Giovanni Lentini, detenuto a Bologna, mi ha inviato una sua piccola relazione, scritta con un altro detenuto, Raffaele Catapano, circa la situazione carceraria della Dozza, che sarebbe il carcere di Bologna. Questo testo lo hanno scritto nell'ambito del loro ruolo di studenti-carcerati.Testi come questi sarebbero importanti anche se riguardassero solo un carcere, in questo caso quello della Dozza. Ma in realtà descrivono situazioni in buona parte estendibili a tutto il pianeta carcerario italiano, come quelle relative all'igiene, al trattamento e alle sezioni speciali. Aggiungo che si tratta di problematiche "classiche", che non sono le sole presenti in alcune carceri. Carceri come quello di Bologna sono, con tutte le loro mancanze e inefficienze, non nello stato di totale illegalità in cui versano altri istituti, con diffuse angherie, prevaricazioni e violenze. Questo vuol dire che alcuni detenuti oltre già a dover sopportare le pesanti questioni poste da Lentini e Catapano nel loro testo, ne hanno davanti anche altre, ancora più odiose se possibile.
LA SITUAZIONE CARCERARIA DELLA DOZZA
Se si facesse una ricerca di tutti quelli che entrano in carcere, alla fine si scoprirebbe che, in maggioranza, alla base di tutto, c'è stato un disagio sociale. Sicuramente ha una grossa influenza anche il posto dove si è nati o cresciuti. Fatta questa premessa, arriviamo al dunque.
Considerando che la maggioranza della popolazione detenuta è composta da giovani e spesso con poca cultua scolastica, con un pò di volontà si potrebbe migliorare sia la vita in carcere, sia il recupero di una grossa percentuale degli stessi. La scuola in carcere sta facendo la sua parte, ma da sola non basta. Si dovrebbero impiegare le varie categorie del volontariato che orbitano intorno al carcere per organizzare dei seminari, e discutere dei vari argomenti sociali e culturali.
Anche i corsi professionali hanno la loro rilevanza. La maggioranza dei detenuti nella loro vita non ha mai lavorato, per cui una volta fuori dalle mura del carcere, con tutta la buona volontà che possono avere, è difficile che si inseriscano nel mondo del lavoro. Perciò già dal carcere si deve iniiare questo percorso lavorativo. Serve non solo ad insegnare loro un mestiere, ma anche a far capire il valore che hanno i soldi guadagnati onestamente.
Attualmente, con la scusa che c'è la crisi economica, in carcere lavorano appena il 5%. La restante parte della popolazione detenuta, a parte una esigua minoranza che frequenta la scuola, rimane chiusa nelle celle 20 ore su 24, buttati sui letti a guardare la televisione; quando le celle dovrebbero servire solo per il pernottamento. Per il poco spazio che c'è, è impossibile stare in piedi. L'alternativa è sdraiarsi sui letti. Celle progettate per ospitare un singolo detenuto, sono occupate da tre, e a volte anche da quattro.
Il miglioramento del predetto servizio del volontariato certamente consentirebbe di stimolare attività di partecipazione ed incentivi al lavoro, a quella popolazione detenuta che, oggi, affronta il percorso detentitvo in uno stato di assoluta immobilità ed inerzia. Peraltro ristretta, come sopra citato, in celle la cui occupazione talvolta è satura e, già da tempo, al limite della capienza.
Negli ultimi anni la vita in carcere è peggiorata, e ciò è dovuto anche al sovraffollamento, ma soprattutto alla noncuranza delle istituzioni.
Sinteticamente riportiamo alcune problematiche che affliggono i detenuti:
* SANITA': scarseggia la specialistica e i medicinali. Gli unici farmaci che abbondano sono gli psicofarmaci, che non fanno altro che peggiorare lo stato psicofisico del detenuto, rendendolo incapace di fare qualsiasi cosa.
* AFFETTIVITA': non ci sono spazi dove poter trascorrere qualche ora di colloquio tranquillamente con i propri cari. Le poche ore di colloquio (quattro ore mensili) si svolgono in salette insieme a numerosi detenuti e parenti. Sembra quasi di essere ad un mercato rionale.
