"Che stavolta sia la volta buona". Lo cantava Enrico Ruggeri nel suo "Nuovo swing", erano gli anni '80. E lo sperano in molti oggi, ad 2013, pensando alla centrale Enel di Porto Tolle, uno dei tanti casi italiani di grandi progetti fermi al palo per anni tra ricorsi, sentenze e contro ricorsi.
Con una sentenza pubblicata il 20 giugno, il Consiglio di Stato ha sbloccato le procedure di autorizzazione per la riconversione dell'impianto. E i primi a sperare che il nuovo pronunciamento – l'ennesimo in un vicenda che dura ormai sette anni - sia quello definitivo per avviare il nuovo corso della centrale veneta sono lavoratori e sindacati.
"Ora, speriamo che il Governo si muova in tempi brevi per il via libero definitivo, in modo da avviare rapidamente i lavori per questa importante opera pubblica" ha affermato in una nota il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni. Ma visti i precedenti sono in tanti ad andare con i piedi di piombo.
A questo punto la palla passa al Ministero dell'Ambiente, che potrà riavviare il procedimento di Via applicando la legge della regione Veneto del luglio 2011.
Dopo la Valutazione dell'impatto ambientale, il ministero dello Sviluppo Economico potrà dare il via libera ad Enel per avviare la conversione da olio a carbone della centrale di Polesine Camerini.
La vicenda di Porto Tolle rappresenta l'idiosincrasia italiana ai grandi progetti infrastrutturali segnati, soprattutto nel settore dell'energia, da una querelle estenuante di stop and go ben fotografati dall'ultimi rapporto del Nimby forum del quale abbiamo già parlato in passato.
La prima tappa dell'iter autorizzativo della riconversione di Porto Tolle risale infatti al 2005, quando Enel avvia le procedure per ottenere le autorizzazioni necessarie.
Dopo quattro anni, il Ministero dell'Ambiente dà parere positivo con il decreto Via ma alcune associazioni ambientaliste si oppongono e fanno ricorso al Tar.
Ricorso che, a distanza di un anno, è respinto sulla base del fatto che, pur non essendo una centrale a gas come previsto dalla legge istitutiva del Parco del Delta del Po, il nuovo impianto a carbone avrebbe un impatto ambientale addirittura minore.
Nel novembre del 2010, le associazioni ambientaliste contestano la decisione del Tar e fanno ricorso al Consiglio di Stato. Tre mesi dopo, il Ministero dello Sviluppo Economico autorizza l'impianto ma nel maggio 2011 il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso ambientalista blocca tutto annullando il decreto Via.
Tra luglio e agosto 2011, prima la Regione Veneto modifica la legge del Parco per consentire la riconversione della centrale e poi il Ministero dell'Ambiente riapre la procedura di valutazione di impatto ambientale.
Sul finire dello stesso anno, Enel e Regione Veneto presentano ricorso contro la sentenza del consiglio di Stato del maggio 2010.
Il resto è storia dei nostri giorni. Nell'aprile 2012, il Consiglio di Stato respinge il ricorso presentato dalla Regione, riservandosi di decidere su quello di Enel.
Ieri la pubblicazione della sentenza.
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