Emilia Romagna: Maisto; in cella violati i diritti fondamentali, altro che rieducazione,gli educatori sono una razza in via di estinzione!
Dire, 6 luglio 2010
Nell'ospedale giudiziario di Reggio Emilia sono richiuse 200 persone al posto delle 80 previste; a Bologna tre detenuti si dividono una cella di otto metri quadrati; a Rimini stanno in 10 in uno stanzone con un solo bagno e senza aria. Infine, a Forlì il cappellano non ha potuto celebrare la messa domenicale perché non ci sono abbastanza agenti per gestire l'uscita dei detenuti. Sono alcuni esempi delle "violazioni dei diritti fondamentali" che si verificano nelle carceri dell'Emilia-Romagna. Parola del presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna, Francesco Maisto. Il magistrato ne parla in un'intervista pubblicata sull'ultimo numero di "Bologna sette", supplemento domenicale del quotidiano "Avvenire".
"Parlare di rieducazione in un contesto, come l'attuale, in cui nelle carceri non vengono rispettati i diritti fondamentali della persona, mi sembra come vivere fuori dalla realtà", esordisce Maisto, puntando il dito contro il sovraffollamento e contro il Parlamento, che con una "legislazione fortemente restrittiva continua a prevedere il carcere come unica soluzione". Maisto ricorda i tanti detenuti (il 40%) extracomunitari che "non hanno commesso reati gravi" (ma sono dentro per violazione della Bossi-Fini), i tossicodipendenti (che sono più del 30%) e il giro di vite portato dal pacchetto sicurezza, che ha aumentato il numero di reati per cui è previsto il carcere e ristretto la possibilità di accedere alle misure alternative. Per Maisto, è il Parlamento che ha la competenza per "attenuare la pressione carceraria, ma sta andando in tutt'altra direzione". Lo dimostra il fatto che in Italia i posti in carcere sono 42.000, mentre "il numero di detenuti sia avvia verso i 69.000".
Se il legislatore continua a portare avanti e a incrementare la legislazione restrittiva, secondo Maisto dovrebbe "innanzitutto assicurare le condizioni materiali di vivibilità", a partire dallo "spazio fisico standard di tre metri quadrati a persona fissato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, per la cui violazione il nostro paese è già stato condannato". Venendo al problema delle misure alternative, per il presidente del Tribunale di sorveglianza "pensare di risolvere il sovraffollamento con le misure alternative alla detenzione è pura illusione". Infatti, ragiona Maisto, le misure alternative "si possono applicare solo ai detenuti in via definitiva"; la legge ne diminuisce sempre più l'ambito di applicazione e, infine, non sempre sono concretamente realizzabili (come ad esempio per gli immigrati senza casa).
Senza contare che, prosegue Maisto, per concedere le misure alternative il Tribunale di sorveglianza ha bisogno di relazioni tempestive sui detenuti (che il carcere dovrebbe inviare in tempo per le udienze) e personale di cancelleria a disposizione.
Servirebbero, poi, operatori penitenziari e assistenti sociali, per non parlare degli educatori, che sono "una razza in via di estinzione". Le conseguenze di tutta questa situazione si toccano con mano nelle diverse carceri della regione. "Alla Dozza ci sono reparti con celle di otto metri quadrati e con tre detenuti- sottolinea Maisto- a Rimini c'è un camerone con 10 detenuti, un solo bagno e non passa aria". A Reggio Emilia, poi, l'ospedale psichiatrico ospita 200 persone ("di cui 140 con residenza lombarda") quando potrebbe tenerne solo 80. Ci sono carceri, dice ancora Maisto, in cui "mancano carta igienica e sapone", a cui pensa la Caritas. E i detenuti di Forlì, ora, dovranno fare a meno anche della messa domenicale.
Dire, 6 luglio 2010
Nell'ospedale giudiziario di Reggio Emilia sono richiuse 200 persone al posto delle 80 previste; a Bologna tre detenuti si dividono una cella di otto metri quadrati; a Rimini stanno in 10 in uno stanzone con un solo bagno e senza aria. Infine, a Forlì il cappellano non ha potuto celebrare la messa domenicale perché non ci sono abbastanza agenti per gestire l'uscita dei detenuti. Sono alcuni esempi delle "violazioni dei diritti fondamentali" che si verificano nelle carceri dell'Emilia-Romagna. Parola del presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna, Francesco Maisto. Il magistrato ne parla in un'intervista pubblicata sull'ultimo numero di "Bologna sette", supplemento domenicale del quotidiano "Avvenire".
"Parlare di rieducazione in un contesto, come l'attuale, in cui nelle carceri non vengono rispettati i diritti fondamentali della persona, mi sembra come vivere fuori dalla realtà", esordisce Maisto, puntando il dito contro il sovraffollamento e contro il Parlamento, che con una "legislazione fortemente restrittiva continua a prevedere il carcere come unica soluzione". Maisto ricorda i tanti detenuti (il 40%) extracomunitari che "non hanno commesso reati gravi" (ma sono dentro per violazione della Bossi-Fini), i tossicodipendenti (che sono più del 30%) e il giro di vite portato dal pacchetto sicurezza, che ha aumentato il numero di reati per cui è previsto il carcere e ristretto la possibilità di accedere alle misure alternative. Per Maisto, è il Parlamento che ha la competenza per "attenuare la pressione carceraria, ma sta andando in tutt'altra direzione". Lo dimostra il fatto che in Italia i posti in carcere sono 42.000, mentre "il numero di detenuti sia avvia verso i 69.000".
Se il legislatore continua a portare avanti e a incrementare la legislazione restrittiva, secondo Maisto dovrebbe "innanzitutto assicurare le condizioni materiali di vivibilità", a partire dallo "spazio fisico standard di tre metri quadrati a persona fissato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, per la cui violazione il nostro paese è già stato condannato". Venendo al problema delle misure alternative, per il presidente del Tribunale di sorveglianza "pensare di risolvere il sovraffollamento con le misure alternative alla detenzione è pura illusione". Infatti, ragiona Maisto, le misure alternative "si possono applicare solo ai detenuti in via definitiva"; la legge ne diminuisce sempre più l'ambito di applicazione e, infine, non sempre sono concretamente realizzabili (come ad esempio per gli immigrati senza casa).
Senza contare che, prosegue Maisto, per concedere le misure alternative il Tribunale di sorveglianza ha bisogno di relazioni tempestive sui detenuti (che il carcere dovrebbe inviare in tempo per le udienze) e personale di cancelleria a disposizione.
Servirebbero, poi, operatori penitenziari e assistenti sociali, per non parlare degli educatori, che sono "una razza in via di estinzione". Le conseguenze di tutta questa situazione si toccano con mano nelle diverse carceri della regione. "Alla Dozza ci sono reparti con celle di otto metri quadrati e con tre detenuti- sottolinea Maisto- a Rimini c'è un camerone con 10 detenuti, un solo bagno e non passa aria". A Reggio Emilia, poi, l'ospedale psichiatrico ospita 200 persone ("di cui 140 con residenza lombarda") quando potrebbe tenerne solo 80. Ci sono carceri, dice ancora Maisto, in cui "mancano carta igienica e sapone", a cui pensa la Caritas. E i detenuti di Forlì, ora, dovranno fare a meno anche della messa domenicale.
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