"Milano e il
suo destino-Dalla città romana all'Expo 2015" (Boroli editore) di Carlo Tognoli e Lodovico Festa
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2600 anni della città in un libro di Tognoli e Festa. Ma si è parlato degli ultimi decenni
MILANO, TANTE VOLTE CADUTA E ALTRETTANTE VOLTA RISORTA
Benito Sicchiero
Quella fine novembre 1980, inviato dal mio giornale, avevo raggiunto con un aereo militare carico di soccorsi donati dalla città di Milano
i terremotati dell'Irpinia. L'allora sindaco Carlo Tognoli guidava l'operazione. A Conza, nel fango del cratere, sotto una pioggia gelida e nevischio, ho sentito i profughi gridarsi l'un l'altro:
"arriva u' sinneco de Milano!", considerato evidentemente a mezzo tra
san Gennaro e il presidente della Repubblica.
Questa era allora l'immagine della città e del suo primo cittadino anche nel cuore dell'Italia profonda.
Molti anni dopo, in tutt'altra occasione, chiedo al sindaco di allora: "Qual è il suo maggior rimpianto?". "Non avere potuto continuare a dare entusiasmo alla città".
Carlo Tognoli, da molti – amici ed avversari – considerato l'ultimo sindaco di un'epoca irripetibile, ha presentato il libro "Milano e il suo destino-Dalla città romana all'Expo 2015" (Boroli editore, 192
pagine) scritto con il saggista Lodovico Festa: un viaggio lungo 2600 anni, da centro gallico a capitale dell'Impero romano, quindi la città
degli Sforza e di Leonardo, della Repubblica cisalpina e delle 5 Giornate, del fascismo e della Resistenza. E dei giorni nostri, di ieri e di oggi.
Cambia, Milano. Dal Barbarossa alla guerra, la città distrutta, la popolazione dispersa, dall'industria al posterziario, trova la
capacità di risorgere come l'Araba Fenice.
Ha, per citare l'ultima
grande trasformazione, abbandonato la grande industria di cui restano,
imponenti testimonianze, 11 milioni di metri quadrati di aree dismesse che a poco a poco si stanno colmando con uffici, residenziale, verde,
servizi e sostituito le attività secondarie con la finanza, il design,la moda.
Fino a prevedere, con il Piano di Governo del Territorio,
l'arrivo di altri 3-400.000 abitanti e con Expo 2015 una città-regione capace di trainare il Paese mantenendolo nell'Europa che conta.
Questo il progetto, la speranza.
Ma è cambiata Milano: da città con il coeur in man capace di assorbire
e assimilare le grandi immigrazioni dal meridione al rifiuto degli extracomunitari e persino dei luoghi di preghiera cui hanno diritto.
Ha colpito la foto di un irregolare e del suo bambino che con una valigia e pochi stracci vengono allontanati sotto la neve mentre le
ruspe abbattono la loro baracca.
Certo, gli sgomberi hanno motivazioni razionali. Ma ci sono anche altre ragioni se il cuore di Milano si è sclerotizzato.
Una la individua il presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici: "Fino
a pochi decenni or sono le grandi famiglie ed i "capitani d'industria" operavano e investivano nel territorio. Con la globalizzazione i manager hanno scarsa attenzione al territorio: delocalizzano funzioni ed attivita' e portano i capitali dove rendono di più".
E' forse il pessimismo intellettuale il freno di Milano, come afferma
Lodovico Festa?
Alberto Meomartini, presidente di Assolombarda,
rivendica con orgoglio che le esportazioni milanesi hanno mantenuto le posizioni mentre Giampiero Borghini, altro sindaco di Milano ma in un momento non felice, parla di "Milano città fai da te".
E Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera, denuncia una classe
dirigente spesso non all'altezza.
Con lo psichiatra e scrittore Raffaele Morelli si è conclusa la presentazione del libro organizzata dal Centro Studi Grande Milano presieduto da Daniela Mainini.
Gente in piedi nel salone della Camera di Commercio per il dibattito-riflessione. Buona cosa. Meglio fare un
po' di meno e pensare un po' di più.
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