Le Macchine programmate di Maurizio Bolognini (centinaia dal 1988) sono computer che generano flussi di immagini casuali in continua espansione, attraverso le quali l'artista sembra voler raggiungere una vastità di tipo geografico. Queste macchine sono al centro di molti lavori: dalle sue installazioni di arte generativa, interattiva e pubblica (dal 2000), in cui chiunque può interferire con il processo di creazione delle immagini dal proprio telefono cellulare, fino alla serie Stanza 11, una recente collezione di oggetti (libri, mobili, contenitori
) incisi, disegnati, graffiati dalle traiettorie di un'apparecchiatura laser guidata da una di queste macchine.
STANZA 11, che si è appena conclusa in NAG 1 Contemporary, ad Arezzo, ha presentato alcuni di questi lavori, in cui lo spazio fisico, quello elettronico, il processo tecnologico vengono fatti coesistere e interferire in modi inattesi. DI STANZE, che si inaugura in NAG 2 Contemporary, riprende queste tematiche in una prospettiva differente, rimandando all'estensione geografica presente in altri lavori riconducibili, appunto, al tema della «distanza» (stanze e, insieme, distanze). DI STANZE significa:
- lontananza materiale cancellata dalle tecnologie di comunicazione, in Altavista (replica del website della polizia di Seattle in cui i link alle telecamere di sorveglianza vengono sostituiti da link a webcam situate in altri continenti);
- interferenza tra spazio fisico e spazio elettronico, in Antipodes (orientamento di alcune webcam situate in Nuova Zelanda secondo la posizione dell'artista, nell'emisfero settentrionale);
- misura planetaria percorsa dall'artista in Museophagia Planet Tour (azione che coinvolge gallerie d'arte di numerose città, prelevando oggetti da ciascuna e trasportandoli in raccolta itinerante da Parigi a Bangkok, attraverso New York, Los Angeles, Papeete, Sydney).
La mostra presenterà anche un'installazione di Macchine programmate, con videoproiezione.
Maurizio Bolognini si dedica alla sperimentazione artistica delle tecnologie digitali dagli anni Ottanta, indagando e facendo coesistere dimensioni diverse, come la delega alla macchina di alcune funzioni creative, la generazione di infinità fuori controllo (immagini sconfinate, voci inesauribili), l'introduzione di forme avanzate di interazione del pubblico, il networking e l'e-democracy, i flussi spazio-temporali della comunicazione tecnologica e le interferenze tra spazio geografico e spazio elettronico...
Nel 1988 inizia a usare elaboratori elettronici per generare flussi di immagini casuali. Negli anni Novanta programma centinaia di macchine che generano immagini in continua espansione (serie IMs, Computer sigillati, Atlas 2 ecc.), lasciandole funzionare indefinitamente. Dal 2000 il suo lavoro si concentra sulla combinazione di dispositivi di programmazione e di comunicazione, sperimentando la possibilità di un'arte generativa, interattiva e pubblica, come nelle Collective Intelligence Machines, installazioni in spazi pubblici realizzate collegando alla rete telefonica cellulare alcune delle sue "macchine programmate".
Le sue installazioni sono state presentate in numerose occasioni, in Europa e negli Stati Uniti. Tra le ultime mostre personali: Museo di Arte Contemporanea di Villa Croce, Genova; Museo Laboratorio di Arte Contemporanea, Roma; PAN-Palazzo delle Arti, Napoli; CACTicino, Bellinzona; Neon, Bologna; Depardieu, Nizza; Williamsburg Art & Historical Center, New York; Roger Smith Lab, New York.
Libri e cataloghi recenti sul suo lavoro: D. Scudero (a cura di), Maurizio Bolognini: installazioni, disegni, azioni (on-off line), Lithos, Roma 2003; S. Solimano (a cura di), Maurizio Bolognini: Macchine Programmate 1990-2005, Museo di Villa Croce, Genova 2005; M. Costa et al., Maurizio Bolognini. Infinito personale, Nuovi Strumenti, 2007.