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giovedì 21 novembre 2013

FAMIGLIE DI FATTO: RIPARTE IL CONTRATTO DI CONVIVENZA

Da sempre le coppie di fatto sono state "discriminate" dall'ordinamento italiano, ma ora la soluzione è alla portata di tutti. Torna infatti in auge il contratto di convivenza, un accordo scritto con cui i conviventi (sia etero che gay) possono regolare ogni aspetto patrimoniale della loro vita di coppia.
Attraverso i contratti di convivenza sarà possibile disciplinare in particolare l'abitazione, la contribuzione alla vita domestica, il mantenimento in caso di bisogno del convivente, il contratto di affitto, la proprietà dei beni, perfino organizzando un regime di comunione o separazione dei beni. Si possono prevedere con testamento anche eventuali clausole a favore del convivente more uxorio o l'assistenza in caso di malattia attraverso la designazione dell'amministratore di sostegno. È inoltre possibile tutelare a livello contrattuale la parte debole all'interno della famiglia di fatto.
I contratti si possono sottoscrivere in qualsiasi momento della convivenza ma possono anche definire rapporti patrimoniali in caso di cessazione del rapporto, evitando discussioni e rivendicazioni al momento della rottura.
Peculiare caratteristica che contraddistingue un servizio di qualità è che il contratto è redatto da un professionista non sulla base di un fac simile, ma creato su misura sulle esigenze specifiche dalla coppia
Dal contratto di convivenza nascono veri e propri obblighi giuridici a carico della coppia che lo sottoscrive. E anche per quanto riguarda i figli sono ammissibili clausole per la definizione dei rapporti patrimoniali su mantenimento e istruzione.
Il contratto di convivenza esiste da tempo, ma è passato quasi sotto silenzio. Ora il grande rilancio, complice l'iniziativa nazionale dei notai italiani che hanno organizzato un open day per il 30 novembre prossimo. L'importanza della scelta del giusto professionista, in questo caso, è fondamentale ed è bene affidarsi a un esperto in diritto di famiglia, che ben conosce le problematiche sottese alle questioni della famiglia, anche quella di fatto.
Occorre però porre attenzione al fatto che tal contratti non possono disporre nulla circa un'eventuale successione ereditaria tra conviventi. Ciò perché nel nostro ordinamento le norme sulle successioni sono inderogabili e non sono ammessi patti successori.
Tuttavia una soluzione pratica a tale problema è offerta da un istituto inglese "antico" ma che sempre più utilizzato in Italia: il trust.
Con il trust, infatti, viene costituito un patrimonio separato da quello del disponente che consente anche chi non è (e non può) essere erede di assicurarsi la possibilità di godere di una parte del patrimonio del defunto, senza con ciò collidere con le norme sulla successione.
Va anche sottolineato che avendo il trust funzione di segregazione patrimoniale, nel momento in cui il disponente porrà in trust il proprio patrimonio, si realizzerà un nuovo patrimonio separato che non risponderà di eventuali debiti del defunto senza dunque la necessità di alcuna forma di rinuncia all'eredità da parte dei beneficiari.
Poiché, poi, il trust viene istituito quando il disponente è ancora in vita, lo stesso disponente può avvantaggiarsi della protezione patrimoniale offerta dal trust, ponendo così il proprio patrimonio al riparo da eventuali aggressioni di creditori.

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