COS'E' COSA NON E'
Atti di intimidazione,
sopraffazione, oppressione fisica e/o psicologica commessi da un
soggetto "forte" (bullo) nei confronti di uno "debole" (vittima) in
modo intenzionale e ripetuto nel tempo Comportamento aggressivo,
violenza
Aggressioni fisiche: calci, pugni, sottrazione di beni Atto
antisociale, vandalismo
Aggressioni verbali: minacce, offese, insulti,
prese in giro Devianza
Violenze psicologiche: esclusione, isolamento,
diffusione di calunnie Criminalità
UNA DEFINIZIONE OPERATIVA
"Un
atto di aggressione consapevole e volontario, perpetrato in maniera
persistente e organizzata da uno o più individui nei confronti di uno o
più individui".
Come l'aggressività, il bullismo è diretto a procurare
danno a persone o cose, ma mentre la prima può essere occasionale, il
secondo è sempre INTENZIONALE e SISTEMATICO.
CARATTERISTICHE
PREVALENTI DEL FENOMENO
1. Esiste una differenza di potere tra il
bullo e la vittima. Il bullo, prima di agire, valuta la forza (fisica o
psicologica) della vittima e il suo grado di isolamento sociale per
garantirsi dal rischio della ritorsione;
2. l'azione del bullo è
organizzata e sistematica, si accompagna a precedenti che assicurano l'
efficacia del comportamento lesivo e a strategie che, dopo l'azione,
debbano inibire l'istinto della vittima a denunciare l'episodio;
3. è
un comportamento ripetitivo e persistente nel tempo che si focalizza
sulla stessa vittima(e);
4. il bullo può agire con l'appoggio di
complici che – oltre a sorreggerlo nei suoi atti – possono svolgere la
funzione di copertura delle responsabilità di fronte a terzi;
5. la
vittima non è in grado di difendersi e teme perfino di riferire l'
accaduto e chiedere aiuto perché è ancora più spaventata dalle
ritorsioni; anche eventuali spettatori delle imprese nullistiche cadono
negli stessi timori di rappresaglia. La presenza di spettatori, più che
frenare la manifestazione dei comportamenti aggressivi, potrebbe essere
uno stimolo ulteriore;
6. la vittima del bullo viene de-umanizzata,
ossia perde progressivamente l'autostima, matura una psicologia di
sottomissione e, paradossalmente, questa soggezione alleggerisce il
senso di colpa nel bullo, nei complici e negli stessi spettatori.
CLASSIFICAZIONE DEL COMPORTAMENTO
DISTURBANTE E AGGRESSIVO A SCUOLA
LIVELLO TIPOLOGIA ALLIEVO COMPORTAMENTO
Primo livello Allievo
irritabile Non tollera divieti e regole; non esegue le consegne; può
presentare problemi di attenzione, iperattività…
Non VOGLIONO
contrapporsi agli adulti, piuttosto hanno una capacità limitata di
autoregolazione e adattamento ad un ambiente che, come la scuola,
presenta richieste elevate e complesse.
Un'accorta lettura e
osservazione da parte dei docenti, comporta un rafforzamento della
relazione dialogica e un graduale apprendimento di regole e
comportamenti interattivi
Secondo livello Allievo indisciplinato
Atteggiamento oppositivo e di esplicito rifiuto delle regole della
scuola, con tratti provocatori con esplicita aggressività verbale
diretta sia verso i compagni, sia verso i docenti.
Gli insegnanti si
sentono "disarmati" e, spesso, del tutto ignorati dalla famiglia. Ciò
nonostante si sforzano di agire sulla motivazione, col coinvolgimento,
sulla strutturazione delle contingenze ambientali…
Terzo livello
Allievo minaccioso Compare una chiara e frequente aggressività
eterodiretta. Collera e minacce contro gli altri diventano quotidiane e
si indirizzano sempre più spesso verso i compagni (e i docenti)
considerati più deboli.
L'osservazione di tali comportamenti implica
che gli insegnanti debbano GIA' predisporre strategie antibullismo in
collaborazione con i colleghi ed il pieno coinvolgimento della
famiglia.
Quarto livello Allievo bullo Sono evidenti tutte le
caratteristiche che, con frequenza variabile, si esternano come minacce
ai compagni e, talvolta, ai docenti, danneggiamenti volontari di arredi
e attrezzature scolastiche, comportamenti lesivi degli altri.
