Nei prossimi giorni Pasqualino Monti presenterà il nuovo piano operativo del porto di Civitavecchia, che dovrà sostenere lo sviluppo infrastrutturale in un momento difficile
Sono mesi importanti per il sistema portuale italiano, con la riforma della legislatura portuale al vaglio del Parlamento, e la volontà di rinnovamento spesso strozzata dalla crisi generale europea. Se da un lato infatti il sistema portuale diventa sempre meno competitivo rispetto ai concorrenti stranieri, ai porti italiani viene comunque chiesto di farsi promotori di un'azione di rinnovamento che porti ad un ripensamento dell'intero settore. Facile a dirsi, più difficile a farsi, per in realtà a rendere ancora più delicata la situazione è l'incertezza del ruolo presente e soprattutto futuro delle coste tricolori nello scacchiere europeo, dove tra corridoi interni e autostrade del mare gli avanzatissimi porti settentrionali, soprattutto quelli inglesi e olandesi, rappresentano un modello di efficienza a cui spesso la Commissione guarda per indirizzare e omogeneizzare le politiche comunitarie sul tema. Non è però così semplice adottare per le nostre autorità portuali l'organizzazione di stampo nordico. Innanzitutto perché in Italia i porti sorgono su terreni demaniali, mentre il più delle volte negli altri Paesi europei nascono e sono gestiti attraverso l'iniziativa privata. In secondo luogo perché il sistema delle concessioni segue logiche completamente diverse. In questo scenario come stanno reagendo gli attori protagonisti di quello che deve essere un rilancio dei porti su scala nazionale?
Prendiamo l'esempio del porto di Civitavecchia dove nei prossimi giorni (16 novembre) il presidente dell'Autorità Portuale di Civitavecchia Fiumicino Gaeta Pasqualino Monti presenterà il piano d'investimenti per i prossimi tre anni, progetti in nuove infrastrutture portuali «già esecutivi» (ovvero già cantieriz zabili) per un valore complessivo di oltre 300 milioni di euro, dato che strappa il ruolo di più importante stazione appaltante nel campo della portualità italiana.
Il programma si pone molteplici obbiettivi strategici riguardanti la seconda area di produzione e consumo in Italia (Lazio, Umbria e Marche, collocate su un ideale corridoio Tirreno-Adriatico, destinato a spezzare la cronica incomunicabilità fra i due mari).
Il primo obiettivo sarà quello di replicare nelle merci e nella logistica la primazia raggiunta da Civitavecchia nel traffico crocieristico, facendo del porto della capitale un hub per container e altre tipologie di merce (c'è la disponibilità di aree retro portuali per oltre 5 milioni di metri quadri e gli accosti in acque profonde (22 metri) non hanno paragoni in Italia.
Il secondo obiettivo sarà rappresentato dalla realizzazione del nuovo porto commerciale di Fiumicino (gestito come anche Gaeta dall'Autorità portuale di Civitavecchia nell'ambito di un network regionale), che diventerà un secondo scalo crocieristico in grado di sviluppare su quattro accosti un traffico di oltre 1,8 milioni di passeggeri aggiuntivi rispetto ai 2,6 che oggi Civitavecchia (leader nel Mediterraneo) già accoglie
Il terzo obiettivo, infine, sarà quello di fare di Civitavecchia un polo di progettazione di business nel settore delle crociere e delle autostrade del mare. Il vice ministro ai Trasporti, Mario Ciaccia («Io credo in Civitavecchia perché credo nella portualità italiana») ha invitato l'Autorità portuale a sfruttare ulteriormente «l'autonomia finanziaria dei porti» esplorando meglio le possibilità che possono venire dalle obbligazioni di scopo e dai project bond («Sono stato contattato da fondi di investimento esteri, non perdiamo queste opportunità»).
Si muove intanto qualcosa dal punto di vista istituzionale. Il vice ministro dei trasporti Mario Ciaccia, infatti, ritorna sull'annosa questione dell'autonomia finanziaria dei porti: ''Stiamo seguendo con attenzione l'iter del decreto di ripartizione delle risorse ai porti perché' la materiale assegnazione di questo fondo avvenga il più presto possibile''.
''Nello specifico il finanziamento di infrastrutture portuali in corso di ripartizione - ha ricordato Ciaccia - è stato così suddiviso: 20 milioni per il Porto di Genova, 25 per il Porto di Savona, 4,3 milioni per il Porto di Gioia Tauro e Cagliari, 33 milioni in 9 rate annuali per il Porto di Civitavecchia''.
''Con il decreto sullo sviluppo è stata finalmente disposta l'autonomia finanziaria dei porti, attraverso una specifica norma con la quale si è stabilito di dare impulso all'infrastrutturazione portuale, destinando ai porti parte dell'Iva e delle accise in essi prodotte'' ha detto ancora il vice ministro.
''Per poter essere effettivamente competitivi con i porti del Mar del Nord - ha continuato Ciaccia - occorre che all'interno dei sistemi dell'alto Adriatico e dell'alto Tirreno ognuno degli scali sia messo in condizione di ricevere e trattare le grandi navi di domani. Questo per consentire l'interoperabilità, come terminali mediterranei efficaci, rispettivamente del corridoio Genova Rotterdam e del corridoio Adriatico Baltico.
Considerazioni analoghe vanno condotte per i sistemi portuali campano, pugliese e siciliano, da vedere come sbocchi mediterranei del corridoio Helsinki-La Valletta a servizio di quella parte d'Europa costituita dal Mezzogiorno d'Italia'' ha detto il viceministro.
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