GINEVRA, 29 dicembre 2004, (BWNS) — Nella grande città meridionale di Ahvaz la salma di un baha’i è stata trattenuta per quasi due mesi nell’obitorio, perché i funzionari locali si sono rifiutati di rilasciare il permesso per la sua sepoltura.
Shamel Bina è trapassato il 28 ottobre ma è rimasto insepolto, malgrado i numerosi appelli della famiglia e di altri, che invano si sono rivolti a molti funzionari, dal governatore generale all’imam della preghiera del venerdì.
L’agonia della famiglia è aggravata dal fatto che, qualche mese fa, il cimitero baha’i della città è stato chiuso dalle autorità, che hanno bloccato e murato l’ingresso al cimitero circondato da mura.
L’episodio è il più recente di una serie di episodi negli ultimi mesi che hanno visto i funzionari iraniani impedire o interferire con la sepoltura di defunti baha’i o decretare la distruzione dei loro cimiteri, apparentemente nel corso di una campagna per costringere i baha’i a rinnegare la propria identità religiosa.
In un’altra città, Semnan, i baha’i sono stati informati che per ottenere il permesso di seppellire i loro parenti deceduti dovevano firmare un impegno. Il modulo chiedeva che si impegnassero a non apporre nessun segno sulla tomba tranne il nome e la data di nascita e di morte e a non creare alcuno spazio verde nel cimitero, perché questo era considerato una promozione della loro fede. Un ordine come questo è stato dato all’inizio dell’anno per il cimitero baha’i di Sangsar.
«Negli ultimi anni oltre 40 cimiteri baha’i sono stati attaccati, devastati o chiusi e in molti casi la sepoltura di un baha’i è stata bloccata o ostacolata dalle autorità», ha detto Diane Ala’i, rappresentante della Baha’i International Community presso le Nazioni Unite a Ginevra.
«Ne emerge uno sforzo coordinato dal governo per rendere invisibili i baha’i dell’Iran eliminando uno dei pochi segni pubblici rimasti della loro esistenza, i loro cimiteri, e per costringerli ad attenersi ai riti musulmani come un altro mezzo per obbligarli a rinnegare la propria fede», ha detto la signora Ala’i.
L’episodio più noto in questo ambito è il lavoro di demolizione del cimitero baha’i storico intrapreso a Shiraz da aprile dalle guardie rivoluzionarie per far posto a un nuovo complesso sportivo e culturale.
I lavori di demolizione stanno continuando malgrado in settembre tre esperti ONU di diritti umani abbiano chiesto di fermarli. Le ultime informazioni sono che i lavori stanno proseguendo e che finora 5-6.000 metri quadri di terreno sono stati scavati o costruiti.
«È veramente ingiusto che i baha’i iraniani debbano non solo affrontare gravi persecuzioni nel corso della vita, privati della possibilità di studiare, di lavorare e di pregare, ma debbano anche essere privati di una dignitosa sepoltura», ha detto la signora Ala’i.
Altri incidenti di questa campagna sono:
● Il caso di Ziba Rouhani deceduta in ottobre a Tabriz. Per otto giorni le autorità locali hanno negato il permesso di seppellirla nel cimitero di Tabriz se non senza cassa, cosa che sarebbe stata contraria alle leggi funerarie baha’i.
● Il caso della signorina Mahna Samandari, una giovane di talento successivamente divenuta disabile, che è recentemente morta a Tabriz a 11 anni. In novembre si è saputo che anche a lei era stato negato di essere sepolta nel cimitero di Tabriz.
● In novembre le autorità hanno chiuso il cimitero baha’i di Mahmoudiyeh, nella provincia di Isfahan, e hanno detto che i baha’i non potevano più esservi sepolti.
● In giugno a Tabriz le autorità hanno vietato che Tuba Yeganehpour e altri due baha’i fossero sepolti nel cimitero pubblico.
● In aprile, la tomba di un eminente baha’i sepolto nel cimitero baha’i di Sabzevar è stata distrutta con una ruspa da ignoti. Come in altri episodi di quest’anno, è chiaro che nessuno avrebbe potuto usare un veicolo così grande senza il permesso delle autorità.
● In un periodo di otto mesi nella città di Tabriz le autorità hanno negato il permesso per seppellire i resti di almeno 15 baha’i nel cimitero pubblico e le famiglie sono state costrette a traslare le salme in un’altra città.
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