Scoperto il virus che sembra essere una delle cause della leucemia,
due tipi di Papilloma virus confermati essere responsabili di tumori
alla pelle, nuove terapie contro il cancro al seno e i tumori
orofaringei.
Queste sono solo alcune delle numerose novità emerse dalla 42a
edizione del "DNA Tumor Virus Meeting", il più importante
appuntamento a livello internazionale per la ricerca sui tumori di
origine virale, organizzato a Trieste dal Centro Internazionale di
Ingegneria Genetica e Biotecnologia (ICGEB) e da poco conclusosi.
«Obbiettivo del convegno – spiega Lawrence Banks, direttore del
laboratorio di Virologia Tumorale dell'ICGEB e organizzatore
dell'edizione triestina – è stato riuscire a raggiungere una sempre
più approfondita conoscenza dei meccanismi molecolari che controllano
l'insorgenza e il successivo sviluppo dei tumori di origine virale.
Gli studi presentati da 300 scienziati, tra i maggiori esperti del
campo provenienti dai più prestigiosi centri di ricerca del mondo,
con oltre 120 interventi e 90 poster, dimostrano che la comprensione
di questi meccanismi è essenziale per poter agire a livello
terapeutico e mettere a punto nuovi farmaci o nuove tecniche di
terapia genica».
Impegnato in prima linea su questo fronte è proprio il Laboratorio
guidato da Banks che da anni studia il meccanismo di azione delle due
principali oncoproteine virali di Papilloma virus (E6 e E7) sui loro
bersagli molecolari specifici all'interno delle cellule e che per
queste ricerche ha da poco ottenuto un finanziamento di 400.000 euro
dalla Fondazione Wellcome Trust, prestigiosa istituzione britannica
che da 75 anni finanzia le menti più brillanti della ricerca
biomedica. «Con la mia équipe – prosegue Banks - abbiamo scoperto che
dopo l'infezione di Papilloma virus (HPV) nelle cellule ospite alcune
proteine che generalmente hanno funzione di oncosoppressori sembrano
diventare esse stesse oncogeniche, come se ci fosse una sorta di
diserzione da parte delle difese della cellula. Stiamo cercando di
capire se questo cambiamento avviene in base allo stadio di sviluppo
del tumore e se, quando questo capita, può provocare forme tumorali
più aggressive. Non solo, ma abbiamo individuato una regione della
proteina oncogenica E6 che, se bloccata con inibitori che stiamo
analizzando, potrebbe impedire lo sviluppo del tumore e compromettere
la capacità del virus di replicarsi all'interno delle cellule
dell'organo colpito e di diffondere l'infezione».
Di grande interesse in questo senso sono anche gli studi presentati
da altri ricercatori per sviluppare nuove terapie in grado di
bloccare la crescita dei tumori orofaringei (quelli che colpiscono le
tonsille, la faringe, la lingua, le ghiandole salivari e l'esofago),
solitamente causati da "HPV16". La loro strategia antitumorale si
basa su l'inibizione dell'espressione delle oncoproteine E6 e E7 non
più attraverso l'introduzione di macromolecole terapeutiche, bensì di
piccole molecole, meno individuabili dalle difese immunitarie del
corpo e meno facilmente sopprimibili. Si tratta di piccole molecole
di acido nucleico (tecnicamente dette "aptameri" e "aptameri-siRNA-
chimera") che, come "cavalli di troia", veicolano la terapia genica
all'interno delle cellule tumorali riuscendo a bloccare l'azione
degli oncogeni, la proliferazione tumorale e a stimolare un aumento
degli oncosoppressori che distruggono ed eliminano le cellule cancerose.
Due tipi di Papilloma virus, inoltre, dai dati del convegno sono
stati confermati essere responsabile di tumori non melanomatosi della
cute (tecnicamente detti "non-melanoma skin cancer"), la forma più
comune di tumore maligno nella popolazione di pelle chiara. Si tratta
del "HPV 38", comunemente considerato responsabile di infezioni
cutanee benigne e che, invece, può diventare uno dei virus più
cancerogeni in concomitanza a una forte e prolungata esposizione al
sole o ai raggi ultra violetti, soprattutto in pazienti che hanno
subito un trapianto o immunodepressi, provocando il carcinoma a
cellule squamose. Il secondo è "HPV 8", già noto responsabile delle
cheratosi seborroiche, del morbo di Bowen e dell'Epidermodisplasia
verruciforme e che risulta essere causa della loro degenerazione in
carcinoma.
«Nel mio laboratorio – aggiunge Banks - stiamo studiando tra l'altro
i dettagli molecolari di come HPV entra nelle cellule, in modo da
riuscire a bloccare il virus prima dell'infezione e trovare una nuova
terapia profilattica. La ricerca di base, che permette di studiare a
fondo i virus e le loro modalità d'attacco, è fondamentale per
approdare a nuove strategie terapeutiche, come dimostrano gli studi
su Polyomavirus nel topo e i risultati ottenuti da alcuni colleghi
ricercatori, e presentati in questi giorni».
I primi trial clinici stanno, infatti, confermando l'efficacia di una
terapia per il cancro alla mammella che, applicando nell'uomo le
conoscenze sui nuovi meccanismi identificati, blocca la
proliferazione tumorale grazie all'azione inibitoria combinata di
alcuni enzimi.
Nuove rivelazioni, inoltre, sul ruolo svolto dal "Merkel cell
polyomavirus" (MCPyV) nell'insorgenza di alcuni tumori. Il MCPyV è un
tipo di Polyomavirus comunemente presente sulle pelle, che
normalmente provoca infezioni asintomatiche e benigne, e che nel 2008
era stato identificato essere responsabile dell'insorgenza del
carcinoma di Merkel, un tumore cutaneo con un alto tasso di mortalità
la cui frequenza si è triplicata nei pazienti trapiantati e nei
soggetti immunodepressi. Dagli studi presentati al congresso risulta
che "Merkel cell polyomavirus" è sicuramente anche una delle cause
dell'insorgenza della leucemia linfoide cronica, la forma di leucemia
più diffusa nei paesi occidentali e la cui causa finora era ancora
sconosciuta. In entrambe le forme tumorali, spesso coesistenti nei
pazienti, il virus infetta e rende cancerose le cellule utilizzando
le stesse proteine oncogeniche. MCPyV e i suoi oncogeni, infatti,
sono stati trovati all'interno dei linfociti malati. Non solo, ma
"Merkel cell polyomavirus" parrebbe essere alla base dello sviluppo
di tumori anche in altri organi. Alcuni ricercatori, infatti, hanno
dimostrato che tra le proteine espresse da MCPyV nel carcinoma di
Merkel, alcune di esse (tecnicamente dette "antigeni T grandi")
risultano modificate e altamente aggressive tanto da provocare un
rapido sviluppo di tumori anche al surrene, all'ipofisi e alle
ghiandole olfattive.
La lotta al cancro, dunque, dopo il "DNA Tumor Virus Meeting" di
Trieste riparte con nuove importanti chances.
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