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mercoledì 12 settembre 2012

Articolo 18, De Lucia (Radicali): i referendum di Vendola, Di Pietro e soci sono un espediente da campagna elettorale. Rappresentano il cinismo della demagogia che per conservare l’esistente impoverisce tutto un paese

Articolo 18, De Lucia (Radicali): i referendum di Vendola, Di Pietro e soci sono un espediente da campagna elettorale. Rappresentano il cinismo della demagogia che per conservare l'esistente impoverisce tutto un paese

Occorre abbattere con riforme radicali il capitalismo italiano inquinato con le sue rendite corporative e clientelari.

Nota di Michele De Lucia, tesoriere di Radicali italiani:

I referendum per abolire le modifiche apportate dalla riforma Fornero all'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori non sono referendum sull'articolo 18: sono un puro espediente da campagna elettorale, infarciti di demagogia e contrari agli interessi dei lavoratori.

Ma davvero nel 2012, facendo il verso al Cofferati che dodici anni fa definiva i referendum Radicali "un massacro sociale", i vari Bonelli, Di Pietro, Ferrero, Rinaldini e Vendola pensano che sia anche solo dignitoso riproporre la panzana dello "scontro di civiltà"? Quale sarebbe il "crimine" compiuto dalla riforma Fornero? Quello di aver escluso - con una misura di puro buon senso - l'obbligo di reintegro per i licenziamenti economici, lasciando al giudice la facoltà di stabilire se dietro alla motivazione ufficiale del datore di lavoro ci sia un intento discriminatorio, e quindi predisporre il ritorno alle sue funzioni del lavoratore?

Ma davvero, dopo aver impedito la riforma degli ammortizzatori sociali (quella universalistica, per cui si battono i Radicali) e ritardato di almeno vent'anni la riforma delle pensioni difendendo privilegi, rendite di posizione e di corporazione, casse integrazioni che non salvavano mezzo posto di lavoro, aiuti di stato a pioggia, spesa pubblica clientelare e quant'altro, pensano di ripetere la loro lezione da bancarottieri della politica.

In ogni caso Vendola, Di Pietro & co. hanno già certamente raggiunto un risultato: abbattere - con ampio margine sulle elezioni - la credibilità del centrosinistra nel suo complesso come forza effettivamente in grado di governare il Paese, e con un margine di tempo più che sufficiente a comprometterne anche i risultati elettorali. Il PD d'altra parte ha le sue pesanti responsabilità: ha cancellato, con la storia della sinistra liberale, la stessa nozione dell'esistenza di Marco Pannella ed Emma Bonino, e questi sono i risultati. Berlusconi dovrebbe sentirsi a questo punto in dovere di esprimere la propria gratitudine ai "nuovi eroi" referendari, aiutandoli: nonostante gli infiniti disastri compiuti negli anni dei suoi governi, potrebbe comunque ottenere da questa brillante operazione politica qualche punto percentuale in più.

Da decenni la sinistra comunista e i sindacati, primi alleati della partitocrazia e della Confindustria, hanno difeso l'esistente e le sue basi profondamente corporative e clientelari, dalle baby-pensioni alla finta cassa integrazione, al più becero, improduttivo, impoverente, truffaldino assistenzialismo di Stato. Berlusconi ha fatto esattamente la stessa cosa. Gli uni e gli altri senza mai dire una parola sulle misure che davvero andrebbero prese con urgenza nell'interesse generale, dalla liberalizzazione del mercato dei capitali, allo smantellamento dei conflitti d'interesse e del sistema delle scatole cinesi, fino alla farsa dei capitalisti all'italiana, capitalisti senza capitale. Il vero scontro è tra queste due opzioni, lasciando stare la "civiltà".



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