Nelle settimane della pausa estiva abbiamo saputo della nascita della Anrel, una Agenzia che ha ricevuto un notevole finanziamento dal Ministero. Come hanno già fatto le associazioni di volontariato e anche altri soggetti riteniamo di dover portare il nostro contributo critico a questa scelta, venuto fra l'altro in un momento così difficile per il mondo penitenziario che attende risposte incisive e risolutorie.
La notizia della attivazione della Anrel (Agenzia Nazionale per il Reinserimento e il Lavoro) con il finanziamento di Cassa Ammende per un importo di 4,8 milioni di euro non deve far insorgere solo il volontariato ma anche noi operatori che da anni lavoriamo quotidianamente per il reinserimento del detenuto e conosciamo troppo bene il gravissimo momento che il sistema carcerario attraversa e che non necessita di notizie trionfalistiche e generiche, ma piuttosto di interventi concreti e mirati. Gli operatori del trattamento ogni giorno devono trovare soluzioni per i disagi dei 68.000 detenuti presenti negli istituti, senza avere a disposizione né risorse economiche, né umane, né strumentali. Un finanziamento di tale portata potrebbe essere giustificato se concesso per i risultati ottenuti o per l'affidabilità dell'Ente che lo promuove. In questo caso, per ammissione della stessa Fondazione, le precedenti sperimentazioni che sono relative al progetto "Fondo Don Sturzo" dal 2003 hanno reso possibile un percorso di reinserimento per solo 12 detenuti. La Convenzione stipulata con il Ministero, appunto nel 2003, dalla quale prende avvio l'Agenzia, e che trattava appunto l'avvio al lavoro di detenuti in ambito regionale siciliano, non pensiamo dovesse avere certo aspettative così risicate e quindi non si capisce come si possa aver dato credito ad un organismo che ha esperienza limitata in ambito carcerario e non ha ottenuto comunque gli esiti prospettati. Nei documenti che è dato consultare si fa riferimento costante all'esperienza in corso nel Fondo "Don Sturzo", ma non è possibile capire quale sia lo stato del progetto visto che l'aggiornamento del sito è fermo al 2004. In giro per l'Italia vi sono numerosi altri progetti con gli stessi obiettivi assegnati all'Agenzia, quali la preparazione di una banca dati sul curriculum dei detenuti, uno anche promosso dalla stessa Direzione Generale Detenuti e Trattamento, uno in Toscana tramite finanziamenti degli enti locali. Nessuno però ha modificato la situazione lavorativa dei detenuti che restano disoccupati o inoccupati durante e soprattutto dopo la carcerazione. E comunque nessuno ci sembra è costato così tanto. Le esperienze portate avanti dal volontariato e dal terzo settore a livello nazionale, come quelle della Conferenza Nazionale del Volontariato Penitenziario, che tanto utili sono per mantenere una esistenza minimamente dignitosa in carcere, avrebbero fatto ritenere utile un diverso approccio ed un coinvolgimento più ampio di queste realtà. Fra l'altro in questo momento di ristrettezze economiche e di tagli spesso indiscriminati, sembrerebbe veramente poco opportuno impegnare cifre così elevate per tre anni (tanto dura il progetto) con obiettivi che sembrano assai fumosi. Infine, ma non perché meno importante, si riterrebbe poco conveniente il continuo rimando sia nella convenzione che nel progetto a motivazioni di tipo spirituale e religioso in considerazione della natura laica del nostro Stato e della facile strumentalizzazione degli utenti a cui l'iniziativa è rivolta.
Un gruppo di educatori penitenziari della Toscana
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