BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI.
- Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute.
- Per sapere
- premesso che:
sabato 5 giugno 2010 la prima firmataria del presente atto si è recata - insieme ai militanti radicali Monica Mischiatti e Matteo Angioli - in visita ispettiva presso il carcere bolognese della Dozza, il cui direttore attualmente è il dottor Palma Mercurio;
a fronte di una capienza regolamentare di 492 detenuti, nell'istituto penitenziario in questione si trovano ristrette 1.145 persone (il 65 per cento è di nazionalità straniera), di cui 1075 uomini e 70 donne; oltre a due bambini sotto i tre anni reclusi nelle celle con le loro madri; ciò provoca molti disagi e problemi organizzativi in quanto tutte le risorse dell'istituto sono tarate solo ed esclusivamente sulla capienza regolamentare;
la struttura ha bisogno di numerosi interventi di ristrutturazione, in particolare le docce sono carenti ed inadeguate, ciò anche in relazione all'elevato numero di detenuti; alle finestre, oltre alle sbarre, c'è una rete di protezione che, facendo filtrare poca luce, crea ulteriore disagio ai detenuti per scrivere e leggere;
nelle celle gli impianti elettrici non risultano a norma, con grave rischio per l'incolumità dei detenuti e del personale, soprattutto in caso di incidente notturno, quando gli agenti di guardia sono ridotti all'osso e un intervento di soccorso dall'esterno richiederebbe troppo tempo per trarre in salvo le persone;
la drastica riduzione delle risorse determina la mancanza anche di beni di prima necessità come gli strumenti necessari a tenere pulita una cella e ciò mette in serio rischio l'igiene più che necessaria nelle condizioni di sovraffollamento riscontrate;
in genere nelle celle di 11 metri quadrati (bagno compreso) convivono tre detenuti; peraltro al momento della visita si contavano tre detenuti in isolamento per sospetta TBC;
per quanto possibile, i tossicodipendenti sono assegnati in tre sezioni di 75 persone e sono seguiti direttamente dal SERT;
il passaggio della sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale, ha creato non pochi problemi organizzativi e gestionali, soprattutto in odontoiatria e assistenza psichiatrica, senza contare che le medicine di prima necessità sono a carico dei detenuti i quali sono costretti ad acquistarle all'esterno;
i problemi di cui sopra non sono venuti meno sebbene sia stato mantenuto il precedente personale sanitario, ciò anche a causa del fatto che il compito di coordinare il settore è stato assegnato a due manager esterni che si occupano anche di altro e non vivono né conoscono a fondo la difficile realtà sanitaria dell'istituto;
i detenuti occupati nelle diverse attività lavorative sono 120 ma, secondo quanto riferito dalla direzione dell'istituto, a seguito degli ulteriori tagli alle mercedi operati dal Ministero della giustizia di concerto con quello dell'economia e delle finanze, i lavoranti dovranno essere ridotti a circa 90 unità;
i volontari ammessi dalla direzione sono tantissimi; ogni giorno entrano in carcere circa 200 persone che contribuiscono - per quanto possibile - ad alleviare le sofferenze dei detenuti e del personale;
gli educatori, dopo lo sblocco di un vecchio concorso che ha consentito 6 nuove assunzioni, sono in tutto 8, compreso il capoarea, a fronte di una pianta organica che ne prevede 11;
gli agenti di polizia penitenziaria previsti in pianta organica sono 567, ma assegnati ve ne sono appena 520, di cui solo 379, al netto dei distacchi delle missioni e delle agenti in maternità. Peraltro attualmente di questi 379 circa 35 risultano essere in malattia;
solo una minoranza dei detenuti ha i familiari residenti in regione e tutto ciò comporta grandi sofferenze per coloro che raramente (spesso mai) hanno la possibilità di incontrare mogli, figli e genitori. A questo proposito si segnala il caso di Talbi Seifeddine che da sei mesi ha avanzato - senza ricevere risposta - la richiesta di trasferimento al carcere di Pisa, città dove vivono moglie e figlio di undici anni italiani;
un altro ragazzo Haddar Anis, avendo una condanna a 5 anni e otto mesi ed avendo già scontato tre anni e due mesi ha giustamente chiesto il trasferimento nel reparto penale senza essere costretto a convivere con persone in attesa di giudizio che hanno problematiche completamente diverse da chi ha ricevuto una condanna definitiva ed è in una situazione più stabile e segnata di chi non sa ancora quale sarà il futuro -:
quali urgenti iniziative si intendano assumere per garantire normali condizioni di vita ai detenuti ed agli operatori del carcere della Dozza; in particolare, entro quali tempi si preveda che l'istituto possa rientrare nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
se la ASL di riferimento abbia fatto i previsti controlli periodici sull'idoneità igienico-sanitaria dell'intera struttura e se sia stata rilasciata secondo la normativa vigente la necessaria dichiarazione di conformità di tutti gli impianti dell'istituto;