In
presenza di tali soggetti non basta predisporre le opportune tecniche d'
intervento, ma occorre adottare da parte delle scuola UNA POLITICA
ANTIBULLISMO esplicitata nel POF (preventivamente nota, condivisa),
concordata con le famiglie formalmente coinvolte, al fine di rendere
note, trasparenti e praticabili le azioni sanzionatorie e di
risarcimenti sociali verso la comunità scolastica lesa e offesa.
Quinto
livello Allievo violento Oltre il bullismo: episodi di violenza di
particolare gravità cui non deve far fronte solo la scuola, ma le
istituzioni impegnate nell'area della devianza giovanile, della
criminalità.
LE CARATTERISTICHE DEL COMPORTAMENTO DI BULLO
Aggressività rivolta principalmente verso i compagni, ma anche verso i
genitori e gli insegnanti.
I bulli hanno il bisogno di dominare e si
dimostrano spesso impulsivi.
Vantano spesso la propria superiorità,
vera o presunta, sono collerici e hanno bassa tolleranza alla
frustrazione.
Manifestano grosse difficoltà nel rispettare le regole
e nel tollerare contrarietà e ritardi.
Tentano di utilizzare l'
inganno per trarre benefici.
Si dimostrano abili nelle attività
sportive e sanno trarsi d'impaccio dalle situazioni difficili.
Non
presentano ansia e insicurezze.
Sono connotati da un modello reattivo
aggressivo associato, se maschi, alla forza fisica .
I bulli hanno
generalmente una buona considerazione di se stessi.
Il rendimento
scolastico è vario e tende ad abbassarsi con l'aumentare dell'età, con
un parallelo aumento di atteggiamenti negativi verso la scuola.
Con l'
età il bullismo tende a trasformarsi in un disturbo della condotta di
tipo antisociale, con abuso di sostanze.
All'interno del gruppo vi
possono essere i cosiddetti bulli passivi, seguaci o sobillatori, che
non partecipano attivamente agli episodi di bullismo.
LE
CARATTERISTICHE DEL COMPORTAMENTO DI VITTIMA
Solitamente più ansiose
e insicure, spesso caute, sensibili e calme.
Se attaccate, reagiscono
chiudendo in se stessi o, se piccoli, piangendo.
Talvolta soffrono
anche di scarsa autostima ed hanno una opinione negativa si sé e della
propria situazione.
Sono connotati da un modello reattivo ansioso o
sottomesso associato, soprattutto nei maschi, ad una debolezza fisica,
rinforzata negativamente dall'ambiente.
Tali atteggiamenti sono
sempre a svantaggio della vittima perché non possiede le abilità per
affrontare la situazione o, se le possiede, non le padroneggia in modo
efficace.
A scuola vivono in una condizione di solitudine e
abbandono.
Manifestano particolari preoccupazioni rispetto al proprio
corpo, non sono fisicamente sicuri e potenti, non sono aggressivi, non
amano prendere in giro i compagni, piuttosto hanno difficoltà ad
affermare se stessi nel gruppo.
Il rendimento scolastico è vario e
tende a peggiorare alle medie / superiori.
Queste caratteristiche
sono tipiche delle vittime definite passive o sottomesse, che segnalano
agli altri insicurezza, incapacità impossibilità o difficoltà a
reagire.
Esiste poi un altro tipo di vittima: la vittima
provocatrice, caratterizzata da una combinazione di modalità di
reazione ansiose e aggressive.
Possono essere iperattivi, inquieti e
offensivi.
Tendono a controbattere e possono essere sgraditi anche
agli adulti.
Hanno la tendenza a prevaricare i compagni più deboli.
Sono esposti a rischio di depressione.
In tutti i casi, le vittime
presentano fin dall'infanzia un atteggiamento prudente e una forte
sensibilità.
Nell'età adulta risultano a rischio di criminalità molto
al di sotto della media.
