WHITE SPACES: DELLO SPETTRO RADIO, COME CON IL MAIALE, NON SI BUTTA VIA NIENTE
La crescita rapidissima del numero di apparecchiature collegate ad altre in modalità machine-to-machine di fronte al limite delle frequenze wireless disponibili. Arrivano in soccorso le tecnologie che sfruttano i white spaces dello spettro radio, ormai vicine alla standardizzazione. Il tutto è al centro del dibattitto a M2M Forum 2013 a Milano il 14 maggio prossimo.
Milano, 29 aprile 2013. Nel corso dell’ultimo mese, il numero di connessioni tra macchine (machine-to-machine) via rete wireless ha superato i 150 milioni a livello mondiale e per la fine dell’anno si avvicinerà a 200 milioni. Le stime di Berg Insight, società di ricerca specializzata nei mercati wireless, tracciano un percorso di crescita entusiasmante per i prossimi anni, fino a prevedere entro il 2016 il superamento dei 350 milioni di connessioni cellulari dedicate al machine-to-machine (M2M).
Un futuro roseo per il segmento forse più affascinante di questa applicazione della microelettronica e delle telecomunicazione e che consente ad apparecchiature installate ovunque di trasmettere e ricevere dati e comandi senza alcuna connessione fissa. Nata per collegare sensori in luoghi inaccessibili, come le stazioni di pompaggio dei gasdotti o le telecamere di sorveglianza sui campi da sci, ora l’M2M si muove verso applicazioni consumer come il controllo a distanza degli elettrodomestici e il monitoraggio delle flotte auto aziendali, che, oltre a far esplodere ancora di più in prospettiva il numero di connessioni, richiedono la trasmissione di quantità di dati sempre maggiori.
La strada del machine-to-machine wireless vede quindi di fronte a sé un potenziale ostacolo alla crescita, l’intrinseca scarsità dello spazio disponibile nello spettro radio, già sottoposto a stress dall’esplosione, per esempio, dell’accesso mobile alla Rete via smartphone e tablet. Per fortuna, la tecnologia viene in soccorso, permettendo di scavare nel grande giacimento di spettro radio inutilizzato che va sotto il nome di white spaces.
Lo spettro radio in tutto il mondo viene assegnato a usi diversi, che producono una mappa dello spettro che contiene spazi allocati e, appunto “spazi bianchi”, tra una banda e l’altra. Questi spazi bianchi erano necessari quando le telecomunicazioni wireless erano tutte analogiche per lasciare una porzione di banda non usata tra due bande attigue usate in modo da evitare interferenze. Con l’avvento del digitale, i canali trasmissivi possono essere più vicini, per cui gli spazi bianchi diventano utilizzabili. Inoltre, il passaggio in quasi tutto il mondo alla televisione e alla radio digitale ha liberato una larga porzione di spazio, tra i 50 e gli 806 MHz. Sebbene esistano anche in altre porzioni dello spettro radio, i white spaces più interessanti sono quelli presenti in questa gamma di frequenze, grazie soprattutto al fatto che le trasmissioni che le sfruttano hanno un raggio di ricezione e una capacità di superare gli ostacoli e le riflessioni intrinsecamente molto più ampi di altre frequenze più elevate. Questo consente un migliore sfruttamento della banda disponibile per “portare” dati utili e minore assorbimento di energia.
Sono oggi almeno tre gli sforzi tecnologici di standardizzazione che mirano a sfruttare i white spaces. Quello nato prima, ma che per varie difficoltà viene finalizzato in questi mesi, è lo standard IEEE 802.11af, che definisce quella che un tempo veniva chiamata Super-WiFi, ed oggi White-fi , per evidenti motivi. Il White-fi promette di fornire connessioni in banda larga in stile Wi-Fi su distanze tra access point e apparecchiature dell’ordine dei chilometri, sfruttando i white spaces presenti nella banda compresa tra 470 e 710 MHz. Per evitare interferenze, lo standard consente di utilizzare diversi metodi, il più consolidato dei quali si basa sull’utilizzo di un rilevatore GPS, che informa l’apparecchiatura di dove si trova, e di un database georeferenziato dell’utilizzo delle frequenze, che l’apparecchiatura interroga prima di scegliere la banda su cui trasmettere. Un secondo metodo, che non sfrutta informazioni esterne all’apparecchiatura stessa, si basa sul concetto di “cognitive radio”, che è il dominio di un altro standard per white spaces, che verrà finalizzato entro il 2014 e che è noto come IEEE 802.22. Semplificando, il concetto di “cognitive radio” prevede che un’apparecchiatura periodicamente “ascolti” lo spettro radio per identificare di volta in volta le frequenze libere e poi trasmetta su quelle. In questo modo, oltre a non dover dipendere da informazioni esterne, l’apparecchiatura è in teoria in grado di sfruttare anche porzioni molto marginali di spettro, persino quelle che sono libere solo per certi periodi di tempo, anche brevi. Insomma, la “cognitive radio” permette di non buttare nulla dello spettro, un po’ come per il maiale…..
Se l’802.11af, che interessa molto Microsoft, è pensato per la banda larga e l’802.22 per tutti gli usi, il terzo standard per i white spaces, che per ora è solo la proposta di un gruppo di aziende, è nato per l’uso basilare delle applicazioni machine-to-machine, fatte di pochi dati alla volta e trasmessi non continuamente. Il nome, Weightless, fornisce chiara indicazione di quale sia la sua principale caratteristica, pesare pochissimo in termini di banda occupata, di potenza di calcolo, di assorbimento di energia (si parla di 10 anni per ogni ricarica delle batterie), e di conseguenza di costi (i chipset vengono reclamizzati con un costo di 2 dollari l’uno in volume). Il tutto garantendo elevata sicurezza (le trasmissioni vengono cifrate) e lunga distanza di trasmissione (10 chilometri).
La versione 1.0 dello standard, che è contenuta in un documento di 600 pagine rilasciato all’inizio di aprile, è molto flessibile e prevede che possa essere utilizzato per connettere migliaia di apparecchiature relativamente semplici, come aggregati di sensori, tipica di una rete machine-to-machine, oppure sommando canali trasmissivi per ottenere una classica rete in banda larga. In questo secondo modo Weightless viene utilizzato da Google, il più noto dei suoi sostenitori, per un pilota di banda larga per le comunità rurali in Sudafrica, in modo simile a quello che sta facendo Microsoft in Kenia con l’802.11af. L’inventore del concetto base del protocollo Weightless, invece, l’inglese Neul, basa sulla tecnologia un prototipo di Smart Grid a Cambridge, ed ecco che i white spaces incontrano uno dei settori potenzialmente a maggior potenziale per lo sviluppo del machine-to-machine, le reti intelligenti di servizi al territorio.
Da questo punto di vista i white spaces e relativi standard tecnologici saranno al centro del confronto tra i leader del settore all’edizione 2013 di M2M Forum, organizzato da Innovability presso il Centro Congressi di Assago-Milanofiori il prossimo 14 maggio. La manifestazione, giunta alla dodicesima edizione, è l’appuntamento imprescindibile dove la comunità, in rapida espansione, del machine-to-machine internazionale si confronta sulla base di un mercato come quello italiano che ha fatto da battistrada in Europa e nel mondo per questo tipo di applicazioni e tecnologie. Tra i partner di questa edizione vi è il raggruppamento Weightless, che gestisce e promuove l’omonimo protocollo per i white spaces (www.weightless.org) .
Maggiori informazioni sull’agenda sono reperibili sul sito www.m2mforum.it, dove è anche possibile registrarsi gratuitamente per la partecipazione.
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