* EDUCATORI: la figura dell'educatore è fondamentale per programmare ed iniziare un piano trattamentale per il reinserimento del detenuto. Purtroppo ci sono detenuti che da anni non hanno mai avuto la possibilità di avere un colloquio con gli stessi. Di conseguenza, taluni pur essendo nei termini per usufruire di misure alternative, si vedono rigettare le richieste per la mancanza della sintesi carceraria sul comportamento del detenuto.
* TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA: ultimamente la matricola è intasata di rigetti con motivazioni anomale. Cosa che provoca un ingorgo totale, bloccando tutto il sistema penitenziario. Detenuti che già usufruivano di benefici (permessi premi, semilibertà e così via..) si sono visti rigettare le istanze, senza nessun motivo che possa giustificarne la negazione.
* IGIENE: anche questo è un tasto dolente della situazione carceraria della Dozza. Sporcizia ovunque, dalle scale che portano ai passeggi, ai locali adibiti alle docce, alle celle che non vengono pitturate regolarmente e sono prive di pavimentazione, alla mancanza di illuminazione sia artificiale sia naturale. Quella n aturale è oscurata dalle grate che sono state montate da poco. Quella artificiale viene erogata sono nelle ore pomeridiane. Non ci sono più frigoriferi per conservare gli alimenti acquistati tramite il sopravvitto, quindi si è costretti a tenere gli alimenti in cella, con le drastiche conseguenze che ne derivano (vanno a male e provocano cattivo odore).
* DIFFERENZIAZIONE DELLE SEZIONI IN AS1, AS2. AS3, E CIRCUITI COMUNI. Viene spontaneo citare la famosa frase scritta da Leonardo Sciascia, "la vera mafia è l'antimafia". Creano allarmismo sociale ovunque. Hanno iniziato con creare allarme nelle regioni del sud, poi sono passati al nord. Adesso sono arrivati addirittura a creare allarme sociale nelle strutture penitenziarie, inventandosi la differenziazione dei detenuti. Sarà un'ulteriore emarginazione sociale. "Un'emarginazione nell'emarginazione". Sarà ancora più difficile il reinserimento per queste categorie. Sicuramente si assisterà ad una riduzione delle già poche attività culturali e ricreative esistenti. Negli anni '80, con l'applicazione dell'art. 90, l'apertura delle sezioni differenziate, e l'apertura dei cosiddetti "braccetti della morte" (piccole sezioni dove venivano ubicati non più di 5 detenuti) crearono il terrore, ma fortunatamente non ebbero lunga durata, perché abolite con l'approvazione della legge Gozzini. Adesso, a distanza di anni, non solo li stanno ripristinanoo, ma addirittura inasprendo. Si parla tanto di integrazione, socializzazione e di parità di diritti; ma restano solo chiacchere. Chi verrà inserito in questi circuiti non potrà avere gli stessi diritti degli altri. Sarà escluso da tutte le attività svolte nella struttura del carcere. Quindi diventerà impossibile attuare un piano trattamentale. Da venti anni esiste il famoso 41bis, una vergogna non solo per come vengono trattati i sottoposti, ma soprattutto per i figli costretti a vedere i propri genitori attraverso un vetro divisore.
* CULTO: chi è ubicato nelle sezioni di alta sicurezza non può avere accesso nella Chiesa Cattolica per poter partecipare alle sante messe, che vengono celebrate regolarmente ogni domenica.
Se c'è l'intenzione di far morire i detenuti in carcere si deve avere il coraggio di modificare l'art. 27 della nostra Costituzione italiana, e l'aart. 354 dell'ordinamento penitenziario. Oggi in Italia esiste una pena del carcere a vita, una pena perpetua che ti fa restare recluso fino alla morte. Questa si chiama Ergastolo Ostativo. L'art. 27 della Costituzione italiana recita testualmente "le pene devono tendere alla rieducazione del condannato". La legge nà 354 O.P. afferma che nei confronti del condannato e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tend, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Se non vengono attuati questi principi costituzionali a cosa servono i Tribunali di Sorveglianza? A cosa servono gli educatori? A cosa servono gli assistenti sociali? A questo punto tanto vale abolirli. Almeno si risparmiano energie umane ed economiche.
Gli studenti/detenuti Lentini Giovanni e Catapano Raffaele
dell'IIS Keynes, sez. distaccata
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