venerdì 25 luglio 2014

comunicato per Palm Spa

Ridurre il Carbon Footprint. Come fare?

 L'esperienza di Palm Spa raccontata da Andrea Bonesi

Negli ultimi anni, come strumento di misura e comunicazione delle performance ambientali, ha riscosso un crescente successo il calcolo del “Carbon Footprint”, ossia la misura in termini di CO2 equivalente all’impatto complessivo che un prodotto, un servizio o un’organizzazione ha sull’ambiente lungo il ciclo di vita.


Spesso si pensa che il “problema” delle eccessive emissioni in atmosfera sia riferito solo alle aziende che hanno processi produttivi particolarmente inquinanti, ma in realtà ognuno di noi produce quotidianamente anidride carbonica con i propri consumi alimentari, casalinghi e gli spostamenti quotidiani (il WWF quantifica in circa10 mila i kg. di CO2  annualmente emessi da ogni italiano).

Nonostante il nostro settore industriale non sia particolarmente impattante in termini di emissioni, la nostra mission ci impone di fare sempre il massimo possibile per la salvaguardia ambientale, così nel 2007 ci siamo chiesti come poter ridurre la nostra “impronta”.

Per prima cosa dovevamo essere in grado di misurare le nostre emissioni, così ci siamo avvalsi della preziosa collaborazione del Consorzio Universitario di Ricerca Applicata (CURA) dell’Università degli Studi di Padova per dare vita ad un ambizioso progetto con il fine di sviluppare un modello affidabile per il calcolo e la gestione della Carbon Footprint dell’intera filiera in cui Palm stessa è parte.
Nel rispetto della norma ISO 14064, abbiamo quindi analizzato dettagliatamente il ciclo di vita dei nostri imballaggi (LCA) e tutti i processi che li costituivano.
Attraverso questo importante strumento abbiamo prima di tutto calcolato il nostro “punto di partenza” e in seguito migliorato la gestione di tutti i processi sul fronte delle emissioni in atmosfera, per fare in modo di ridurle drasticamente.


Da subito emerse che  i soli trasporti generati dall’approvvigionamento delle materie prime legnose - le quali provenivano principalmente dall’Est Europa – erano responsabili del 60% di tutte le nostre emissioni,
così abbiamo deciso di privilegiare fornitori che si trovassero più vicini all’Italia, intensificando ove possibile l’utilizzo di legname disponibile localmente (pioppo delle golene del Po).
Sempre sul fronte trasporti, questa volta dei prodotti finiti ai clienti, abbiamo agito parallelamente dotandoci di moderni camion “Euro 5” e cercando di rivolgerci a logistiche dotate di mezzi moderni e poco inquinanti.
Poi abbiamo monitorato in modo sempre più preciso le tratte coperte per cercare di ottimizzare consegne e saturare il più possibile i mezzi in movimento, sfruttando i viaggi di ritorno per recuperare pallet usati e rotti spesso giacenti nei magazzini dei nostri clienti.

Sul fronte produttivo abbiamo fatto analizzare ad esperti i nostri consumi e ci siamo avvalsi di energia elettrica proveniente da centrali idroelettriche valdostane.
Poi è stata la volta dei macchinari che sono stati via via migliorati sostituendo i motori con elementi più moderni e meno golosi.

L’aspetto forse più interessante è stato il fatto di mettere in discussione ogni nostra abitudine, così ci siamo accorti che con poco (raccolta differenziata dei rifiuti,  illuminazione degli ambienti con fotocellule, uso di “ciabatte” elettriche per ridurre gli apparecchi in stand-by, uso di carta e toner riciclati…) si riusciva comunque a ridurre i consumi con benefici sia economici e ambientali.

Tutti questi sforzi cominciavano a dare risultati (-10% 2007/2008, -18% nel 2008/2009) che condividevamo con i nostri portatori d’interesse, riuscendo a rendicontare ai nostri clienti la quantità di CO2 emessa e risparmiata attraverso un calcolatore che tiene conto delle emissione generate dai trasporti di materia prima e prodotti finiti ai clienti, oltre a quelli dovuti alle attività produttive.
Ovviamente nei primi anni abbiamo avuto le riduzioni più drastiche in quanto l’incidenza degli interventi è stata massima; tuttavia si tratta di un processo continuo che ci ha permesso di abbattere in 7 anni del 37% la nostra impronta ecologica, che seppur minuscola, lascia comunque un segno che vorremmo divenisse in futuro sempre più piccolo!

 

 

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