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Non ne possiamo più di QUESTA finanza! Urgono riforme radicali
Firenze, 7 Maggio 2010. Ieri è stata una giornata campale per la borsa italiana ed in particolare per le banche, con perdite anche dell'8% in un sol giorno.. A scatenare il putiferio sarebbe stato un rapporto di una agenzia di stampa (Moody's, la stessa che dette la stura alla speculazione sulla lira del '92) nel quale ci sarebbe scritto una banalità: qualora i titoli di stato italiani si deprezzassero fortemente le banche italiane ne risentirebbero. Ma vaaa??? Davveeero??? Che "notizione"! Nessuno, ovviamente, legge il rapporto di Moody's ma tutti iniziano a vendere e sulle vendite iniziano le "notizie" che "giustificherebbero" le vendite. Notizie più o meno vere fra le quali quella -inverosimile– secondo la quale Standard&Poor's starebbe per abbassare il rating all'Italia. Sarebbe bastato leggere lo stesso rapporto di Moody's per rendersi conto che non è in discussione la solidità del sistema bancario italiano che (seppur con tutti i suoi difetti) è uno
dei
più solidi fra i Paesi sviluppati. Ma sappiamo come funzionano i mercati: le vendite e gli acquisti non si fanno ormai più sulla base dei dati, ma prevalentemente sulla base dell'umore, dei "si dice" e dei... trading system.
Passano poche ore e sui listini americani accade il finimondo. L'indice americano Dow Jones subisce la sua più grande caduta all'interno di un solo giorno dal 1987: circa il 10%!
Cosa è successo? Come al solito i giornalisti si affrettano a "spiegare" i movimenti dei mercati. Le agenzia di stampa si affollano di dotte spiegazioni che darebbero la colpa alla Banca Centrale Europea la quale non sarebbe sufficientemente attiva nel fronteggiare la crisi dell'Euro. Secondo questi dotti operatori, la credibilità dell'euro potrebbe bloccare la ripresa economica globale ormai in atto.
Qualche ora dopo si scopre che sarebbe stata tutta colpa di un operatore di CitiGroup che invece di schiacciare sul computer il tasto "m", che sta per "milion", avrebbe schiacciato il tasto "b", per "bilion", e avrebbe causato il "panic selling" (????). Poverino... tutti sappiamo che nella tastiera la "m" e la "b" sono troppo vicine. Se proprio non si riesce a fare una riforma del sistema finanziario, almeno facciamo una legge per modificare il layout della tastiera dei computer usati dal sistema finanziario...
L'ultima crisi finanziaria ha dimostrato in maniera inequivocabile che gli errori dell'"economia virtuale", cioè della finanza, si ripercuotono in maniera drammatica nell'economia reale.
La finanza, ormai, è qualcosa di troppo rilevante per il benessere dell'intero pianeta. Non è più possibile lasciarla fare. Passata la crisi finanziaria del 2007/2008, grazie ad un pesantissimo intervento pubblico, non ancora terminato, le banche hanno continuato a fare esattamente quello che facevano prima: fare soldi con la finanza tornando a "giocare" con gli stessi strumenti che hanno determinato la crisi.
E' evidente che qualunque radicale riforma del sistema finanziario non può che essere globale. L'Italia da sola non potrebbe fare ovviamente nulla, ma neppure l'Europa da sola potrebbe fare molto (e comunque sarebbe incapace di fare alcunché). La riforma deve partire dagli Stati Uniti e il Presidente Obama ci sta provando con tutte le sue forze, ma le lobby del sistema finanziario sono le più potenti al mondo.
Una riforma dovrebbe partire da tre cardini che appaiono banalità, ma che sono invece eresie per il sistema finanziario:
1) Le banche facciano le banche e le società d'investimento facciano le società d'investimento. Il mestiere delle banche è quello di prestare soldi alle imprese ed a chi ne ha bisogno. Questa attività è diventata ormai marginale per i profitti delle grandi banche che sono diventate dei giganteschi hedge fund. E' l'ora di dire basta!
2) Si compra e si vende solo ciò che si possiede. Sembra assurdo, ma quello che appare evidente nel mondo reale non lo è affatto in finanza dove è normale poter vendere quello che non si ha. Non si tratta solo di short-selling scoperto, ma soprattutto di una serie di prodotti derivati, come i CDS, i quali, di fatto, vendono un'assicurazione che non esiste (come si può vendere, credibilmente, un'assicurazione contro il default di uno stato come gli USA?).
3)Deve esserci un rapporto massimo fra capitale sociale e rischi assunti nei mercati finanziari. Non è tollerabile che grandi istituzioni finanziarie assumano rischi che poi non possono gestire. Gradualmente è indispensabile che si stabilisca un rapporto massimo fra capitale sociale e rischi assunti dalle società che investono nei mercati finanziari. Questo rapporto potrà essere 1 a 7, o al massimo 1 a 10, ma deve esserci un limite bene preciso.
E' chiaro che l'introduzione di queste tre regole dovrebbe essere graduale, ma ormai appare evidente che se non si affronta il problema alla radice, la finanza ci scapperà di mano.
Alessandro Pedone, responsabile Aduc per la Tutela del Risparmio
COMUNICATO STAMPA DELL'ADUC
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