Giustizia: come "alleggerire" le carceri senza sminuire il concetto di pena
di Salvo Fleres *
Secolo d'Italia, 29 luglio 2010
Nei giorni scorsi, il senatore del Pdl Luigi Compagna, con evidente spirito provocatorio rispetto al disastro in cui versano il sistema giudiziario e il sistema carcerario italiani, ha presentato un disegno di legge mirante alla concessione di amnistia e indulto per quanti abbiano commesso tutta una serie di reati.
Dico subito che non condivido tale uso improprio di entrambi gli strumenti, nati per ben altre ragioni, che non quelle di svuotare le carceri o di ridurre l'assai tristemente noto arretrato giudiziario, ma apprezzo il tentativo del senatore Compagna di accendere i riflettori della politica su temi, purtroppo, spesso trascurati o, peggio, sottovalutati.
Per essere più preciso, considero l'amnistia e l'indulto, utilizzati per i citati motivi, come una dose di morfina che toglie il dolore momentaneo ma non cura, anzi, allontana la cura, dunque, l'eventuale guarigione. Prima di passare ad alcune proposte che, queste sì, favorirebbero il raggiungimento degli obiettivi che la proposta del senatore intende raggiungere, magari senza scorciatoie occasionali, desidero sottolineare il quadro drammatico all'interno del quale ci muoviamo.
Sono milioni i processi in corso; sono decine di migliaia i casi in cui si fa ricorso al carcere, anche senza che ve ne sia la necessità; oltre il 50 per cento dei cittadini che finiscono in prigione vi rimangono una media di tre giorni; il costo di un giorno di detenzione si aggira tra i 200 e i 300 euro, per un totale annuo che oscilla tra i 70mila ed i 100mila euro. I reclusi in carcere sono quasi 70.000, mentre gli istituti penitenziari italiani potrebbero contenerne non oltre 45.000.
I reclusi tossicodipendenti sono circa il 35 per cento del totale e potrebbero essere assistiti meglio nelle comunità, sia pure in condizioni di detenzione, con un costo di circa la metà di quello speso per tenerli in carcere. I reclusi extracomunitari sono oltre il 40% del totale e molti di essi potrebbero scontare la pena nel loro paese, in virtù di appositi accordi internazionali.
Alcune centinaia di reclusi presentano conclamate patologie psichiatriche. La loro pena potrebbe essere più efficacemente scontata in attrezzate case di cura, anch'esse meno costose del carcere. Solo 10mila reclusi circa possono essere considerati pericolosi.
Per completare il quadro vorrei ricordare pochi altri dati: la polizia penitenziaria è sotto organico per circa 5mila unità, e questo mentre 2.500 agenti svolgono funzioni del tutto improprie (barman, autisti di auto blu, scorte di personalità varie, dattilografi); gli educatori e gli psicologi sono sotto organico di un buon 30 per cento e i suicidi nei primi sette mesi del 2010 sono saliti a trentotto. Bene, Compagna, forse, ha voluto solo lanciare una provocazione ma una cosa è certa: il rischio che essa possa esplodere nelle mani dello Stato, se, buona o cattiva, qualche iniziativa non la si intraprende. E veniamo alle proposte che, per evitare troppi giri di parole, sintetizzerò per punti.
Maggior ricorso alle pene alternative (in Italia poche migliaia, in Gran Bretagna oltre 200mila), affidando l'assegnazione delle stesse non solo alla magistratura di sorveglianza ma anche, direttamente, al giudice, nel momento in cui emette la sentenza di condanna, se essa dovesse essere inferiore ai tre anni; diverso calcolo dei benefici legati agli sconti di pena per buona condotta, passando dagli attuali 45 giorni a semestre, a sessanta giorni a semestre, calcolati non in base a una generica condotta corretta in carcere, bensì in base all'avvio di un reale percorso rieducativo di studio, di lavoro.