BULLO E VITTIMA: IL DISAGIO SOTTOSTANTE
o
ENTRAMBI I MODELLI REATTIVI sono inadeguati, appresi dall'ambiente.
o
Determinano effetti positivi a breve termine, e perciò si rinforzano,
ma a lungo termine producono disagio nella persona che li emette.
o
Occorrono interventi precoci per evitare l'esordio di veri e propri
disturbi.
o In particolare il modello reattivo ansioso (tipico della
vittima) conduce ad evitare le situazioni che si considerano
potenzialmente pericolose (fobie, depressione, ecc…).
o Il modello
reattivo aggressivo (tipico del bullo) può dar luogo a dipendenza,
comportamenti delinquenziali, ecc…
Anche se non si sfocia nel
disturbo, nella patologia, entrambi i modelli reattivi comportano
problematiche, si strutturano in tipologie di personalità che non sono
in grado di adeguarsi alle richieste dell'ambiente.
Una personalità
ansiosa rinuncerà ad esprimere i propri bisogni, eviterà il conflitto e
diventerà una persona insicura e passiva.
Una personalità aggressiva
cercherà di imporsi sempre sugli altri, vivendo le relazioni in una
costante conflittualità, rischiando l'isolamento dagli altri.
In una
prospettiva di intervento e di prevenzione occorre quindi agire non
solo SUL fenomeno in sé e sulle sue manifestazioni, ma anche SULLE
competenze sociali sia della vittima che dell'aggressore.
COME?
Migliorando le abilità di comunicazione
Migliorando le competenze per
riconoscere ed esprimere le proprie emozioni
Di conseguenze,
facilitando la comprensione delle emozioni altrui
Raggiungendo, tramite
l'autoconoscenza, le capacità di assertività
Rispettando l'altrui PARI
DIGNITA'
L'APPROCCIO PSICOEDUCATIVO
Lo sviluppo filogenetico ha
consentito al cervello umano la capacità di comprendere il linguaggio
non verbale delle emozioni (universale, invariante), così come di
condividere diritti umani naturali = valori di base (individualità,
dignità, rispetto, amore, ecc…)
Mettere a tacere tali capacità innate
significa esercitare sul cervello un forte condizionamento, ad opera di
processi di dis-educazione, imitazione di modelli negativi,
acquisizione di vantaggi secondari.
Di conseguenza, una educazione
fisiologica, basata su principi universalmente riconoscibili, che
rispettino la valorialità intrinseca nell'essere umano, dovrebbe
CONDURRE o RIPRISTINARE, a livello ontogenetico, I CONTENUTI PREVISTI
DALLO SVILUPPO FISIOLOGICO DELL'INDIVIDUO UMANO, in cui, come detto:
IL SOGGETTO DEVE PERCEPIRE QUANTO PIU' POSSIBILE DI ESSERE
UN
INDIVIDUO
DEGNO
RISPETTATO
AMATO
Nella crescita di un individuo, le
principale agenzie di socializzazione e di educazione ISTITUZIONALMENTE
preposte sono LA FAMIGLIA e LA SCUOLA.
Che finalità esplicite hanno?
Quanto condividono le rispettive finalità?
Quanto collaborano?
Quanto si legittimano a vicenda?
E quanto sono (de)legittimate dalle
altre agenzie di socializzazione e di "educazione" informali cui
attingono i bambini/adolescenti (TV, videogiochi, gruppi dei pari,
associazioni di varia natura, ecc…)?
In altre parole, FAMIGLIA E
SCUOLA dovrebbero collaborare nel rendere i bambini/adolescenti
SOGGETTI
DEGNI
RISPETTATI
AMATI
in un clima di comunicazione aperta,
condivisa, circolare, supportiva, assertiva, finalizzata.
A scuola e
in famiglia dovrebbe sussistere coerenza e continuità educativa, come
valori di base e strumenti formativi, condivisi, esplicitati e
verificati in un contesto di dialogo.
Da tutte le forme di
"separazione" i bambini/adolescenti traggono un disagio (conflitto) e
la ricerca di benefici secondari (approfittando della non
comunicazione, incoerenza degli adulti).
Se nell'ambiente familiare il
bambino esperisce la carenza di cure materne, la privazione del padre,
la disgregazione familiare, egli sarà predisposto ad un futuro
comportamento aggressivo nei confronti di una situazione nella quale
non può trovare alcun sostegno.
D'altronde una scuola non autorevole,
incapace di porsi come ambiente di raccordo/mediazione tra il privato e
il mondo ("maestra di vita"), delegittimata dal ruolo educativo e
investita solo di competenze istruttive, non può che produrre, a sua
volta, "laboratorio di disagio" nei soggetti affidatile.
