I dati: il Comune di Cori con 59 aziende e circa 165,5 ettari coltivati a kiwi è il 5° paese pontino produttore di actinidia, preceduto solo da Cisterna, Latina, Aprilia e Sermoneta. Dall'inizio del 2000, nello stesso comprensorio, circa 4000 ettari vitati e olivetati sono stati sostituiti dal kiwi, ed oggi questa è tra le zone italiane a maggiore concentrazione di impianti specializzati (quasi 2000).
"È necessario arrestare l'espansione indiscriminata delle coltivazioni di kiwi nel nostro territorio e rilanciare quelle tipiche della vite e dell'olivo." È questa l'esortazione del Sindaco di Cori Tommaso Conti alle istituzioni preposte e agli operatori del settore alla luce dell'attuale situazione agricola locale, caratterizzata nell'ultimo ventennio da un aumento eccessivo delle piantagioni di actinidia nella provincia di Latina e nell'area nord in particolare.
A leggere i dati dell'ultimo censimento dell'agricoltura la questione coinvolge anche il Comune di Cori che con 59 aziende e circa 165,5 ettari coltivati a kiwi è il 5° paese pontino produttore di actinidia, preceduto solo da Cisterna, Latina, Aprilia e Sermoneta. Dall'inizio del 2000, nello stesso comprensorio, circa 4000 ettari vitati e olivetati sono stati sostituiti dal kiwi, ed oggi questa è tra le zone italiane a maggiore concentrazione di impianti specializzati (quasi 2000).
Una crescita incentivata anche da un'errata programmazione agricola degli enti pubblici sovracomunali, col finanziamento delle imprese che impiantano kiwi al posto di vite e olivo, in nome di una maggiore redditività del prodotto, che però potrebbe in futuro venire meno a fronte di una sovrapproduzione di questa pianta ornamentale da giardino di origini cinesi del tutto slegata dalla fisionomia indigena dell'agro pontino e delle colline lepine.
"Oltre a rappresentare un problema dal punto di vista paesistico – spiega il primo cittadino corese - le coltivazioni di kiwi stanno determinando problemi all'approvvigionamento idrico, in quanto comportano ingenti consumi di acqua che determinano un abbassamento della falda – e puntualizza – per non parlare del fatto che molti dei pozzi da cui si attinge acqua per le colture non sono neppure censiti e dunque non si paga nulla per il suo utilizzo."
Da qui l'invito per un impegno collettivo ed immediato a recuperare e valorizzare le colture autoctone come l'olivo e la vite che per secoli hanno costituito i pilastri dell'economia rurale di terre come il Lazio perché, afferma il Sindaco Conti – "nelle realtà come Cori dove si lavora e si investe in questa direzione con un sapiente mix di innovazione e tradizione, i risultati e le soddisfazioni non mancano, sia per i produttori che per l'intero indotto."
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