Risulta assai curioso che la vincitrice di un bando di concorso per l'insegnamento dell'italiano per stranieri, indetto dalla facoltà di Filosofia, Lettere, Scienze Umanistiche e Studi Orientali de «La Sapienza» di Roma, porti il medesimo cognome dell'ex preside della vecchia Facoltà di Scienze Umanistiche dello stesso ateneo che, alla veneranda età di 70 anni, ancora insegna a Roma.
La vincitrice del bando (potete vedere la graduatoria sul sito della Facoltà: http://151.100.162.227/allega/grad_242011.pdf) ha sì una solida esperienza pregressa, ma casualmente l'ha maturata in prevalenza a «La Sapienza» negli anni passati.
Nel dettaglio:
-Insegnamento della lingua italiana per studenti stranieri Erasmus per 5 anni accademici presso la Sapienza Università di Roma: per gli a. a. dal 2002 al 2005 e per i due anni accademici dal 2005 al 2007 (nove corsi)
-Organizzazione didattica dei corsi Erasmus di lingua italiana per studenti stranieri alla Sapienza per 3 anni accademici.
Il tutto è verificabile da uno dei verbali della commissione che esaminò le domande per lo stesso bando nel 2007, anno in cui questa persona già possedeva l'esperienza descritta. (http://scienzeumanistiche.uniroma1.it/modulistica/bandi/Verbaledefinitivobandon1.htm)
Ancora più curioso è che questa omonima dalla solida esperienza sia anche responsabile della Summer School Sapienza (vedere per credere: http://w3.uniroma1.it/summerschoolsapienza/segreteria.htm), ma la cosa ancor più sconcertante è che ormai la legge non è uguale per tutti: vorrei ricordare che da qualche tempo i bandi per assegnare posti di lavoro nelle università obbligano i richiedenti a dichiarare, AI SENSI DELL'ART. 47 DEL D.P.R. 28/12/2000 N. 445, «di non aver alcun grado di parentela o di affinità, fino al IV grado compreso, con un professore appartenente alla struttura che bandisce la selezione, con il Rettore, con il Direttore Generale o con un componente il Consiglio di Amministrazione dell'Università». Nella dichiarazione si ricorda anche che «le dichiarazioni mendaci, la falsità negli atti e l'uso di atti falsi sono puniti ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia, e consapevole che ove i suddetti reati siano commesi per ottenere la nomina a un pubblico ufficio, possono comportare, nei casi più gravi, l'interdizione dai pubblici uffici».
Viva la legalità e le pari opportunità
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