cosa intendano fare per rimuovere le diffuse situazioni di pericolo riscontrate dall'interrogante;
cosa intendano fare, negli ambiti di rispettiva competenza, per garantire il diritto alla salute dei detenuti e, in particolare, entro quali tempi verrà ripristinata un'adeguata assistenza psicologica e psichiatrica;
cosa si intenda fare per garantire ai detenuti l'attività trattamentale, sia essa di studio e/o di formazione e lavoro, atta a preparare il futuro reinserimento sociale previsto dall'articolo 27 della Costituzione;
se non si intendano adottare le opportune iniziative al fine di aumentare l'organico degli agenti penitenziari, degli educatori, degli psicologi e degli assistenti sociali in servizio presso il predetto istituto di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse;
se, più in generale, visti gli attuali vuoti d'organico di cui soffre il Corpo dei «baschi azzurri», il Governo non intenda richiamare in servizio i quasi 2.000 agenti penitenziari distaccati tra Ministero e dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il cui utilizzo sul campo risulterebbe quanto mai prezioso;
entro quali tempi verrà garantito un normale funzionamento dell'istituto quanto alla manutenzione, in particolare se intenda procedere all'immediato rifacimento degli impianti-docce in modo da rendere il numero degli stessi adeguato a quello dei detenuti ivi ristretti;
se ed in che modo si intendano potenziare, all'interno della struttura penitenziaria in questione, le attività di orientamento e formazione al lavoro e di ricerca di posti di lavoro da offrire ai detenuti, in particolar modo per quelli che hanno quasi finito di scontare la pena;
quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di dare piena attuazione del principio della territorialità della pena previsto dall'ordinamento penitenziario, così che possano essere finalmente esercitate al meglio tutte quelle attività di sostegno e trattamento dei detenuti rinchiusi nel carcere della Dozza che richiedono relazioni stabili e assidue tra questi ultimi, i loro familiari ed i servizi territoriali della regione di residenza;
per quali motivi il detenuto Talbi Seifeddine non abbia ancora ottenuto il trasferimento presso il carcere di Pisa, città dove risiedono la moglie ed il figlio 11enne;
quali siano le ragioni che non consentano l'immediato trasferimento del detenuto Haddar Anis - condannato in via definitiva a 5 anni e 8 mesi ed attualmente ristretto insieme ai detenuti in atteso di giudizio - presso il reparto penale del carcere bolognese.
(4-07576)
- Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute.
- Per sapere
- premesso che:
sabato 5 giugno 2010 la prima firmataria del presente atto si è recata - insieme ai militanti radicali Monica Mischiatti e Matteo Angioli - in visita ispettiva presso il carcere bolognese della Dozza, il cui direttore attualmente è il dottor Palma Mercurio;
a fronte di una capienza regolamentare di 492 detenuti, nell'istituto penitenziario in questione si trovano ristrette 1.145 persone (il 65 per cento è di nazionalità straniera), di cui 1075 uomini e 70 donne; oltre a due bambini sotto i tre anni reclusi nelle celle con le loro madri; ciò provoca molti disagi e problemi organizzativi in quanto tutte le risorse dell'istituto sono tarate solo ed esclusivamente sulla capienza regolamentare;
la struttura ha bisogno di numerosi interventi di ristrutturazione, in particolare le docce sono carenti ed inadeguate, ciò anche in relazione all'elevato numero di detenuti; alle finestre, oltre alle sbarre, c'è una rete di protezione che, facendo filtrare poca luce, crea ulteriore disagio ai detenuti per scrivere e leggere;
nelle celle gli impianti elettrici non risultano a norma, con grave rischio per l'incolumità dei detenuti e del personale, soprattutto in caso di incidente notturno, quando gli agenti di guardia sono ridotti all'osso e un intervento di soccorso dall'esterno richiederebbe troppo tempo per trarre in salvo le persone;
la drastica riduzione delle risorse determina la mancanza anche di beni di prima necessità come gli strumenti necessari a tenere pulita una cella e ciò mette in serio rischio l'igiene più che necessaria nelle condizioni di sovraffollamento riscontrate;
in genere nelle celle di 11 metri quadrati (bagno compreso) convivono tre detenuti; peraltro al momento della visita si contavano tre detenuti in isolamento per sospetta TBC;
per quanto possibile, i tossicodipendenti sono assegnati in tre sezioni di 75 persone e sono seguiti direttamente dal SERT;
il passaggio della sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale, ha creato non pochi problemi organizzativi e gestionali, soprattutto in odontoiatria e assistenza psichiatrica, senza contare che le medicine di prima necessità sono a carico dei detenuti i quali sono costretti ad acquistarle all'esterno;
i problemi di cui sopra non sono venuti meno sebbene sia stato mantenuto il precedente personale sanitario, ciò anche a causa del fatto che il compito di coordinare il settore è stato assegnato a due manager esterni che si occupano anche di altro e non vivono né conoscono a fondo la difficile realtà sanitaria dell'istituto;
