martedì 18 dicembre 2012

LUGANA doc: la storia di un vino

Pur essendo un vino giovane, la cui nascita effettiva è da datarsi a circa un secolo fa, il Lugana è il prestigioso epilogo di un lungo concatenarsi di eventi storico-agricoli grazie ai quali oggi è possibile trovare sulle nostre tavole questo vino dalla fama ormai indiscutibile. Un successo non improvvisato quindi, ma carico di storia e cultura.

Nella lontana età del bronzo apparvero, nell’attuale zona gardesana, alcuni elementi che fecero pensare al consumo di una qualche rudimentale bevanda a base di uva (tesi avallata dal ritrovamento di alcuni utensili che potrebbero essere serviti per la produzione di un qualche fermento, avo dell’attuale vino). Gli studiosi erano comunque discordi sull’argomento visto che non si avevano prove certe di tale consumo.

Certa è invece la fama del vino retico, un vino di epoca romana famoso nel II secolo a.C. nella zona del basso Garda denominata appunto Retia. E’ tale la fama di questo vino che già M. Portio Cato, come riporta Plinio il Vecchio, si accinse a descrivere il popolo dei Reti proprio attraverso la loro produzione enologica. Svetonio poi, ne tessé le lodi definendolo come il vino preferito dall’imperatore Augusto («Et maxime delectatus est Raetico, neque temere interdiu bibit»). Anche poeti dello spessore di Marziale, Virgilio e Catullo citano nelle proprie opere questa eccellente bevanda.

Evidentemente c’erano già le premesse per un grande successo, ma si era ancora ben lontani dalla creazione del disciplinare emanato nel 1967 che definisce e regola le caratteristiche del vino Lugana.

L’alto medioevo è un periodo importante per la coltura vitivinicola della regione del basso Garda: in quest’epoca ha inizio un’importante opera di catalogazione grazie al meticoloso lavoro di ordini religiosi e notarili. In questo modo si dà una tassonomia e un blasone ai vini e vigneti di maggiore importanza. In quest’epoca sono dunque gli ordini monastici ed ecclesiastici a essere i protagonisti del lavoro di viticoltura e produzione del vino nella zona del basso Garda. Furono apportate migliorie sotto il profilo tecnico e organizzativo per il lavoro nelle vigne, mentre la sempre più diffusa adesione alla religione cattolica rafforzava la presenza di chiese e abbazie nella zona. La presenza di vigneti diviene sempre più estesa e l’aumento delle funzioni religiose porta a una maggiore richiesta di vino per le celebrazioni eucaristiche. Assume quindi sempre più importanza il monastero di Santa Giulia, il quale, è accertato, disponeva di vasti possedimenti di vigneti e di produzione di vino. Un altro elemento a sostegno della diffusione di queste colture è rappresentato dalla notevole diffusione iconografica dell’elemento della vite nell’arte figurativa ecclesiastica.

Oltre che per motivi religiosi, la coltivazione della vite fu incentivata negli anni successivi da scopi militari. Fu infatti il duca milanese Giangaleazzo Visconti che, sempre in lotta con la vicina Mantova, iniziò una grande opera di disboscamento dell’area Lugana. La grande quantità di legname sarebbe servita per costruire uno sbarramento in zona Valeggio per deviare il corso del Mincio e arrivare ad allagare Mantova. Il disboscamento agevolò quindi la diffusione della vite.

Fu la Repubblica di Venezia, nel Quattrocento, ad apportare un decisivo passo avanti alla diffusione della viticoltura nella zona Lugana. Fino a questo periodo tutta la zona era per lo più paludosa, ostile, ricoperta da boschi dove, di rado, apparivano colture di vitigni il cui terreno era stato strappato alla vegetazione selvaggia. Nonostante il lavoro operato dai Visconti, infatti, durante la dominazione della Serenissima iniziano importanti opere di bonifica che resero fertili e particolarmente ambiti i territori. Il terreno della Lugana acquistò sempre più valore anche in letteratura dove si descrivevano molti prodotti tipici, vino compreso.

