giovedì 9 marzo 2017

Anche chi si è cancellato volontariamente dall’albo, può continuare ad “utilizzare” il titolo di “avvocato” e fornire delle consulenze di tipo “stragiudiziali”!

Da: avv. Eugenio Gargiulo (eucariota@tiscali.it)

Anche chi si è cancellato volontariamente dall’albo, può continuare ad “utilizzare” il titolo di “avvocato” e fornire delle consulenze di tipo “stragiudiziali”!

E’ un tema molto dibattuto e di stretta attualità, sul quale è necessario fornire all’opinione pubblica le giuste delucidazioni e delle corrette informazioni, affinchè siano chiariti quei dubbi che spesso ingenerano accuse e critiche violente e fuori luogo sui principali social network, ogni qual volta un avvocato, non più iscritto alla Cassa, si permette di pubblicare commenti tecnici su argomenti giuridici o a corredo di importanti sentenze emanate dalla giurisprudenza italiana.

Premessa doverosa: a seguito dell’introduzione del nuovo obbligo di iscrizione alla Cassa Forense per poter essere contestualmente iscritti all’Albo professionale e, quindi, esercitare l’attività legale, sono molti i professionisti, stretti dalle difficoltà economiche e dall’impossibilità di sostenere spese a volte superiori ai guadagni, che hanno optato per la cancellazione dall’albo onde ottenere l’esonero dal pagamento dei contributi minimi e dall’iscrizione all’ente previdenziale.

Ora, per questi avvocati – in gran parte giovani – si pone il problema di “cosa” poter fare senza l’iscrizione: è lecito continuare a svolgere attività stragiudiziale quali, ad esempio, consulenze, redazione di contratti o di atti stragiudiziali come diffide, messe in mora, precetti, ecc., nonché poter commentare tecnicamente per quotidiani o testate on line?

Il problema tocca una fetta di professionisti superiore a quella che si possa, in prima battuta, ipotizzare. Si parlava, inizialmente, di un numero compreso tra i 55 e i 60 mila avvocati (su un totale di 223mila iscritti).

Della importante questione si sono occupati in questi anni anche numerosi Consigli dell’Ordine, sparsi da nord a sud:  è stato, infatti, chiesto loro se sia consentito agli avvocati, utilizzare tale titolo anche dopo la loro avvenuta cancellazione , il più delle volte volontaria,dall'Albo.  

Il Consiglio dell’Ordine di Firenze, tra i tanti Ordini territoriali chiamati ad emettere un parere sulla questione giuridica,   si è espresso affermando che è indubbio che il soggetto, che abbia legittimamente acquisito il diritto di fregiarsi del titolo di avvocato per avere superato l’esame di abilitazione alla professione e per essere stato iscritto nel relativo Albo professionale, possa continuare a utilizzare tale titolo anche dopo la sua cancellazione da detto Albo, fermo restando che dopo detta cancellazione gli sarà inibito l’esercizio della professione forense. ( così parere CdO Firenze 15.06.2011)

“Né, ad avviso di questo Consiglio, - si può leggere nell’autorevole parere-  sussistono questioni qualora l’avvocato cancellato dall’Albo professionale si fregi del titolo per sottoscrivere corrispondenza e/o pareristica nell’ambito della sua nuova attività quale lavoratore dipendente,  se e nella misura in cui dette prestazioni  vengano da lui effettuate a favore  dell’azienda sua datrice di lavoro, in quanto l’attività di consulenza stragiudiziale costituisce un’attività relativamente libera, non rientrante tra gli atti tipici riservati agli avvocati iscritti nell’Albo professionale.
Qualora, invece, l’avvocato non più iscritto all’Albo si fregi del titolo per effettuare un’attività di consulenza stragiudiziale di natura professionale a favore di terzi,  la spendita di detto  titolo, se pur astrattamente consentita, in una simile eventualità potrebbe configurarsi illecita, per lo meno sotto il profilo civilistico, risultando  collegata ad un’attività propria di quella forense e/o, comunque, a questa connessa. Ciò in quanto  la “spendita” del titolo di avvocato nell’esercizio di  un’attività di tale natura comporterebbe il concreto rischio di indurre i terzi in inganno e/o in errore, ingenerando negli stessi il ragionevole (ma errato) affidamento di intrattenere un rapporto professionale con un avvocato regolarmente iscritto all’Albo, come tale assoggettato agli obblighi, posti anche a tutela, appunto, dei terzi, riconducibili all’iscrizione stessa, tra i quali assumono particolare  rilevanza quelli relativi alla formazione, alla competenza e, più in generale, all’osservanza di un comportamento deontologicamente corretto nei confronti dei clienti e dei terzi.     
Conseguentemente, in una simile eventualità, onde non incorrere in responsabilità, dovrebbe, comunque, essere adeguatamente evidenziato che colui che si fregia del titolo di avvocato non è iscritto nel relativo Albo professionale”.

In sintesi, dopo la cancellazione dall'Albo si conserva il titolo di Avvocato e lo si può utilizzare per compiere attività stragiudiziali  , a condizione, però, che l'utilizzo non ingeneri l'idea che si esercita ancora la professione. Si perde,difatti, il titolo solo in caso di radiazione o di cancellazione per indegnità.

Circa l'attività stragiudiziale, la legge di riforma della professione forense entrata in vigore il 2 febbraio 2013, afferma che “Per prestare consulenza e assistenza legale stragiudiziale non è necessario essere iscritti all'Albo degli avvocati”. Lo stabilisce il nuovo ordinamento della professione forense (legge n.247/2012) all'art. 2 comma 6. 

Sempre la medesima legge professionale  poi indica coma attività di competenza, ma “non esclusiva”, degli avvocati l’attività professionale di consulenza legale e di assistenza legale stragiudiziale: dunque, ciò implica che tale attività, per quanto “tipica” dell’avvocato, non può essere interdetta anche a chi non è iscritto all’albo.

Anche la Suprema Corte di Cassazione si è espressa sull’argomento affermando, a più riprese, che “l’attività stragiudiziale non rientra tra quelle per le quali è necessaria l’iscrizione all’Albo”. ( in tal senso Cass. sent. nn. 15530/2008 e 8445/2008)

Il consiglio finale – interviene e conclude il noto avvocato foggiano Eugenio Gargiulo-  è, comunque, quello di stilare degli appositi contratti professionali ove il cliente viene messo preventivamente nella condizione di sapere che il professionista non è iscritto all’albo e, quindi, il mandato non si estende alle attività di tipo giudiziale o finalizzate all’esercizio dell’azione giudiziale o di assistenza in procedimenti arbitrali. Tanto, almeno, onde evitare di incorrere nel reato di “esercizio abusivo della professione!

Foggia, 9 marzo 2017                                                avv. Eugenio Gargiulo

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