Da: avv. Eugenio Gargiulo (eucariota@tiscali.it)
Se la condizione di disabilità del lavoratore subordinato si aggrava, il datore di lavoro può legittimamente licenziarlo?
L'aggravamento delle condizioni di salute del lavoratore disabile può costituire un legittimo motivo di licenziamento solo se l'aggravamento stesso sia tale da rendere impossibile la prosecuzione dell'attività lavorativa.
Più precisamente, il datore di lavoro può licenziare il dipendente disabile quando il peggioramento delle sue condizioni di salute psico-fisica non gli consenta più di svolgere le mansioni di assunzione o mansioni diverse all'interno dell'azienda.
Affinché il licenziamento del disabile motivato dall'aggravamento della malattia sia legittimo è dunque necessario che:
A) l'aggravamento della malattia sia tale da impedirgli la prosecuzione dell'attività lavorativa;
B) esso non renda possibile neppure un altro impiego all'interno della stessa azienda per cui l'unica misura adottabile è il licenziamento.
Ciò vuol dire che il datore, prima di licenziare il disabile, deve assolvere un obbligo di "repechage"e solo se non è possibile ricollocare il lavoratore in altri uffici, settori o mansioni dell'azienda, il recesso dal rapporto di lavoro è legittimo.
Le condizioni di legittimità del licenziamento (cioè aggravamento della disabilità tale da impedire la prosecuzione del rapporto lavorativo, neppure dopo il tentativo di repechage) devono essere valutate non solo dal datore di lavoro ma anche dalla "commissione sanitaria" ,istituita presso l'Asl competente. (Commissione sanitaria prevista dall'art. 4 della L. n. 104/1992)
È infatti necessario un accertamento medico delle condizioni di disabilità da parte della suddetta commissione per verificare se effettivamente il dipendente può continuare o meno a lavorare.
È quanto precisato dalla Cassazione in una recente sentenza a favore dei disabili, soggetti particolarmente bisognosi di tutela. (Cass. sent. n. . 8450 del 10 aprile)
Il licenziamento del disabile, motivato dall'aggravamento della malattia, è allora illegittimo se il datore di lavoro non ha prima chiesto il parere della commissione sanitaria circa la "compatibilità" tra la disabilità del lavoratore e le mansioni svolte o le possibili mansioni assegnabili grazie al repechage.
In altri termini il datore non può decidere autonomamente se licenziare il disabile solo perché ritiene la sua disabilità tanto impeditiva.
Serve sempre l'ok della commissione sanitaria che, valutando lo stato di salute del lavoratore, accerta se le sue minorazioni siano tali da rendergli impossibile continuare a lavorare nell'azienda.
Ovviamente il parere della commissione sanitaria serve soltanto qualora il licenziamento del lavoratore sia giustificato dall'aggravamento delle condizioni di salute, in quanto pericolose per lui stesso e per gli altri colleghi.
Detto parere non è necessario, invece, qualora il licenziamento sia motivato da"giusta causa"o da "giustificato motivo"(cioè per una condotta più o meno grave del lavoratore che ha incrinato il rapporto con il datore). In queste ultime ipotesi, infatti, il disabile è trattato allo stesso modo degli altri lavoratori e può essere legittimamente licenziato indipendentemente dai controlli sul suo stato di salute.
Foggia, 17 aprile 2014 Avv. Eugenio Gargiulo
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