venerdì 15 settembre 2017

Telecamere di videosorveglianza, Intelligenza Artificiale e Privacy

Le telecamere di videosorveglianza si fanno via, via sempre più avanzate, sofisticate e 'spietate' grazie allo sviluppo di nuovi modelli supportati dall’Intelligenza Artificiale.
Di recente, un gruppo di ricercatori del Regno Unito e India ha sviluppato una AI (Artificial Intelligence) in grado di riconoscere da un filmato o da foto un soggetto anche quando, ad esempio, il suo volto è coperto da occhiali da sole, barba finta, cappello, sciarpa. Il sistema di Intelligenza Artificiale lo identifica ugualmente analizzando 14 punti del volto, misurando le distanze tra loro.
Mentre i sistemi di sicurezza avanzano divenendo sempre più imprevedibili, smart e invadenti, ciò che non si rinnova e non si adegua a questo rapido cambiamento tecnologico è la privacy, la normativa che regola il controllo estremo del Grande Fratello. In che modo la legge tutela il cittadino che non vuole essere controllato in modo così invasivo? Esiste ancora una Privacy?
Telecamere di videosorveglianza: legislazione e tutela del cittadino
La realtà è questa: le telecamere di videosorveglianza intelligenti impiegate per l’identificazione delle targhe automobilistiche o per il classico riconoscimento facciale esistono e si preparano ad essere protagoniste del prossimo futuro mentre la legislazione italiana prescritta dall’Autorità garante della privacy è ferma all’8 aprile 2010 (Provvedimento in materia di videosorveglianza).
E’ difficile fare una stima ufficiale delle telecamere presenti nel nostro Paese; quelle non consentite vengono scoperte attraverso segnalazioni o ispezioni una tantum.
In base alla legge, i cittadini devono essere informati della presenza di telecamere, i dati registrati vengono conservati temporaneamente. Per installare modelli intelligenti di nuova generazione e particolarmente invadenti, occorre richiedere ed ottenere un’autorizzazione dell’Autorità garante della Privacy.
Dove finisce la sorveglianza ed inizia la violazione di privacy
Prima di installare telecamere di videosorveglianza ‘diverse’, il cui software sia in grado di riconoscere una persona attraverso una elaborazione dei dati confrontati con dati personali e biometrici, questi dispositivi non comuni devono essere sottoposti a verifica dell’Autorità garante della privacy.
Certi sistemi di videosorveglianza intelligente non soltanto riprendono e registrano le immagini ma rilevano in automatico eventi anomali, li segnalano e li registrano. Questi sistemi vanno oltre la normale attività di videosorveglianza perché invadono troppo il comportamento e la privacy delle persone. In sostanza, dalla sicurezza si passa al controllo invasivo.
E’ anche vero, però, che l’utilizzo di questi dispositivi può essere ritenuto valido e giustificato in alcuni particolari casi, per scopi ed in contesti precisi, la cui necessità è da verificare volta per volta.
La linea sottile che divide la sicurezza dalla privacy è un tema necessario ed urgente che richiede un adeguamento della normativa. In Italia, sono ancora poche le telecamere intelligenti ma si sta lavorando da anni su sistemi neurali capaci di esaminare il comportamento di una persona, di distinguerlo da un’altra e di segnalare eventi e comportamenti sospetti, anomali.
Sicurezza o privacy? La tendenza degli italiani
Gli italiani preferiscono investire sulla sicurezza in casa piuttosto che proteggere la privacy. Questa tendenza è in costante aumento almeno da 10 anni. Nel 2004, il 56% degli italiani sfruttava sistemi di sicurezza, nel 2015 la percentuale è vertiginosamente salita al 75% (3 persone su 4).
Il mercato delle telecamere di sorveglianza tende al rinnovamento ed a sviluppare soluzioni sempre più avanzate, nuove, intelligenti con sempre meno rispetto per la privacy.

Telecamere di videosorveglianza sui luoghi di lavoro: cosa cambia
Se ieri, al datore di lavoro bastava il consenso dei suoi dipendenti per sentirsi autorizzato ad installare telecamere nei luoghi di lavoro, oggi questo tipo di accordo diventa illegale ai sensi della legge.
Più precisamente, la Corte di Cassazione definisce reato il solo consenso preventivo dei dipendenti senza un accordo sindacale o l’autorizzazione della Direzione Territoriale del Lavoro in base allo Statuto dei Lavoratori Legge 300/1970. La sentenza che ha portato a stabilire la nuova normativa è la n. 22148/2017 depositata il 9 maggio 2017.