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lunedì 30 agosto 2010

Un altro suicidio in carcere:mancanza agenti,educatori e psicologi sono concausa dei suicidi nelle carceri.



Emergenza giustizia


Un altro suicidio in carcere

Un detenuto si è tolto la vita impiccandosi nel carcere di Siracusa. È il trentanovesimo dall'inizio dell'anno. Ogni giorno ci provano almeno tre persone nei 206 istituti penitenziari italiani. Troppi detenuti, "stipati come sardine nelle celle"




di G.R., Gli Italiani




Ogni giorno, nei 206 istituti penitenziari della Penisola, si registrano almeno tre tentativi di suicidio da parte dei detenuti. L'anno scorso sono stati 800 e quest'anno, in poco più di tre mesi, già 250.
Un detenuto, L.C., si è suicidato stanotte, intorno alle 3 nel carcere di Siracusa. L'uomo, un cittadino italiano accusato di estorsione, si è impiccato nel reparto 'isolati' dell'istituto penitenziario. Già la scorsa settimana aveva messo in atto diversi atti autolesionistici, ingerendo delle lamette.

L'agente di sorveglianza, pur essendo intervenuto tempestivamente, non è riuscito a salvarlo. A darne notizia e Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Pa penitenziari che accusa: "Nostro malgrado costretti ad alzare bandiera bianca, consapevoli che la nostra bandiera bianca è quella dello Stato. Altro che Governo della sicurezza. Questo e' il Governo dei record abbattuti: evasioni e suicidi".

Grazie al lavoro di vigilanza degli agenti di polizia penitenziaria, la maggior parte di questi tentativi si riesce a sventare, ma in alcuni casi non si fa in tempo a intervenire. Un 'bollettino di guerra' che cresce ogni giorno: dal primo gennaio 2010 ad oggi sono già 39 i detenuti che si sono tolti la vita in carcere. L'anno scorso, considerato un anno 'nero', si sono registrati 52 suicidi (ma potrebbero essere di più: per alcune fonti si arriva a 70), praticamente uno a settimana. Se continua così, quindi, il 2010 rischia di essere ricordato come un tragico anno record per le morti in carcere.

Le cause di questo scenario allarmante sono molteplici, ma in primo luogo ci sono le cattive condizioni di vita carceraria dovute al sovraffollamento, ai troppi detenuti: 67.271, di cui 42.288 italiani e 24.983 stranieri, a fronte di una ricettività regolamentare pari a circa 43 mila posti. La conseguenza di questo sovraffollamento è presto detta: "Detenuti stipati in cella come 'sardine', a volte 3-4 persone in 4 metri quadrati, con convivenze molto difficili". Secondo gli esperti, questi problemi investono quasi tutti gli istituti di pena, in alcuni casi "vecchi e fatiscenti". Ma non mancano le 'eccellenze', in negativo però. Un carcere dove le condizioni di vita di chi è dietro le sbarre sono assai problematiche sembra essere per esempio quello di Sulmona, dove proprio il 9 aprile si è registrato l'ultimo tragico episodio. Ma anche all'Ucciardone di Palermo, al San Vittore di Milano e al Poggioreale di Napoli non mancano le difficoltà.

Diversi i segnali di malessere possibili campanelli d'allarme. "I più evidenti – - spiega il coordinatore del Centro prevenzione suicidio dell'ospedale Sant'Andrea della II Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'università La Sapienza di Roma, Pompili – sono dormire e mangiare poco, o trascurarsi nell'igiene personale".

Per migliorare le condizioni di vita in carcere è sceso in campo anche il governo, che sta lavorando a una riforma del sistema penitenziario. Il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha presentato un piano mirato, proprio per affrontare e risolvere i problemi degli istituti di pena nazionali. Questo piano prevede risorse per 700 milioni di euro, destinate alla costruzione di 47 nuovi padiglioni detentivi più 17 carceri leggere. E ancora, l'implementazione di 2 mila unità dell'organico della polizia penitenziaria. Il piano prevede inoltre il potenziamento delle pene alternative come i domiciliari, ma non solo.

Nel frattempo, però, la situazione nelle carceri è 'esplosiva'. "L'anno scorso – spiega il segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe), Donato Capece- ci sono stati 800 tentativi di suicidio, quest'anno in pochi mesi di tre mesi già 250. E' necessario intervenire al più presto per aumentare gli spazi e migliorare le condizioni di vita nelle carceri. Abbiamo anche suggerito delle soluzioni, come ad esempio la costruzione immediata di piattaforme galleggianti o sistemi modulari di sicurezza. Questi ultimi si costruiscono in 6 mesi, sono capaci di contenere circa un migliaio di detenuti e hanno un costo di realizzazione che varia dai 20 ai 25 milioni di euro".

Ma non è solo un problema di spazi. "Mancano gli agenti di polizia", osserva Capece. "Ne servirebbero almeno 6 mila in più. Al momento, nelle sezioni detentive lavorano circa 24.300 agenti. A volte un solo sorvegliante si ritrova a controllare 100 detenuti. Reclusi che, per mancanza di spazi, vivono in condizioni molto difficili, spesso costretti a restare ognuno nella proprio branda anche solo per poter parlare tra loro. Il sistema, così, rischia di implodere".

A scarseggiare non sono solo gli agenti della polizia penitenziaria. "Mancano anche psicologi, educatori, medici e operatori sanitari", avverte Capece. "L'assistenza sanitaria all'interno delle carceri ora e' in mano al Servizio sanitario nazionale. Naturalmente questo comporta che tutti i problemi che affliggono il Ssn si riflettono inevitabilmente anche sul servizio all'interno degli istituti. Da qui la carenza di medici".

Sulla stessa lunghezza d'onda anche il Garante dei detenuti del Lazio, Marroni, che denuncia le stesse problematiche: "L'affollamento all'interno delle carceri produce insofferenza. Molti spazi dedicati al sociale vengono trasformati in celle. Si riducono gli spazi e si riduce la vivibilità per i detenuti".

Per Marroni, la carenza degli agenti di polizia penitenziaria è una vera e propria emergenza. "Ne servirebbero almeno altri 5-6 mila. Anche per avere più attenzione nei confronti degli atti di autolesionismo e dei tentativi di suicidio dei detenuti, alcuni dei quali – puntualizza – sono persone con disturbi psichici". Per arginare il problema legato al sovraffollamento, anche per Marroni sarebbe necessario pensare a misure detentive alternative. "Soprattutto – conclude – per le 25 mila persone detenute per piccoli reati legati alla tossicodipendenza. Non dovrebbero stare in prigione ma nelle comunità terapeutiche e nei centri di disintossicazione".

Gliitaliani.it

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