I progetti di riforma della scuola - in particolare riguardo all'educazione linguistica - evidenziano l'orientamento dell'attuale Governo Italiano, favorevole ad un forte potenziamento dell'insegnamento della lingua inglese e ad un'inevitabile riduzione dello spazio destinato allo studio delle altre lingue straniere.
L'Italia si sta avviando verso la scelta di una politica monolinguistica senza un'adeguata analisi, basata sul confronto democratico, dei rischi connessi con questo orientamento.
La consapevolezza dell'incontestabile necessità di migliorare le competenze linguistiche degli italiani si esercita soltanto a favore dell'inglese.
L'inglese sarà l'unica lingua insegnata nella scuola elementare, diventerà molto probabilmente l'unica lingua scelta dalle famiglie nella scuola secondaria di primo grado, - dove il potenziamento dello studio dell'inglese potrà avvenire soltanto previo abbandono della seconda lingua straniera (Confronta l'articolo 16 dello Schema di Regolamento per la Riorganizzazione della Rete Scolastica, approvato dal Consiglio dei Ministri il 18 dicembre 2008.) - e resterà la lingua dominante, salvo alcune situazioni di nicchia, nella scuola media superiore, essendo l'unica lingua straniera oggetto di studio per 13 anni complessivi.
La Federazione Esperantista Italiana, coerente sostenitrice della pari dignità, della tutela e della diffusione di tutte le lingue e di tutte le culture, esprime la propria contrarietà a questo indirizzo, per ragioni culturali, economiche e politiche e condivide al riguardo le preoccupazioni degli insegnanti di lingue.
- La scelta del Governo Italiano appare in contrasto con le indicazioni ufficiali dell'Unione Europea, che ha sempre sottolineato, giustamente, la necessità di promuovere il multilinguismo: la conoscenza di più lingue arricchisce le menti e le coscienze degli individui e dei popoli, favorendo l'attenzione, il contatto e la conoscenza fra persone, genti e civiltà diverse. Tutto ciò alimenta lo spirito di tolleranza e la comprensione per le altre culture a vantaggio di una progressiva crescita democratica, favorendo altresì un'effettiva espansione delle opportunità sul terreno pratico.
- Il monolinguismo nella scuola, specialmente se basato sulla lingua forte della nazione predominante nel mondo, tende a sovrapporre progressivamente quella lingua sulle altre, fino a snaturarle e perfino a cancellarle, come del resto si è verificato tante volte nella storia. Possiamo tutti costatare come la stessa lingua italiana si riveli già concretamente esposta a questo pericolo. E la "liquidazione" della lingua nazionale è un fatto su cui l'opinione pubblica, i mezzi di comunicazione e i responsabili politici non mostrano di riflettere abbastanza. La lingua esprime l'identità di un popolo e un popolo privato della propria lingua perde il senso della comunità, della propria specificità culturale, della propria dignità; anche per questo il diritto alla lingua è annoverato tra i diritti umani.
- Il monolinguismo, accanto a qualche innegabile vantaggio di carattere pratico, determinerebbe una situazione di assoluto privilegio per uno dei popoli dell'Unione Europea dal punto di vista economico, da quello politico, nonché anche da quello psicologico; gli altri popoli dovrebbero inevitabilmente rinunciare al diritto alle pari opportunità e ciò costituirebbe un ulteriore ostacolo sul cammino delicato e difficile dell'integrazione europea.
- Puntare sull'apprendimento della sola lingua inglese premia poco anche dal punto di vista economico e dell'occupazione: significa andare a contendersi, con molti altri paesi, il mercato "anglofono" e perdere competitività nei paesi non "anglofoni", dove la concorrenza non è così agguerrita e dove è opportuno sfruttare la facilità di contatto nelle rispettive lingue.
- Gli insegnanti specializzati nelle lingue diverse dall'inglese rischiano, in una scuola praticamente monolinguistica, di perdere il lavoro senza una reale possibilità di riconversione professionale. A loro esprimiamo tutta la nostra solidarietà.
Federazione Esperantista Italiana
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