giovedì 23 giugno 2011

La Ricerca Italiana sulla reumatologia al top in Europa

Oltre 300 i contributi presentati all'EULAR

La Ricerca Italiana sulla malattie reumatiche è ai più alti livelli in Europa e, per il terzo anno consecutivo, raggiunge la top three dei paesi con il più alto numero di contributi proposti a EULAR 2011. Al congresso europeo di reumatologia, che quest'anno si è svolto a Londra, dopo la Gran Bretagna, padrone di casa, l'Italia è stato il Paese con il maggior numero di progetti di ricerca accettati su ben 127 nazioni partecipanti e 16.080 congressisti. Da rilevare comunque che il rate di rigetto dei contributi inglesi è stato del 15% contro solo lo 11% di quelli italiani. Una seconda posizione che conferma i successi delle due passate edizioni del congresso annuale EULAR: il primato ottenuto a Copenaghen nel 2009 e ripetutosi l'anno successivo a Roma.

Su 3.443 comunicazioni presentate, oltre 300 sono state quelle proposte da reumatologi che operano nelle strutture mediche e nelle università del nostro Paese. Più di 30, inoltre, gli studi presentati nell'ambito delle sessioni orali in agenda, esposizioni che vengono riservate solamente ai progetti che rappresentano in assoluto il top della ricerca reumatologica in Europa. Riconoscimenti che non costituiscono una formalità, ma che anzi collocano l'Italia tra i principali attori nel determinare il progresso del sapere scientifico in questo ramo della medicina, con un forte orientamento alla crescita dei giovani ricercatori.

«Il ruolo rivestito dall'Italia in reumatologia a livello internazionale è sempre più rilevante - conferma il prof. Maurizio Cutolo, incoming President dell'EULAR - lo testimoniano i numeri emersi all'ultimo congresso europeo, dove la presenza di progetti portati avanti dai nostri ricercatori, in questa come nelle passate edizioni, é stata preponderante ed orientata in differenti direzioni confermando una vivacità di interessi e competenze».

«Un risultato importantissimo, non soltanto per il nostro settore, ma anche per la Ricerca italiana in senso lato: un dato che ci preme sottolineare è stata infatti la forte partecipazione di giovani medici italiani invitati a presentare i propri contributi a Londra. Ci auguriamo che tale successo sensibilizzi ancora di più le istituzioni e la comunità al sostegno concreto della Ricerca, che nel nostro Paese produce risultati tangibili e riconosciuti internazionalmente, ma concretamente è scarsamente supportata» sottolinea il Prof. Cutolo.

«Nella mia recente esperienza come Chairman del comitato EULAR per la formazione e training dei reumatologi europei, ho notato una scarsa richiesta di soggiorni all'estero e di borse di studio sovvenzionati dall'EULAR da parte dei giovani italiani, suggerisco quindi di sfruttare al massimo questa salutare opportunità che senz'altro permette di allenare e perfezionare le "personalità" delle giovani "promesse".

Nei prossimi 6 anni, sfruttando la posizione di Presidenza (streering committee) nell'EULAR, cercherò di formare e buttare in lizza con la collaborazione della Società Italiana di Reumatologia una giovane squadra italiana pronta a prendere la staffetta per mantenere anche nel futuro le eccellenti posizioni attualmente raggiunte. In altre parole, è tempo anche per l'Italia di adottare tattiche agonistico/sportive per sfruttare l'esperienza e l'avvio di chi ha preceduto nei successi» conclude il "trainer" prof. Cutolo.




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Le malattie reumatiche rappresentano la prima causa di disabilità nel mondo (46-54% dei casi, secondo gli studi). Fino ad oggi la medicina è riuscita a fornire una soluzione solo parziale a questo tipo di patologie, che sono in genere controllabili per quanto riguarda il dolore, ma ancora poco curabili all’origine. Grazie alle biotecnologie, sono stati introdotti farmaci capaci di inibire molecole che svolgono un ruolo cruciale nell'infiammazione. Altri medicinali regolano le funzioni del sistema immunitario compromesse nelle malattie reumatiche autoimmuni (artrite reumatoide, lupus, sclerodermia ecc.). Ma si tratta di terapie che devono essere ulteriormente migliorate in efficacia e sicurezza e che, proprio per questo motivo, richiedono ancora anni di studi.



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