i detenuti occupati nelle diverse attività lavorative sono 120 ma, secondo quanto riferito dalla direzione dell'istituto, a seguito degli ulteriori tagli alle mercedi operati dal Ministero della giustizia di concerto con quello dell'economia e delle finanze, i lavoranti dovranno essere ridotti a circa 90 unità;
i volontari ammessi dalla direzione sono tantissimi; ogni giorno entrano in carcere circa 200 persone che contribuiscono - per quanto possibile - ad alleviare le sofferenze dei detenuti e del personale;
gli educatori, dopo lo sblocco di un vecchio concorso che ha consentito 6 nuove assunzioni, sono in tutto 8, compreso il capoarea, a fronte di una pianta organica che ne prevede 11;
gli agenti di polizia penitenziaria previsti in pianta organica sono 567, ma assegnati ve ne sono appena 520, di cui solo 379, al netto dei distacchi delle missioni e delle agenti in maternità. Peraltro attualmente di questi 379 circa 35 risultano essere in malattia;
solo una minoranza dei detenuti ha i familiari residenti in regione e tutto ciò comporta grandi sofferenze per coloro che raramente (spesso mai) hanno la possibilità di incontrare mogli, figli e genitori. A questo proposito si segnala il caso di Talbi Seifeddine che da sei mesi ha avanzato - senza ricevere risposta - la richiesta di trasferimento al carcere di Pisa, città dove vivono moglie e figlio di undici anni italiani;
un altro ragazzo Haddar Anis, avendo una condanna a 5 anni e otto mesi ed avendo già scontato tre anni e due mesi ha giustamente chiesto il trasferimento nel reparto penale senza essere costretto a convivere con persone in attesa di giudizio che hanno problematiche completamente diverse da chi ha ricevuto una condanna definitiva ed è in una situazione più stabile e segnata di chi non sa ancora quale sarà il futuro -:
quali urgenti iniziative si intendano assumere per garantire normali condizioni di vita ai detenuti ed agli operatori del carcere della Dozza; in particolare, entro quali tempi si preveda che l'istituto possa rientrare nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
se la ASL di riferimento abbia fatto i previsti controlli periodici sull'idoneità igienico-sanitaria dell'intera struttura e se sia stata rilasciata secondo la normativa vigente la necessaria dichiarazione di conformità di tutti gli impianti dell'istituto;
cosa intendano fare per rimuovere le diffuse situazioni di pericolo riscontrate dall'interrogante;
cosa intendano fare, negli ambiti di rispettiva competenza, per garantire il diritto alla salute dei detenuti e, in particolare, entro quali tempi verrà ripristinata un'adeguata assistenza psicologica e psichiatrica;
cosa si intenda fare per garantire ai detenuti l'attività trattamentale, sia essa di studio e/o di formazione e lavoro, atta a preparare il futuro reinserimento sociale previsto dall'articolo 27 della Costituzione;
se non si intendano adottare le opportune iniziative al fine di aumentare l'organico degli agenti penitenziari, degli educatori, degli psicologi e degli assistenti sociali in servizio presso il predetto istituto di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse;
se, più in generale, visti gli attuali vuoti d'organico di cui soffre il Corpo dei «baschi azzurri», il Governo non intenda richiamare in servizio i quasi 2.000 agenti penitenziari distaccati tra Ministero e dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il cui utilizzo sul campo risulterebbe quanto mai prezioso;
entro quali tempi verrà garantito un normale funzionamento dell'istituto quanto alla manutenzione, in particolare se intenda procedere all'immediato rifacimento degli impianti-docce in modo da rendere il numero degli stessi adeguato a quello dei detenuti ivi ristretti;
se ed in che modo si intendano potenziare, all'interno della struttura penitenziaria in questione, le attività di orientamento e formazione al lavoro e di ricerca di posti di lavoro da offrire ai detenuti, in particolar modo per quelli che hanno quasi finito di scontare la pena;
quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di dare piena attuazione del principio della territorialità della pena previsto dall'ordinamento penitenziario, così che possano essere finalmente esercitate al meglio tutte quelle attività di sostegno e trattamento dei detenuti rinchiusi nel carcere della Dozza che richiedono relazioni stabili e assidue tra questi ultimi, i loro familiari ed i servizi territoriali della regione di residenza;
per quali motivi il detenuto Talbi Seifeddine non abbia ancora ottenuto il trasferimento presso il carcere di Pisa, città dove risiedono la moglie ed il figlio 11enne;
quali siano le ragioni che non consentano l'immediato trasferimento del detenuto Haddar Anis - condannato in via definitiva a 5 anni e 8 mesi ed attualmente ristretto insieme ai detenuti in atteso di giudizio - presso il reparto penale del carcere bolognese.
(4-07576)
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