CORONAVIRUS, GIORLANDINO: NON INVESTIRE SU TEST ANTICORPI
L'ESPERTO: RICERCARE IMMUNITÀ NON HA VALORE, PUNTARE SU PREVENZIONE
"Investire risorse non sui test sierologici per la ricerca di anticorpi contro il Covid-19 ma nella prevenzione dei soggetti a rischio con l'acquisto e la distribuzione gratuita di mascherine, guanti, disinfettanti e ogni altro dispositivo di protezione individuale". E' quanto afferma Claudio Giorlandino, ginecologo, Direttore Sanitario Gruppo Sanitario Altamedica e direttore generale dell'Italian College of Fetal Maternal Medicine, a seguito dei risultati di un'analisi epidemiologica condotta dal Centro Altamedica al fine di verificare su soggetti sottoposti a test sierologici l'esposizione all'infezione e lo stato di immunità completa.
"Tutti gli studi epidemiologici eseguiti finora in Italia e all'estero, compreso quello condotto da Altamedica, dicono che la gente ha contratto il virus dal 4% al 6-7%. E di questi solo in un'esigua percentuale si riscontrerebbe una piena immunità al virus - spiega Giorlandino - Da questi numeri si evince che il cosiddetto 'patentino di immunità' non ha alcun valore e utilità e, allo stesso tempo, che la scelta sanitaria di screenare tutta la popolazione italiana risulta priva di senso, costituendo uno spreco di risorse che potrebbero essere meglio impiegate in altro modo. I soldi vanno spesi bene, non per sapere quanta gente ha contratto il virus ma per proteggere il 90% che non ha ancora contratto l'infezione".
"E' stata istituita una commissione per stabilire quale dei test diagnostici debba essere utilizzato; è anche questa una stranezza dal momento che i test diagnostici sono tutti validati CE, quindi sono tutti più o meno buoni. In tutta Europa è quella la validazione, non la scelta effettuata da una commissione. E intanto mentre ai privati si darà l'opportunità di fare studi di sierosorveglianza su un test prescelto si vieta di eseguire tamponi per la ricerca diretta del virus. I tamponi sono fondamentali dal punto di vista diagnostico per verificare se una persona è infetta e, quindi, se può infettare gli altri. Ma, e anche questo è incomprensibile, possono essere eseguiti solo in un numero ristretto di strutture pubbliche che spesso hanno meno esperienza dei privati. Perché si gettano soldi in studi inutili di sorveglianza mentre si continua a limitare il numero dei laboratori che possono monitorizzare direttamente chi è infetto e può trasmettere l'infezione? E' anche questo ad allungare i tempi, a impedire a volte che un soggetto effettivamente malato sia preso in carico in tempo. Lo Stato farebbe meglio a impiegare i fondi nella prevenzione e nel supporto sociale".
L'ESPERTO: RICERCARE IMMUNITÀ NON HA VALORE, PUNTARE SU PREVENZIONE
"Investire risorse non sui test sierologici per la ricerca di anticorpi contro il Covid-19 ma nella prevenzione dei soggetti a rischio con l'acquisto e la distribuzione gratuita di mascherine, guanti, disinfettanti e ogni altro dispositivo di protezione individuale". E' quanto afferma Claudio Giorlandino, ginecologo, Direttore Sanitario Gruppo Sanitario Altamedica e direttore generale dell'Italian College of Fetal Maternal Medicine, a seguito dei risultati di un'analisi epidemiologica condotta dal Centro Altamedica al fine di verificare su soggetti sottoposti a test sierologici l'esposizione all'infezione e lo stato di immunità completa.
"Tutti gli studi epidemiologici eseguiti finora in Italia e all'estero, compreso quello condotto da Altamedica, dicono che la gente ha contratto il virus dal 4% al 6-7%. E di questi solo in un'esigua percentuale si riscontrerebbe una piena immunità al virus - spiega Giorlandino - Da questi numeri si evince che il cosiddetto 'patentino di immunità' non ha alcun valore e utilità e, allo stesso tempo, che la scelta sanitaria di screenare tutta la popolazione italiana risulta priva di senso, costituendo uno spreco di risorse che potrebbero essere meglio impiegate in altro modo. I soldi vanno spesi bene, non per sapere quanta gente ha contratto il virus ma per proteggere il 90% che non ha ancora contratto l'infezione".
"E' stata istituita una commissione per stabilire quale dei test diagnostici debba essere utilizzato; è anche questa una stranezza dal momento che i test diagnostici sono tutti validati CE, quindi sono tutti più o meno buoni. In tutta Europa è quella la validazione, non la scelta effettuata da una commissione. E intanto mentre ai privati si darà l'opportunità di fare studi di sierosorveglianza su un test prescelto si vieta di eseguire tamponi per la ricerca diretta del virus. I tamponi sono fondamentali dal punto di vista diagnostico per verificare se una persona è infetta e, quindi, se può infettare gli altri. Ma, e anche questo è incomprensibile, possono essere eseguiti solo in un numero ristretto di strutture pubbliche che spesso hanno meno esperienza dei privati. Perché si gettano soldi in studi inutili di sorveglianza mentre si continua a limitare il numero dei laboratori che possono monitorizzare direttamente chi è infetto e può trasmettere l'infezione? E' anche questo ad allungare i tempi, a impedire a volte che un soggetto effettivamente malato sia preso in carico in tempo. Lo Stato farebbe meglio a impiegare i fondi nella prevenzione e nel supporto sociale".
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