Il segretario nazionale e la segreteria nazionale FSI-CNI, esprimono la massima solidarietà alla collega aggredita presso il pronto soccorso del P.O. Vittorio Emanuele di Catania il 26 settembre, ed a tutti i colleghi dell'area catanese, più volte coinvolti in questi ultimi anni in fenomeni di aggressioni da parte dell'utenza, nei pronto soccorso, al 118 e nelle psichiatrie, che rischiano spesso la loro incolumità personale per garantire il bene della salute pubblica. Tale vile atto va ad aggiungersi ad altri episodi di violenza negli ospedali italiani a cui, purtroppo, non segue un provvedimento ministeriale adeguato a fronteggiarli". E' quanto dichiara il segretario nazionale FSI-CNI, Michele Schinco.
"Sfortunatamente le istituzioni solo in seguito a queste violente aggressioni, per qualche giorno manifestano sui mass media proposte ed iniziative per dare più sicurezza agli operatori sanitari, seguiti poi dal silenzio e dai continui tagli. La FSI a livello nazionale ha rivendicato e sta rivendicando maggiore sicurezza e dignità nelle sedi di lavoro che attualmente, nelle aree di emergenza, viene svolto in condizioni di estremo disagio".
Da anni la FSI sta ponendo il problema, sulla situazione di violenza e aggressività verso infermieri e professionisti della sanità, al centro dei suoi interventi nei confronti delle autorità preposte alla garanzia della sicurezza dei luoghi di lavoro; il fenomeno è in espansione, amplificato dai continui provvedimenti di legge che sminuiscono la professionalità delle professioni sanitarie, dove minacce ed aggressioni sul posto di lavoro mettono a rischio anche la vita.
"Questa segreteria – spiegano Calogero Coniglio, segretario regionale del Coordinamento Nazionale Infermieri-Fsi e Vincenzo Messina, segretario territoriale della FSI Federazione Sindacati Indipendenti è da 4 anni che lotta. Abbiamo esposto il fenomeno dell'aumento delle aggressioni ospedaliere nelle denunce presentate alle 9 Procure siciliane, alle Prefetture, ai sindaci. Abbiamo presentato sulle aggressioni e la carenza di personale, quest'ultima anche causa di lunghe lista d'attesa che alimenta le aggressioni, 3 interrogazioni parlamentari alla Camera e al Senato ai Ministri Lorenzin e Alfano, e in audizione lo scorso mese in VI commissione regionale sanità all'ARS alla presenza dell'On. Di Giacomo. Dopo incontro con il Questore di Catania, siamo riusciti a far raddoppiare la sorveglianza nel Pronto Soccorso dell'ospedale Vittorio Emanuele di Catania dove sono adesso operativi due vigilantes in più: uno armato all'esterno e uno disarmato dentro, nel corridoio del Pronto Soccorso. Ma ancora c'è molto da fare".
"Il fenomeno è aggravato anche da chi promuove vergognose campagne mediatiche aggressive di istigazione alla denuncia, messaggi come questo non fanno altro che peggiorare il rapporto cittadino-operatore - dichiara Schinco - La FSI si batte nei dicasteri competenti contro i tagli alla sanità che minacciano la salute e il diritto alle cure, dei quali la FSI si è sempre e sempre si porrà, a difesa dei cittadini e degli operatori sanitari. Alla collega aggredita va ovviamente la solidarietà di tutte le professioni sanitarie e la rassicurazione che non sarà lasciata sola. La segreteria regionale della FSI-CNI Sicilia valuterà la possibilità di costituirsi parte civile in favore della collega nel processo contro l'aggressore, per la salvaguardia della dignità di una professionista che non può rischiare la vita per portare a casa uno stipendio".
"Sfortunatamente le istituzioni solo in seguito a queste violente aggressioni, per qualche giorno manifestano sui mass media proposte ed iniziative per dare più sicurezza agli operatori sanitari, seguiti poi dal silenzio e dai continui tagli. La FSI a livello nazionale ha rivendicato e sta rivendicando maggiore sicurezza e dignità nelle sedi di lavoro che attualmente, nelle aree di emergenza, viene svolto in condizioni di estremo disagio".
Da anni la FSI sta ponendo il problema, sulla situazione di violenza e aggressività verso infermieri e professionisti della sanità, al centro dei suoi interventi nei confronti delle autorità preposte alla garanzia della sicurezza dei luoghi di lavoro; il fenomeno è in espansione, amplificato dai continui provvedimenti di legge che sminuiscono la professionalità delle professioni sanitarie, dove minacce ed aggressioni sul posto di lavoro mettono a rischio anche la vita.
"Questa segreteria – spiegano Calogero Coniglio, segretario regionale del Coordinamento Nazionale Infermieri-Fsi e Vincenzo Messina, segretario territoriale della FSI Federazione Sindacati Indipendenti è da 4 anni che lotta. Abbiamo esposto il fenomeno dell'aumento delle aggressioni ospedaliere nelle denunce presentate alle 9 Procure siciliane, alle Prefetture, ai sindaci. Abbiamo presentato sulle aggressioni e la carenza di personale, quest'ultima anche causa di lunghe lista d'attesa che alimenta le aggressioni, 3 interrogazioni parlamentari alla Camera e al Senato ai Ministri Lorenzin e Alfano, e in audizione lo scorso mese in VI commissione regionale sanità all'ARS alla presenza dell'On. Di Giacomo. Dopo incontro con il Questore di Catania, siamo riusciti a far raddoppiare la sorveglianza nel Pronto Soccorso dell'ospedale Vittorio Emanuele di Catania dove sono adesso operativi due vigilantes in più: uno armato all'esterno e uno disarmato dentro, nel corridoio del Pronto Soccorso. Ma ancora c'è molto da fare".
"Il fenomeno è aggravato anche da chi promuove vergognose campagne mediatiche aggressive di istigazione alla denuncia, messaggi come questo non fanno altro che peggiorare il rapporto cittadino-operatore - dichiara Schinco - La FSI si batte nei dicasteri competenti contro i tagli alla sanità che minacciano la salute e il diritto alle cure, dei quali la FSI si è sempre e sempre si porrà, a difesa dei cittadini e degli operatori sanitari. Alla collega aggredita va ovviamente la solidarietà di tutte le professioni sanitarie e la rassicurazione che non sarà lasciata sola. La segreteria regionale della FSI-CNI Sicilia valuterà la possibilità di costituirsi parte civile in favore della collega nel processo contro l'aggressore, per la salvaguardia della dignità di una professionista che non può rischiare la vita per portare a casa uno stipendio".
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