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COMUNICATO STAMPA
Anoressico morto in carcere a Roma, lo sdegno di Marinelli
Il responsabile per il Lazio dell'Italia dei Diritti: "Ennesimo caso sconcertante, lo Stato deve intervenire"
Roma 27 novembre 2009 - Una nuova morte sospetta in carcere turba il Regina Coeli di Roma. Dopo Stefano Cucchi, questa volta è un 32enne romano a morire in circostanze misteriose dopo essere stato arrestato per droga il 28 giugno scorso. Il ragazzo, che soffriva da tempo di problemi di anoressia nevosa, si era rivolto più volte agli psicologi che lo seguivano raccontando l'eccessivo freddo delle celle in cui era costretto a vivere; appare chiaro che le sue condizioni, come tutte quelle dei malati gravi, specialmente in stato di anoressia, non fossero adatte alla dura vita della prigione.
Vittorio Marinelli, responsabile per il Lazio dell'Italia dei Diritti, ha commentato: "Questa ennesima triste vicenda contribuisce a tenere accesi i riflettori ancora un po' su quello che avviene nelle carceri italiane, prima che questi si spengano nuovamente. L'unica novità delle ultime vicende, infatti, è il coraggio di una famiglia, quella di Stefano Cucchi, che ha superato la normale riservatezza e ha divulgato le foto del proprio figlio nelle condizioni che tutti noi abbiamo visto. Non è una novità di oggi il fatto che nelle nostre galere si muoia a tutto spiano, semmai l'aumento del fenomeno è indubbia conseguenza diretta del clima becero e qualunquista della politica che, per strappare facili consensi, sta diffondendo una serie di idee false sullo stato delle prigioni italiane. Basti pensare alla famosa tv a colori e aria condizionata - continua Marinelli - sbandierate come esempio di sperpero di denaro in favore dei detenuti. Contemporaneamente abbiamo altresì assistito allo smantellamento di quelle già minime strutture che davano un modesto aiuto a coloro che, fino a prova contraria, restano ancora cittadini oltre che esseri umani; emblematico - continua l'esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro - il caso dell'abbattimento dell'ufficio del Garante dei Diritti dei Detenuti portato avanti dal sindaco Alemanno. Forse questa, tra le tante, la più brutta delle vicende, che tuttavia ha da subito sia un nome che un cognome per identificare il colpevole".
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