Maggiore ricorso agli arresti domiciliari per quanti si sono macchiati di reati non violenti, di minor allarme sociale, o agli arresti in comunità, per tossicodipendenti o malati di mente. Potenziamento delle attività di studio e di lavoro in carcere e di uso risarcitorio del lavoro, (pulizia delle strade, manutenzione del verde, assistenza a persone disabili eccetera) per quanti hanno compiuto reati con ciò compatibili.
Miglioramento dell'assistenza sanitaria attraverso la realizzazione di appositi reparti in almeno un ospedale per provincia. Attraverso questo tipo di interventi, ma anche attraverso la concessione degli arresti domiciliari, a quanti hanno residui di pena inferiori ad un anno, come aveva previsto il ministro Alfano, ma come, strumentalmente, fingono di non capire alcuni parlamentari "benpensanti" e giustizialisti, nascosti in tutti gli schieramenti, sarebbe possibile alleggerire il lavoro della giustizia e svuotare le carceri senza indebolire il concetto di pena, ma limitandosi a privilegiarne la sua reale proporzionalità rispetto al reato, risparmiando anche non pochi milioni di euro a carico dell'erario.
Di interventi, poi, se ne potrebbero compiere anche altri: una diversa organizzazione del Dap, una diversa organizzazione della polizia penitenziaria, una migliore organizzazione delle traduzioni, nuove carceri a custodia attenuata, eccetera. Ma forse proprio per questo motivo, per la complessità delle problematiche che il mondo della giustizia, delle pene e del carcere presentano, la provocazione del senatore Luigi Campagna, anche se non condivisa, potrebbe svolgere un compito assai nobile: risvegliare il dibattito sul tema e, con i sonnolenti tempi che corrono, sarebbe già tanto, magari dando attuazione alle mozioni già approvate dalla Camera e dal Senato, soprattutto in considerazione del fatto che il carcere, ai sensi dell'articolo 27 della Costituzione, deve puntare alla rieducazione e non alla privazione della dignità del recluso.
* Coordinatore nazionale dei garanti regionali dei detenuti-Senatore del Pdl
di Salvo Fleres *
Secolo d'Italia, 29 luglio 2010
Nei giorni scorsi, il senatore del Pdl Luigi Compagna, con evidente spirito provocatorio rispetto al disastro in cui versano il sistema giudiziario e il sistema carcerario italiani, ha presentato un disegno di legge mirante alla concessione di amnistia e indulto per quanti abbiano commesso tutta una serie di reati.
Dico subito che non condivido tale uso improprio di entrambi gli strumenti, nati per ben altre ragioni, che non quelle di svuotare le carceri o di ridurre l'assai tristemente noto arretrato giudiziario, ma apprezzo il tentativo del senatore Compagna di accendere i riflettori della politica su temi, purtroppo, spesso trascurati o, peggio, sottovalutati.
Per essere più preciso, considero l'amnistia e l'indulto, utilizzati per i citati motivi, come una dose di morfina che toglie il dolore momentaneo ma non cura, anzi, allontana la cura, dunque, l'eventuale guarigione. Prima di passare ad alcune proposte che, queste sì, favorirebbero il raggiungimento degli obiettivi che la proposta del senatore intende raggiungere, magari senza scorciatoie occasionali, desidero sottolineare il quadro drammatico all'interno del quale ci muoviamo.
Sono milioni i processi in corso; sono decine di migliaia i casi in cui si fa ricorso al carcere, anche senza che ve ne sia la necessità; oltre il 50 per cento dei cittadini che finiscono in prigione vi rimangono una media di tre giorni; il costo di un giorno di detenzione si aggira tra i 200 e i 300 euro, per un totale annuo che oscilla tra i 70mila ed i 100mila euro. I reclusi in carcere sono quasi 70.000, mentre gli istituti penitenziari italiani potrebbero contenerne non oltre 45.000.
