Da: avv. Eugenio Gargiulo (eucariota@tiscali.it)
Il Tribunale può autorizzare i coniugi separati ad abitare sotto lo stesso tetto, nell'interesse del figlio minorenne!
Il principio generale è che la separazione e il divorzio prevedono l’attribuzione del diritto di abitare la casa coniugale al coniuge affidatario dei figli (c.d. assegnazione della casa coniugale).
Secondo la Corte Costituzionale (n. 454 del 1989) la “ratio” del diritto di abitazione della casa familiare consiste non nella semplice attribuzione ad uno dei coniugi di un titolo per poter usare l’abitazione, al fine di realizzare un personale vantaggio economico, ma, al contrario, l’assegnazione della casa familiare è “giustificata esclusivamente dall'interesse morale e materiale della prole, che ha interesse alla conservazione della comunità domestica” (tale valutazione è stata codificata nell’art. 155 quater c.c., il quale afferma che “il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli”). In altri termini, solo l’interesse dei figli a non subire ulteriori cambiamenti dovuti alla crisi familiare e solo l’interesse dei figli a conservare un minimo di continuità e regolarità di vita sono gli unici motivi che possono spingere a sacrificare (limitare) il diritto di proprietà.
Con la separazione, a seguito della sospensione dei doveri nascenti dal vincolo matrimoniale, viene meno la comunione materiale e spirituale tra i coniugi, tanto che questi, normalmente, scelgono residenze differenti. Tuttavia, in giurisprudenza, non mancano sentenze che autorizzano la coppia, ormai separata, a vivere ancora insieme, seppure solo temporaneamente, all’interno di quella che una volta era stata la casa familiare.
Ciò accade, di regola, in attesa che si provveda alla vendita dell’immobile adibito a tetto coniugale, oppure che uno dei due reperisca un’occupazione lavorativa. Spesso, infatti, le difficoltà di natura economica impediscono ai coniugi di potersi far carico degli esborsi connessi a una differente soluzione abitativa.
Talvolta, inoltre, esigenze di tutela dei figli potrebbero indurre i genitori, in casi eccezionali, a optare per una persistenza della coabitazione sino al raggiungimento della maggiore età della prole. A tal proposito, è bene precisare che, giuridicamente, coabitazione e convivenza assumono due significati del tutto diversi.
Del resto, mentre la prima va intesa come semplice condivisione fisica della medesima abitazione, la convivenza presuppone, invece, una comunanza affettiva e sentimentale della quotidianità. Ciò premesso, con la separazione in casa, si assiste, quindi, al permanere della coabitazione con l’interruzione della convivenza.
Non sempre l'unione matrimoniale tra due persona va a buon fine. Spesso nascono incomprensioni, divergenze caratteriali, vari cambiamenti negativi all'interno della coppia che possono condurre alla fine del matrimonio. A livello umano e familiare, soprattutto se ci sono di mezzo anche i figli, la fine di un'amore è un momento davvero difficile da affrontare. In questi casi inoltre, i due coniugi decidono solitamente di separarsi o divorziare. Durante la separazione è altresì possibile che per motivi di natura, in primis economico, e logistica, si sia costretti a coabitare nello stesso luogo; tale tipo di annullamento matrimoniale è definito “separazione in casa”.
Ed è proprio questo il caso recentemente sottoposto al vaglio del Tribunale di Foggia, relativo ad una coppia di giovani coniugi, con un figlio di 4 anni che, dopo essersi separati “consensualmente” , per il bene del minore hanno deciso di continuare a vivere nella stessa casa, e sono stati autorizzati a questo da un provvedimento giudiziario proprio dei magistrati dauni.
