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COMUNICATO STAMPA
Nell'anniversario dell'arresto i dirigenti bahá'í iraniani potrebbero affrontare una nuova accusa NEW YORK (12 maggio 2009) –
Giovedì prossimo ricorre l'anniversario dell'arresto dei sette dirigenti bahá'í attualmente detenuti in Iran. Dopo un anno di carcere senza un'imputazione formale o alcuna possibilità di accedere al loro legale, Shirin Ebadi, su di loro pendono ora nuove, gravissime accuse.
«A dispetto della loro ovvia innocenza e delle molte richieste di immediata liberazione, questi sette uomini e donne sono stati tenuti in un limbo legale per un anno, contro tutti i criteri internazionali dei diritti umani», ha detto Bani Dugal, il principale rappresentante della Bahá'í International Community presso le Nazioni Unite.
«Inoltre le loro famiglie sono state recentemente informate di una possibile nuova imputazione, "diffondere corruzione sulla terra", in persiano "Mofsede fel-Arz", un'accusa che secondo il codice penale della Repubblica Islamica dell'Iran può comportare la pena di morte», ha detto la signora Dugal.
«La sequenza degli eventi legati alla loro detenzione mostra una spudorata parodia di giustizia. Pur essendo stati sottoposti ad approfonditi interrogatori, sono passati sette mesi prima che fosse comunicato loro un solo pretesto per la loro detenzione.
L'11 febbraio 2009 la Iranian Student's News Agency (ISNA) ha detto che il sostituto procuratore di Teheran, Hassan Haddad, ha dichiarato che le indagini contro questi individui erano finite, che «la prossima settimana il caso» sarebbe stato «presentato al Tribunale rivoluzionario per la condanna» e che i dirigenti bahá'í erano stati accusati di «spionaggio a favore di Israele, insulti contro la santità della religione e propaganda contro la repubblica islamica».
Le proteste internazionali espresse dai governi e dalla società civile sono state immediate e generali e pertanto le autorità iraniane hanno rivisto la propria posizione.«Ora, circa tre mesi dopo che le indagini sembravano concluse, corre voce che si sia aggiunta una nuova ingiusta imputazione.
L'accusa di diffondere corruzione è stata usata contro alcuni bahá'í che sono stati giustiziati negli anni immediatamente successivi alla rivoluzione islamica.
Che vi si sia ricorso in questo caso è un'ulteriore dimostrazione del fatto che le accuse delle autorità contro queste persone si basano su una palese persecuzione religiosa.
Questa azione contro la dirigenza bahá'í rispecchia il recente forte inasprimento della persecuzione da parte del governo dell'intera comunità bahá'í iraniana che conta oltre 300 mila membri.
«L'imminente anniversario del loro arresto è un'importante pietra miliare e noi chiediamo alla comunità internazionale di ribadire ancora una volta nei termini più decisi la richiesta della loro immediate liberazione o, almeno, di un processo giusto e pubblico che rispetti i criteri della giustizia internazionale», ha detto la signora Dugal.
La signora Dugal ha anche osservato che il Presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha spesso parlato dell'importanza della «giustizia» e della «dignità umana» e della «instaurazione di un sistema mondiale giusto», come quando il mese scorso ha parlato durante la Conferenza ONU di revisione di Durban a Ginevra.
«Com'è possibile prendere sul serio gli inviti alla giustizia dei leader politici iraniani nell'ambito internazionale quando essi non garantiscono la giustizia ai loro cittadini? In Iran si ignorano ordinariamente diritti umani su cui tutti sono d'accordo, non solo nel caso dei bahá'í ma anche nel caso di donne, giornalisti e altri che chiedono solo dignità e giustizia», ha detto la signora Dugal.
I sette dirigenti sono la signora Fariba Kamalabadi, il signor Jamaloddin Khanjani, il signor Afif Naeimi, il signor Saeid Rezaie, la signora Mahvash Sabet, il signor Behrouz Tavakkoli e il signor Vahid Tizfahm. Tranne uno, sono stati tutti arrestati il 14 maggio 2008 nelle loro case a Teheran. La signora Sabet è stata arrestata il 5 marzo 2008 mentre si trovava a Mashhad.
Per ulteriori informazioni vedasi: http://news.bahai.org/
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