il lavoro più controverso al mondo.
In effetti, poter disquisire dell’altrui ingegno, esaltare o distruggere in poche righe l’opera dell’intelletto umano – la cui realizzazione ha magari richiesto anni di studio - non è una responsabilità da poco. Un critico meritevole di tale titolo deve possedere conoscenze tecniche approfondite ed un’esperienza consistente della materia di cui tratta, ma da sole non bastano: il critico ha innanzitutto passione, e quindi una sorta di trasporto che gioca un ruolo essenziale nella redazione della recensione. Se poi questa è poco benevola, l’esperto sarà sicuramente oggetto di antipatia, poiché non se ne comprendono i parametri di giudizio e, talvolta, i toni spietati che decapitano onorabili attività commerciali. Insomma, la critica genera stress nel giudice e nel giudicato.
Tra i settori comunemente oggetto di critica, quello più goloso e piacevole nell’immaginario comune è sicuramente l’enogastronomia. Ma sarà davvero così? Vediamo dunque di cosa si occupa chi al ristorante cena e pranza per lavoro.
Il critico enogastronomico è la figura che valuta la qualità e la presentazione di una determinata pietanza e il contesto in cui questa viene servita, ovvero il ristorante. L’esperto enogastronomico ha pertanto un palato fine ed un occhio attento anche all’atmosfera della sala, un elemento spesso sottovalutato dai ristoratori e che determina l’apprezzamento o meno del cibo. Ecco che allora il critico nota la mancanza di finestre e luce naturale, che favoriscono il buon umore e attivano i recettori del gusto; l’acustica della stanza, ovvero una musica troppo alta o un brusio costante che può infastidire; la distanza tra i tavoli, che non deve isolare i clienti ma neppure privarli di intimità e, ovviamente, il servizio e la professionalità dei camerieri.
Certo, talvolta anche a loro rimane l’amaro in bocca. In particolare, i ristoratori contestano l’abitudine dell’esperto a non saldare il conto. Questo contenzioso si trascina avanti da anni, ed ancora non trova una soluzione che accontenti tutti. I ristoratori sostengono la necessità di pagare, per il timore di subire, oltre al danno di una eventuale recensione negativa, anche la beffa di un conto non saldato, mentre i critici giustificano quest’esigenza lamentando la mancanza di copertura economica da parte di coloro che commissionano le recensioni ristorante. Il punto è, sostiene la critica: “chi si occupa di autovetture acquista o noleggia ogni singola auto di cui scrive?”
Il critico enogastronomico, infatti, spesso non gode di un trattamento economico pari a quello dei colleghi che si occupano di motori, moda e spettacolo: mentre questo tipo di recensioni hanno una pubblicazione quotidiana e gli esperti beneficiano dell’assunzione diretta in redazione, il critico enogastronomico è spesso solo un collaboratore. Il rimborso forfettario non tiene conto dell’effettiva spesa a tavola, e appare ancora più inadeguato se il lavoratore deve spostarsi di città in città e di ristorante in ristorante Padova, Modena, magari Benevento. Insomma, è una vita amara quella di chi mangia per lavoro.
A cura di Andrea Gnoato - Servizio di posizionamento nei motori di ricerca