La prima cosa da dire sul tema è che il settore nonostante tutti ripetono che la pensione che prenderemo sarà una miseria, fatica decollare. Nei fondi chiusi a settembre di quest'anno c'erano 6,1 milioni di iscritti per un calo da inizio anno dello 0,7% dettato dalla crescita della disoccupazione portata dalla crisi, mentre i fondi aperti hanno registrato una crescita del 5,7% e i piani pensionistici individuali (Pip) sono cresciuti di un sostanzioso 13,7%.
L'andamento di queste tre forme pensionistiche è indirettamente proporzionale ai costi legate a ciascuna forma previdenziale. I Pip sono la forma previdenziale più onerosa, perché possono avere un costo medio del 3,5% su un orizzonte temporale di due anni. Ovviamente se si allungano i tempi di adesione il costo scende: per un'adesione di 35 anni, il costo medio dei Pip può scendere anche sotto il 2%.
I fondi aperti in quanto ad oneri si piazzano nel mezzo: siamo al 2% annuo per un'adesione biennale, all'1,2% per 35 anni di permanenza. I fondi chiusi (o negoziali) sono i più convenienti, con costi all'1% per la prima ipotesi e dello 0,2% per una permanenza di 35 anni. Se pensate che la differenza tra il migliore ed il peggiore sia piccola, considerate che un punto percentuale di costo in più riduce le rendite del 20%… Dal punto di vista dei rendimenti bisogna poi considerare che lo studio di Altroconsumo da voti discreti ai fondi aperti, mentre il 50% dei fondi analizzati prende un voto inferiore alla sufficienza. Per i fondi chiusi i voti sono migliori anche se non di molto. I fondi negoziali si fanno quindi preferire, e considerate anche che 1.000 euro di Tfr versati nel 2005 in un fondo chiuso a fine settembre di quest'anno sono diventati 1.333 euro, lasciati in azienda sarebbero stati 1257 .
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