La considerevole risonanza mediatica già preannuncia l'acclarato successo della grande mostra di "Spoleto incontra Venezia" che si svolgerà nell'affascinante capoluogo veneto, dentro lo storico Palazzo Falier, edificato nel XV secolo sulla riva del Canal Grande, dal 28 settembre al 24 ottobre 2014, con la curatela di Vittorio Sgarbi e la direzione del manager produttore Salvo Nugnes. All'evento si legano nomi altisonanti del calibro di Dario Fo, Pier Paolo Pasolini, Eugenio Carmi, José Dalì. Nel pregiato contesto espositivo sarà presente l'artista Monica Bozzi con la sua arte ispirata dall'astrattismo concettuale e dalle originali geometrie colorate.
Nella Bozzi si evince l'innata inclinazione all'arte, secondo il concetto stesso dell'origine del segno e della forma, come necessità primordiali dell'uomo insieme alla lettera e al numero. Dimostra un temperamento eclettico, una naturale versatilità affinata dalla formazione accademica, una poliedrica attitudine verso il disegno. L'uso della plastica è frequente in opere in cui si fondono in commistione pittura, scultura, architettura, dove la materia è arricchita da inserti decorativi, da cromature lucenti, da riflessi di luce oro, da intrecci di linee e intagli, allineandosi alla sensibilità artistica in una visione moderna e contemporanea. Le tecniche utilizzate, soprattutto la ceramica con le sue connotazioni di limpidezza e nitidezza, esaltano la prospettiva delle tinte e delle variegature tonali, in un'atmosfera di poetizzazione della realtà perseguita dall'autrice, in base al proprio gusto e stile personale.
Il fantasioso accorpamento dei materiali più disparati, dalla tempera dorata su legno intarsiato o su ceramica al vetro fuso e resina denotano un'eccellente capacità espressiva. Le figure geometriche, rettangolari e triangolari, diventano simboli e metafore, che giocano con l'effetto luminoso, penetrano gli intensi temi umani come sostiene la Bozzi "di caratteri, di eventi, di persone, d'incontri, di modi differenti di vivere, vedere e scegliere la vita". E aggiunge "È la luce a guidare lo spettatore: Con la sua forza accompagna e inquieta, rende evidente il mondo disegnando i contorni della tenebra, illumina costringendoci a riflettere sulle cose e a scrutare sulla specularità della nostra coscienza".
Ella possiede la capacità non comune di "portare alla luce" che indica un ritrovare qualcosa, uno scoprire, un far emergere ciò, che già da sempre esiste. Parlando del suo percorso racconta "Con gli studi accademici ho cominciato ad avere la consapevolezza dell'importanza e del significato del segno, dei materiali, dei colori, della sperimentazione necessaria alla risoluzione pratica del pensiero. Ho pulito le forme, le ho rese essenziali, le ho liberate il più possibile dalle sovrastrutture. Ed ecco la conclusione: Uno studio incentrato su due forme, il rettangolo, o meglio i suoi spigoli, e il cerchio, o meglio le sue curve".
E sottolinea "Sono convinta, che l'arte nelle sue varie manifestazioni debba principalmente liberare dalle inibizioni, per permettere un contatto diretto e non mediato dall'esterno con il proprio pensiero, il proprio animo, con i sentimenti e il corpo. L'arte è la libera comunicazione di un messaggio, di un'emozione e testimonianza tangibile del proprio pensiero. Il segno, qualsiasi tipo di segno è traduzione della propria vita interiore, del vissuto, dell'inconscio, dell'istinto originale del proprio essere".
Valentina Rossi
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