I reclusi tossicodipendenti sono circa il 35 per cento del totale e potrebbero essere assistiti meglio nelle comunità, sia pure in condizioni di detenzione, con un costo di circa la metà di quello speso per tenerli in carcere. I reclusi extracomunitari sono oltre il 40% del totale e molti di essi potrebbero scontare la pena nel loro paese, in virtù di appositi accordi internazionali.
Alcune centinaia di reclusi presentano conclamate patologie psichiatriche. La loro pena potrebbe essere più efficacemente scontata in attrezzate case di cura, anch'esse meno costose del carcere. Solo 10mila reclusi circa possono essere considerati pericolosi.
Per completare il quadro vorrei ricordare pochi altri dati: la polizia penitenziaria è sotto organico per circa 5mila unità, e questo mentre 2.500 agenti svolgono funzioni del tutto improprie (barman, autisti di auto blu, scorte di personalità varie, dattilografi); gli educatori e gli psicologi sono sotto organico di un buon 30 per cento e i suicidi nei primi sette mesi del 2010 sono saliti a trentotto. Bene, Compagna, forse, ha voluto solo lanciare una provocazione ma una cosa è certa: il rischio che essa possa esplodere nelle mani dello Stato, se, buona o cattiva, qualche iniziativa non la si intraprende. E veniamo alle proposte che, per evitare troppi giri di parole, sintetizzerò per punti.
Maggior ricorso alle pene alternative (in Italia poche migliaia, in Gran Bretagna oltre 200mila), affidando l'assegnazione delle stesse non solo alla magistratura di sorveglianza ma anche, direttamente, al giudice, nel momento in cui emette la sentenza di condanna, se essa dovesse essere inferiore ai tre anni; diverso calcolo dei benefici legati agli sconti di pena per buona condotta, passando dagli attuali 45 giorni a semestre, a sessanta giorni a semestre, calcolati non in base a una generica condotta corretta in carcere, bensì in base all'avvio di un reale percorso rieducativo di studio, di lavoro.
Maggiore ricorso agli arresti domiciliari per quanti si sono macchiati di reati non violenti, di minor allarme sociale, o agli arresti in comunità, per tossicodipendenti o malati di mente. Potenziamento delle attività di studio e di lavoro in carcere e di uso risarcitorio del lavoro, (pulizia delle strade, manutenzione del verde, assistenza a persone disabili eccetera) per quanti hanno compiuto reati con ciò compatibili.
Miglioramento dell'assistenza sanitaria attraverso la realizzazione di appositi reparti in almeno un ospedale per provincia. Attraverso questo tipo di interventi, ma anche attraverso la concessione degli arresti domiciliari, a quanti hanno residui di pena inferiori ad un anno, come aveva previsto il ministro Alfano, ma come, strumentalmente, fingono di non capire alcuni parlamentari "benpensanti" e giustizialisti, nascosti in tutti gli schieramenti, sarebbe possibile alleggerire il lavoro della giustizia e svuotare le carceri senza indebolire il concetto di pena, ma limitandosi a privilegiarne la sua reale proporzionalità rispetto al reato, risparmiando anche non pochi milioni di euro a carico dell'erario.
Di interventi, poi, se ne potrebbero compiere anche altri: una diversa organizzazione del Dap, una diversa organizzazione della polizia penitenziaria, una migliore organizzazione delle traduzioni, nuove carceri a custodia attenuata, eccetera. Ma forse proprio per questo motivo, per la complessità delle problematiche che il mondo della giustizia, delle pene e del carcere presentano, la provocazione del senatore Luigi Campagna, anche se non condivisa, potrebbe svolgere un compito assai nobile: risvegliare il dibattito sul tema e, con i sonnolenti tempi che corrono, sarebbe già tanto, magari dando attuazione alle mozioni già approvate dalla Camera e dal Senato, soprattutto in considerazione del fatto che il carcere, ai sensi dell'articolo 27 della Costituzione, deve puntare alla rieducazione e non alla privazione della dignità del recluso.
* Coordinatore nazionale dei garanti regionali dei detenuti-Senatore del Pdl
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