È nota l'esigenza di rendere velocemente disponibili le nuove tecnologie per la cattura e lo stoccaggio della CO2 (CCS – Carbon Capture and Storage), in modo da poter coniugare il crescente utilizzo dei combustibili fossili con l'esigenza di contenere le emissioni e con esse il rischio di un eccessivo riscaldamento globale.
Meno noto è il fatto che, pur trattandosi di tecnologie ancora sperimentali, il contributo della CCS comincia ad essere tangibile. Nel mondo, infatti, vi sono 15 progetti su larga scala in fase operativa o in completamento, con una capacità di stoccaggio (35 milioni di tonnellate di CO2) che è pari alle emissioni di 6 milioni di automobili.
Il Gruppo Enel, per esempio, è tra i primi operatori al mondo per competenze acquisite e progetti realizzati e in fase di sviluppo. Non solo con l'impianto pilota di Brindisi (Italia) e quello di Compostilla (Spagna), ma anche con innovativi progetti per l'assorbimento della CO2 tramite calcare e microalghe.
Tuttavia la diffusione commerciale della CCS, pur essendo quasi a portata di mano, pone ancora diverse sfide. A cominciare da quelle derivanti dalla crisi economica e finanziaria internazionale, che ha ridotto i finanziamenti di numerosi progetti di ricerca e sviluppo. Per questo motivo l'Unione Europea sta ora razionalizzando le risorse disponibili con l'obiettivo di concentrarle sui progetti più promettenti.
È una occasione anche per il Gruppo Enel, che ha già competenze eccellenti e progetti di riconosciuto valore internazionale. L'importante, ora, è unire gli sforzi tra industria, istituzioni e società civile, per evitare contrapposizioni ideologiche su questa nuova tecnologia, strategica per il settore energetico, ed eliminare gli ostacoli e le lentezze burocratiche e amministrative.
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