Di
conseguenza, famiglia e scuola devono collaborare nell'intento
formativo-educativo, in generale, sempre, ANCHE per la prevenzione ed
il trattamento di episodi di bullismo.
La scuola al riguardo deve
sentire forte la propria prerogativa istituzionale, esplicitare il
proprio mandato di socializzazione e richiedere la collaborazione delle
famiglie, in tutti i modi possibili, per rafforzare le competenze
sociali dei bambini e degli adolescenti.
Scuola e Famiglia devono
cooperare affinché:
o siano espressi e comunicati i valori di
riferimento a cui rifarsi, percependo l'intervento reciproco come una
positiva alleanza educativa e non come ingerenza,
o si crei un ambiente
scolastico caratterizzato dalla comunicazione scuola-famiglia, aperta,
coinvolgente e supportava,
o si crei un ambiente educativo sia in
famiglia sia a scuola caratterizzato da affetto e coinvolgimento
emozionale da parte degli adulti che sostengono i bambini/adolescenti,
pronti ad intervenire preventivamente, pedagogicamente con finalità di
promozione di interessi positivi,
o il rapporto adulto-bambino
(genitore figlio e docente alunno) deve essere caratterizzato comunque
da saldi punti di riferimento che richiamano un'autorevolezza forte,
presente, coerente.
Queste linee di condotta sono da costruire
insieme, anche attraverso una serie di interventi ad hoc finalizzati a
conoscere i vissuti degli bambini/adolescenti, sui quali intervenire a
scopo preventivo e correttivo.
A tal fine,
o vi deve essere
consapevolezza dei genitori, degli insegnanti, degli adulti in genere,
di quali sono i sentimenti profondi dei ragazzi, nonché il desiderio di
condividere propositi operativi per intervenire e cambiare le cose;
o
questo è possibile, oltre che con una sistematica comunicazione
efficace tra tutti gli interessati, anche con l'utilizzo di questionari
rivolti agli alunni, agli insegnanti, ai genitori,
o organizzazione di
incontri, conferenze, all'interno della scuola stessa per presentare i
problemi emersi, in particolare il bullismo,
o una migliore
supervisione durante gli orari in cui non vi è lezione,
o tempestività
di intervento,
o incontri tra insegnanti, genitori, bulli e vittime.
In allegato vengono forniti esempi di attività e questionari ad uso
della scuola, tra i più utilizzati a livello internazionale.
CONCLUSIONI
I bulli e le loro vittime sono, a scuola, la
rappresentazione dei problemi della nostra società.
Ragazzi senza una
guida autorevole (in famiglia e a scuola), esposti a modelli reattivi
disfunzionali propinati loro da adulti oggetti di pulsioni e
condizionati da memorie (più che soggetti di finalità verso cui
attivamente adoperarsi, nel rispetto della pari dignità degli altri),
ragazzi che non vengono guidati nella formazione di una personalità
efficace in sintonia con le proprie inclinazioni, in cui tali
inclinazioni diventano "nevrotiche" modalità di porsi in relazione agli
altri, sono ragazzi, appunto, che meritano tutta la nostra attenzione
ed il nostro rispetto di educatori. A nulla valgono punizioni sempre
più severe ed esemplari se non diamo loro (siano essi bulli o vittime)
la tangibile certezza di essere ascoltati, rispettati, consigliati con
partecipazione emozionale profonda, senza giudizio sulla persona, in un
dialogo franco e autorevole che sappia rendere giustizia all'essere
UMANO che è in ciascuno.
E' in assenza di tale valorialità condivisa
che l'individuo si avvia sulla strada del disagio, con le modalità
personali cui può permettersi di accedere.
Da educatori, insegnanti,
genitori, non dobbiamo pensare all'allievo prepotente, al bambino
debole, al figlio difficile: piuttosto dobbiamo "sentire"
(empaticamente) e dare voce (sostenere) all'essere umano che è dentro
di lui/lei, che soffre in un ambiente disfunzionale, e contribuire a
riportarlo alla sua fisiologia emozionale e valoriale affinché possa
considerarsi, come detto, un SOGGETTO comunque degno, rispettato,
amato.
Dott.ssa Marisa Nicolini
Psicologa scolastica, psicoterapeuta
CTU del Tribunale Civile e Penale di Viterbo
Centro Visana Viterbo
Via
Lega dei Dodici Popoli, 27
Cell. 328 8727581
m_nicolini@virgilio.it