Da: avv. Eugenio Gargiulo (eucariota@tiscali.it)
Ai fini giuridici , anche l'infermiere è responsabile al pari del medico curante?
Si fa sempre un gran parlare della responsabilità dei medici negli ospedali. Ma quale posizione, in tutto questo, spetta agli infermieri?
L'infermiere, difatti, nell'esercizio della sua attività, può arrecare danni sia ai pazienti e talvolta, di riflesso, anche al proprio datore di lavoro.
Tale scontata affermazione è confermata anche dalla cronaca giudiziaria che ci propone periodicamente casi di operatori sanitari coinvolti in cause per danni arrecati a pazienti derivanti dall'errata somministrazione di farmaci, dall'errato posizionamento su lettino operatorio, dall'errato funzionamento delle apparecchiature per l'inoculazione dell'anestetico, dalla dimenticanza di corpi estranei nell'organismo nel corso di intervento chirurgico, da errori di trascrizione della terapia dalla cartella clinica alla cartella infermieristica o infine, dall'errata valutazione della gravità del caso nell'esercizio della funzione di triage di pronto soccorso.
Secondo una sentenza della Cassazione, anche gli (ormai ex) ausiliari del personale medico (gli infermieri, appunto) hanno dei loro doveri e, quindi, delle responsabilità per "colpa medica".
È quella che, in gergo giuridico, viene definita "posizione di garanzia" e che impone al soggetto "garante" un controllo costante nei confronti di chi, invece, non è in grado di badare a se stesso in una determinata circostanza.
Secondo
Non si può quindi giustificare l'eventuale errore dell'infermiere sostenendo che questi sia sprovvisto di autonomia decisionale e di valutazione, a differenza del medico; al contrario, l'infermiere, anche solo in caso di dubbio ragionevole, ha il dovere di chiamare l'intervento tempestivo del medico di turno, cui affidare la decisione finale.
Abrogato il c.d. Mansionario e venuta meno la distinzione tra professioni sanitarie principali e ausiliarie, la responsabilità di cui oggi l'infermiere deve farsi carico è sicuramente più completa e più complessa rispetto al passato.
Invero, il maggior grado di competenza richiesta e il riconoscimento di una notevole autonomia decisionale nella scelta della tipologia di intervento assistenziale da adottare nel singolo caso concreto rendono l'infermiere direttamente responsabile dell'assistenza generale infermieristica.
Alla luce dei recenti interventi normativi in materia di personale sanitario non medico, pertanto, l'infermiere non può addurre a sua discolpa, come accadeva in precedenza, la necessaria competenza medica nella scelta del trattamento terapeutico, sostenendo di essere il semplice esecutore di quanto disposto dal medico.
L'attività di somministrazione di farmaci deve essere eseguita dall'infermiere non in modo meccanico, ma in modo collaborativo con il medico. In caso di dubbio sul dosaggio prescritto l'infermiere si deve attivare non per sindacare l'efficacia terapeutica del farmaco, bensì per richiamare l'attenzione e richiedere la rinnovazione in forma scritta della prescrizione da parte del medico. Non compete invece alla caposala il controllo tra la corrispondenza del farmaco prescritto e quello in concreto somministrato, in quanto tale attività è demandata specificamente all'infermiera professionale. (Cass. sent. n. 1878/2000).
Incombe sulla caposala l'obbligo di controllare la scadenza, non solo al momento in cui i medicinali vengono forniti al reparto, bensì periodicamente e di certo al momento in cui sono somministrati al paziente. (Cass. sent. n. 1318/97.)
Foggia, 24 aprile 2014 Avv. Eugenio Gargiulo
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