Dal 2012 è entrata in vigore la riforma delle pensioni, contenuta nel decreto legge 201/2011 (legge 214). Questa riforma ha introdotto degli importanti novità. Le principali introduzioni sono le pensioni di vecchiaia con requisiti più elevati, assegni determinati con il contributivo anche per coloro che avevano conservato il più vantaggioso metodo retributivo, sostanziale cancellazione per le pensioni di anzianità.
La novità più significativa della riforma approvata con il decreto legge 201 è rappresentata dal fatto che il sistema pensionistico si fonderà su due tipologie principali di pensione:
- la nuova pensione di vecchiaia ordinaria, obbligatoria per legge
- pensione anticipata
La conseguenza maggiore delle misure previdenziali contenute nella manovra è quello di unificare l'età di uscita dal lavoro, che a regime (nel 2022) sarà per tutti di 67 anni, con la sola eccezione delle persone che hanno lavorato oltre 41-42 anni (pensione anticipata) o che hanno svolto lavori usuranti che potranno andare in pensione con le "vecchie" quote per le anzianità.
Naturalmente, continuano ad esistere anche altre forme di pensionamento: gli assegni di invalidità, le pensioni di inabilità, le pensioni ai superstiti e così via, la pensione integrativa (già introdotta dal 2005)
La riforma in definitiva ha ridefinito dal 2012 i requisiti di età anagrafica per la pensione di vecchiaia. In concreto, il nuovo requisito corrisponde a quello precedente di 65 di anni, al quale andava comunque aggiunta l'attesa per le "finestre", ora abolite.
Gli autonomi guadagnano sei mesi rispetto al sistema precedente. Resta in ogni caso la disciplina di adeguamento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico agli Incrementi della speranza di vita.
In pratica, dal 2013 in poi non esisterà più un'età fissa per la pensione di vecchiaia, perché tutti i requisiti (il discorso vale anche per la pensione anticipata). Saranno adeguati in modo costante alla speranza di vita.
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