Sulle bacche di goji si è detto, scritto, discusso. Eppure spesso non si riesce a riconoscere tutta la verità. Considerato l’indiscusso apporto benefico che queste bacche danno al nostro corpo, il mondo del marketing si è fiondato su questo prodotto asiatico e ci ha costruito sopra leggende e storie, peggiorando di molto la situazione.
Il vero nome delle bacche di goji, intanto, è Lycium Barbarum attribuito da Linneo nel suo Species Plantarum. Per tanto tempo si è pensato che il nome Lycium derivasse dal greco Lycos (lupo), tanto che gli inglesi hanno dato a queste bacche il nome wolfberry (bacche del lupo, appunto). Il nome, invece, potrebbe trarre origine da Lykon, un succo medicinale preparato con estratti di radici e bacche che serviva a curare malattie, soprattutto quelle della vista. Altra teoria è che derivi dalla regione della Licia, nell’Anatolia Meridionale. La parola goji, invece, è un approssimazione occidentale della parola cinese per bacca, cioè gǒuqǐ.
Le bacche di goji sono sempre state utilizzate nell’antichità, sia nella Medicina Tradizionale Cinese (sembrano essere citate già da Shen Nong, imperatore cinese del 2800 a.C. e grandissimo esperto di erbe medicinali) che nell’alimentazione europea. Ci sono tracce della presenza delle bacche di Goji nella storia dell’Italia meridionale, in Grecia e in altre parti dell’Europa. Ad esempio è interessante riportare che in Inghilterra la pianta del goji viene anche chiamata la pianta da te del Duca di Argyll, perché nel XVIII sec. fu regalata a tale Duca una pianta di goji, ma, per errore di etichettatura, non fu chiamata con il suo nome ma scambiata per una pianta di te. Ancora oggi nel sud dell’Inghilterra si possono trovare arbusti spontanei di goji.
Il vaso di Pandora è stato scoperchiato quando tale Earl Mindell disse, pubblicando anche un libro a proposito, che il goji era una cura contro il cancro, riportando anche ricerche scientifiche, in realtà mai esistite. Da quel momento si è scatenata una vera e propria guerra per quanto riguarda le proprietà del goji. Può aiutare determinati processi cellulari che portano, alla lunga, alla formazione di cellule tumorali, ma sicuramente non è la cura per il cancro. Vero è che assumere costantemente goji può diminuire la formazione di radicali liberi (o meglio, può aiutarne il contenimento, soprattutto nei fumatori) ed è anche vero che l’apporto di Vitamina C presenti nelle bacche è altissima, circa il 500% rispetto alla stessa quantità di un’arancia.
Inoltre, un’altra leggenda sul goji è che sia un prodotto esclusivamente tibetano. Ecco questo non è del tutto esatto, anche se è vero che il Collegio Medico Tibetano produce del goji di altissima qualità e controlla la sua commercializzazione fuori dal paese. Una problematica abbastanza grave è la presenza di metalli pesanti e pesticidi nel goji di provenienza cinese, anche se l’UE e altri enti si stanno già muovendo per ovviare a questo problema.
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