Marco Melega è un imprenditore noto dapprima per aver lanciato la moneta complementare in Italia, successivamente per il suo coinvolgimento in un'indagine di frodi on-line. Lo scorso 23 novembre 2013 è stata pronunciata, presso il Tribunale di Cremona, la Sentenza di primo grado che lo ha visto gravato di una condanna di oltre 10 anni di carcere.
L'imprenditore, dopo circa 15 giorni, ha pubblicato una replica sul proprio sito web ove fa emergere il proprio dissenso rispetto a detto esito e fa pertanto presagire un ricorso in appello.
La replica di Melega è tagliente e rimanda con sarcasmo a lacune e contraddizioni che emergerebbero dalle stesse carte che ne hanno determinato la condanna in primo grado, senza celare qualche polemica su alcuni termini utilizzati dalla stampa.
In primis puntualizza il fatto di non essere mai sato "un faccendiere nullatenente sconosciuto al fisco" e pubblica le proprie dichiarazioni dei redditi depositate nel periodo immediatamente alla vicenda mostrando per un lordo annuo dichiarato di circa 750 mila euro oltre ad evidenziare come l'imprenditore di Cremona sia sempre stato proprietario diretto di beni e società di valore ingente.
Melega prosegue lamentando problematiche di compatibilità degli addebiti con la propria figura e punta, inoltre, il dito contro l'operato "dei signori dotati di distintivo della Guardia di Finanza" per l'assenza di intercettazioni telefoniche e perizie tecniche che avrebbero fornito un quadro più chiaro della vicenda.
L'imprenditore conclude quindi contestando la sentenza che gli appare emessa più "per logiche di budget" piuttosto che in virtù di dati oggettivi e dichiara che " solo una persona poco sana di mente, metterebbe a repentaglio il proprio benessere, un ingente patrimonio personale alla luce del sole, la propria reputazione costruita in circa 30 anni di carriera imprenditoriale, la serenità della propria famiglia per improvvisarsi un povero delinquente alla soglia dei 50 anni con l'obiettivo di "raccattare" somme di cui poteva già disporre senza sforzo alcuno nell'ambito delle proprie attività ordinarie".
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