Le pensioni erogate dallo stato non riescono a soddisfare pienamente le esigenze di coloro che in terza età devono far fronte alle proprie esigenze di vita quotidiana, soprattutto in periodo di crisi come questo. Spesso è necessario utilizzare formule pensionistiche integrative grazie ai fondi pensione. Il fondo pensione permette di realizzare una pensione integrativa per sé o per i propri familiari a carico in modo da mantenere, anche dopo il pensionamento, un tenore di vita simile a quello del periodo lavorativo.
Esiste una differenza tra i fondi pensione aperti e quelli chiusi. I fondi pensione aperti sono fondi pensione dedicati a tutti, lavoratori dipendenti e autonomi. I fondi pensione chiusi sono fondi pensione istituiti da accordi tra industrie e sindacati, aperti ai lavoratori dipendenti del settore a cui tali fondi sono dedicati. I fondi pensioni rientrano in quelli strumenti welfare promossi dallo stato, per supportare le fasce sociali più deboli della società: disoccupati e pensionati.
I disoccupati vengono supportati In tutti i paesi dell'Unione Europea, tranne Italia, Grecia e Ungheria, attraverso forme di reddito di cittadinanza che coprono in parte o del tutto la mancanza di un'entrata sicura: chi non guadagna abbastanza o chi lavora part time, ottiene un'integrazione del reddito.
Per i pensionati si cerca di fornire una rendita pensionistica in più, oltre a quella di base, e non per vivere meglio, solo per vivere bene.
Il problema riguarda migliaia di persone tra i 50 e i 65 anni: ci si ritrova prepensionati, spesso ancora giovani e con la necessità di ridurre le spese con una rendita Inps che, mediamente, fa calare di oltre un quarto le entrate mensili rispetto allo stipendio.
Dopo il 2015 chi andrà in pensione subirà infatti un doppio effetto negativo. Il primo è che dovrà lavorare più a lungo, perché l'età della pensione di vecchiaia crescerà in base a un meccanismo automatico basato sulla probabilità di sopravvivenza: siccome si vive più a lungo si va in pensione più tardi. Il secondo effetto è che gli assegni pensionistici saranno più bassi rispetto a quelli attuali, spesso almeno il 70 per cento dell'ultimo stipendio, arrivando nel 2040 a meno della metà per i lavoratori dipendenti e addirittura a meno di un terzo per i lavoratori autonomi.
Un problema insolubile, se non si è costruito nel tempo un capitale da cui attingere per integrare la pensione di base attraverso le forme descritte di previdenza complementare.
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