Sul delicato argomento interviene l’avv. Eugenio Gargiulo, 46 anni di Foggia, già noto per essere stato recentemente proclamato dall’autorevole Google Zeitgeist come il “legale italiano più cliccato sul web” , il quale evidenzia come , seppur non si riscontrino precedenti in giurisprudenza, la richiesta dei due ex coniugi foggiani separati era sicuramente ammissibile e legittima e, quindi, degna di un provvedimento di accoglimento da parte del Tribunale.
La separazione dei coniugi – spiega l’avv. Eugenio Gargiulo - normalmente, presuppone la cessazione della comunione materiale e spirituale del matrimonio, oltre che l'accadimento di fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza matrimoniale o da recare grave pregiudizio all'educazione della prole. Lo stesso termine “separazione” presuppone che i coniugi prendano strade diverse, ossia residenze diverse, in ragione della sospensione degli obblighi coniugali.
Tanto premesso, sono numerose le sentenze in cui il giudice ha autorizzato temporaneamente i coniugi separati a vivere sotto lo stesso tetto (ossia senza che uno dei due coniugi spostasse la sua residenza altrove). Ad esempio, i coniugi sono autorizzati a vivere sotto lo stesso tetto, fino al momento della vendita dell'abitazione familiare intestata al 50% ad entrambi.
I coniugi sono autorizzati a vivere sotto lo stesso tetto, fino a quando ad esempio, il marito cassaintegrato non troverà un lavoro che gli permetta di prendere autonomamente casa in locazione.
Si tratta di situazioni temporanee ed eccezionali. Nel caso sottoposto al vaglio del Tribunale di Foggia, i coniugi hanno invece chiesto al giudice di vivere sotto lo stesso tetto, senza quindi spostare la residenza del marito, fino al raggiungimento della maggiore età del figlio minore!
Del resto la stessa Corte di Cassazione- continua l’avv. Eugenio Gargiulo -, con la rivoluzionaria sentenza n. 3323 del 2000 con cui la I Sez. Civile della Suprema Corte ha stabilito che i coniugi "separati in casa" possano ottenere la sentenza di scioglimento degli effetti civili del matrimonio (divorzio), pur avendo continuato a vivere sotto lo stesso tetto, durante la separazione legale, in quanto ciò che è rilevante è che non ci sia stata la riconciliazione intesa come "comunione spirituale", ossia la volontà di"riservare al coniuge la posizione di esclusivo compagno di vita". Si trattava di una “separazione in casa”, in quanto i coniugi, pur continuando a vivere nella stessa casa, provvedevano autonomamente alle rispettive necessità, dividendo la casa coniugale in due ambienti distinti, consumando i pasti separatamente, dormendo in camere separate, disinteressandosi della vita dell’altro coniuge.
Pertanto ,sebbene il giudice possa omologare una separazione che preveda la coesistenza dei due coniugi sotto lo stesso tetto coniugale,- conclude l’avv. Eugenio Gargiulo- è consigliabile ugualmente che uno dei coniugi sposti la propria residenza altrove, laddove il giudice non fosse d'accordo con la proposta comune, ossia la “separazione in casa” dei coniugi nell'interesse dei figli minorenni.
Chiaramente, da non sottovalutare sono i problemi che potrebbero aversi nel caso in cui uno dei due coniugi, intenzionato, per vari motivi, a opporsi alla pronuncia divorzile, eccepisse un’effettiva riconciliazione, riferendosi proprio alla condivisione quotidiana dello stesso immobile.
Se ciò accadesse, si renderebbe necessario dimostrare che la scelta di coabitare non rappresenti una ripresa della convivenza dettata da motivi di affetto, ma costituisca una condizione dovuta a ragioni di opportunità, eventualmente frutto di un accordo tra le parti. In sede di giudizio, si dovranno poi portare a conoscenza del Giudice tutti gli elementi utili da cui desumere l’effettiva situazione esistente tra i coniugi, tenendo presente che l’Autorità Giudiziaria resterà libera di valutare le prove secondo il proprio convincimento!
Foggia, 22 febbraio 2017 avv. Eugenio Gargiulo
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