Carceri. La protesta del volontariato: ripristinare la legalità nel sistema penitenziario
"E' necessario ripristinare la legalità nel sistema penitenziario": è la denuncia di oltre 50 tra federazioni, associazioni di volontariato e garanti regionali che oggi, in sit-in, davanti al Parlamento, hanno ribadito la necessità di risolvere il problema del sovraffollamento, scongiurare il dramma dei suicidi, 45 dall'inizio dell'anno, e introdurre misure alternative alla pena. Massimiliano Menichetti ha intervistato Lillo Di Mauro, presidente della Consulta permanente cittadina del Comune di Roma per i problemi penitenziari, tra i promotori dell'iniziativa:
R. – Bisogna dire basta ad una condizione di inciviltà in cui versano le carceri del nostro Paese!
D. – 69 mila i detenuti presenti oggi nelle oltre 200 carceri italiane. Tutte le regioni di fatto sono in esubero...
R. – Il problema si può risolvere se il Parlamento e il Governo ne avessero intenzione, perché i condannati per i reati di mafia sono pochissimi: pensi ad un 37 per cento di detenuti tossico-dipendenti e ad oltre il 30 per cento di detenuti immigrati. Pensi che il 50 per cento dei detenuti non sono condannati definitivi. Basterebbe rivedere alcune leggi ingiuste. Un condannato per tossicodipendenza tutt'al più lo si manda in una comunità per essere recuperato. L'immigrato che mette piede sul nostro suolo e non ha un permesso di soggiorno, non può essere messo in una prigione. Dovrebbero essere accolti invece che imprigionati. Se proprio vogliamo applicare la legge, che si trovino i fondi e lo si rimandi a casa sua.
D. – Tutti i governi - voi affermate - hanno sempre promesso interventi nei confronti delle carceri, ma poi nessuno, di fatto, ci ha mai messo mano...
R. – Certamente. L'ultimo governo Prodi, nonostante le nostre proteste, non ha proprio fatto nulla. Il precedente governo Berlusconi assolutamente no. Si parla di costruire nuove carceri. Bisogna sapere che non riescono ad aprire le nuove carceri, che già ci sono, perché non c'è personale di polizia penitenziaria. Non ci sono i soldi. Ogni finanziaria che viene approvata taglia i fondi necessari alla polizia penitenziaria, ma anche alle aree pedagogiche e quindi agli educatori e quindi agli psicologi, che possono prevenire il fenomeno dei suicidi. Non ci sono i soldi per la salute in carcere, che è un diritto essenziale di qualsiasi persona.
D. – Questo per ribadire anche la questione del recupero dell'individuo che ha commesso il reato...
R. – Questo lo dice la nostra Costituzione, questo lo dice la riforma e la legge Gozzini dell'86. Le persone che compiono reati vanno recuperate, perché, tra l'altro, se non si recuperano, uscendo dal carcere senza avere usufruito di attività di recupero e di reinserimento, escono più arrabbiate, escono senza prospettive future e, inevitabilmente, vanno a delinquere di nuovo. Qui non si vuol liberare i detenuti. Noi invece vogliamo che il nostro Paese sia un Paese civile, che garantisca i diritti anche a coloro che infrangono le regole.
"E' necessario ripristinare la legalità nel sistema penitenziario": è la denuncia di oltre 50 tra federazioni, associazioni di volontariato e garanti regionali che oggi, in sit-in, davanti al Parlamento, hanno ribadito la necessità di risolvere il problema del sovraffollamento, scongiurare il dramma dei suicidi, 45 dall'inizio dell'anno, e introdurre misure alternative alla pena. Massimiliano Menichetti ha intervistato Lillo Di Mauro, presidente della Consulta permanente cittadina del Comune di Roma per i problemi penitenziari, tra i promotori dell'iniziativa:
R. – Bisogna dire basta ad una condizione di inciviltà in cui versano le carceri del nostro Paese!
D. – 69 mila i detenuti presenti oggi nelle oltre 200 carceri italiane. Tutte le regioni di fatto sono in esubero...
R. – Il problema si può risolvere se il Parlamento e il Governo ne avessero intenzione, perché i condannati per i reati di mafia sono pochissimi: pensi ad un 37 per cento di detenuti tossico-dipendenti e ad oltre il 30 per cento di detenuti immigrati. Pensi che il 50 per cento dei detenuti non sono condannati definitivi. Basterebbe rivedere alcune leggi ingiuste. Un condannato per tossicodipendenza tutt'al più lo si manda in una comunità per essere recuperato. L'immigrato che mette piede sul nostro suolo e non ha un permesso di soggiorno, non può essere messo in una prigione. Dovrebbero essere accolti invece che imprigionati. Se proprio vogliamo applicare la legge, che si trovino i fondi e lo si rimandi a casa sua.
D. – Tutti i governi - voi affermate - hanno sempre promesso interventi nei confronti delle carceri, ma poi nessuno, di fatto, ci ha mai messo mano...
R. – Certamente. L'ultimo governo Prodi, nonostante le nostre proteste, non ha proprio fatto nulla. Il precedente governo Berlusconi assolutamente no. Si parla di costruire nuove carceri. Bisogna sapere che non riescono ad aprire le nuove carceri, che già ci sono, perché non c'è personale di polizia penitenziaria. Non ci sono i soldi. Ogni finanziaria che viene approvata taglia i fondi necessari alla polizia penitenziaria, ma anche alle aree pedagogiche e quindi agli educatori e quindi agli psicologi, che possono prevenire il fenomeno dei suicidi. Non ci sono i soldi per la salute in carcere, che è un diritto essenziale di qualsiasi persona.
D. – Questo per ribadire anche la questione del recupero dell'individuo che ha commesso il reato...
R. – Questo lo dice la nostra Costituzione, questo lo dice la riforma e la legge Gozzini dell'86. Le persone che compiono reati vanno recuperate, perché, tra l'altro, se non si recuperano, uscendo dal carcere senza avere usufruito di attività di recupero e di reinserimento, escono più arrabbiate, escono senza prospettive future e, inevitabilmente, vanno a delinquere di nuovo. Qui non si vuol liberare i detenuti. Noi invece vogliamo che il nostro Paese sia un Paese civile, che garantisca i diritti anche a coloro che infrangono le regole.
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