Sono di quest’epoca i primi scritti che esaltano le bellezze della Lugana, con particolari accenti sul paesaggio, sui vigneti ormai diffusi che ornano il panorama e sulle prelibatezze enogastronomiche. Da Antonio Bendidio, a Torello Sarayna, ad Onofrio Panvinio a Francesco Tinto, tutti descrivono la Lugana come impreziosita dai suoi meravigliosi vigneti e come terra generosa di ottimo vino.

Importante testimonianza della produzione di vino della Lugana è l’opera del Bacci, una colossale descrizione e analisi di tutti i vini noti all’epoca, completa di tecniche di viticoltura e lavorazione. Tra i corposi capitoli del Bacci troviamo una descrizione del vitigno “trebulano” presente nell’area del basso Garda e quasi sicuramente discendente dell’attuale Lugana.

Si arriva al XVII secolo, quando anche nelle regioni meridionali del Garda impazza la peste. Il territorio e la popolazione ne sono martoriati e, seppur nelle enormi difficoltà economiche, il vino della zona trova addirittura un impiego come sollievo alla malattia. Alcuni medici, tra cui il veronese Francesco Poma, utilizza il vino della Lugana per scopi terapeutici. Ovviamente non è un rimedio al male nero come crede il Poma, ma si rivela comunque di conforto per i colpiti dalla malattia.

Passato il turbolento Seicento, continuiamo a trovare lusinghiere testimonianze del Lugana tra le pagine di Scipione Maffei il quale, nel suo “Verona Illustrata”, decanta le lodi delle specialità veronesi, compresi i vini rossi e bianchi della zona.

La domanda di vino fu sempre più crescente e il secolo successivo vide un incremento della produzione che coinvolse anche la zona gardesana. La produzione in quest’epoca però andò a discapito della qualità, un concetto quest’ultimo ancora molto acerbo nel modo di pensare dei produttori. Oltre alla crescita della domanda, altri due fattori importanti contribuirono pesantemente a dare scarso peso alla qualità rispetto alla produzione: da una parte le guerre risorgimentali, dall’altra il flagello dei parassiti che attaccarono le vigne.

Lo scoppio delle guerre risorgimentali vide l’area della Lugana teatro di aspre battaglie e, molto spesso, i vigneti furono saccheggiati e depredati dagli eserciti di passaggio. Anche l’arrivo dell’oidio e della peronospora daranno un duro colpo alla produzione di uva. Ma è proprio l’avvento di questi parassiti, tremendi per le viti, a stimolare la ricerca enologica e a sviluppare le conoscenze nel settore che porteranno migliorie anche per la qualità dei vini locali.

All’inizio del XX secolo il Lugana continua a riscontrare successo sia tra il pubblico sia tra gli esperti del settore, anche e soprattutto all’estero. Ogni illustre viaggiatore straniero che si trovava a passare dalle rive meridionali del Garda sarebbe stato immancabilmente affascinato da questo vino, oltre che dal dolce paesaggio carico di viti e grappoli. Così anche Hans Barth, noto enologo tedesco e viaggiatore nella sua opera “Osteria” riporta la sua «illuminante scoperta» del vino Lugana.

Bisognerà comunque attendere la fine delle guerre mondiali per veder sorgere aziende agricole deputate alla produzione del Lugana in maniera sempre più organizzata e professionale, stimolate dalla crescente domanda e dall’affermazione del vino come prodotto preponderante nell’economia nazionale. Nascono le prime importanti manifestazioni fieristiche, primo tra tutti il Vinitaly, ancora oggi il massimo catalizzatore di professionisti del settore che richiama ogni anno migliaia di visitatori. Nasce ufficialmente la denominazione Lugana, con disciplinare datato 21 luglio 1967 che ne regola i criteri di produzione. Negli anni seguenti (rispettivamente 1975 e 1998) sempre con modifiche al disciplinare si affiancano il Lugana Superiore e il Lugana Spumante mentre è del 1990 la nascita del Consorzio di Tutela.

www.consorziolugana.it




Novella Donelli – ufficio stampa Jit
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