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domenica 17 maggio 2009

[comunicato stampa] Elezioni per il Parlamento Europeo

Lettera aperta della Federazione Esperantista Italiana ai candidati alle elezioni per il Parlamento Europeo


Molti sono i problemi dell'Europa. Tra questi ne esiste uno che le forze politiche e l'opinione pubblica raramente considerano: il problema della lingua europea.
L'Unione Europea è portatrice di una grande forza intrinseca: il tenere insieme, sulla base di radici comuni che affondano in una storia millenaria, culture e popoli diversi i quali, se operanti in sinergia, offrono al mondo una realtà di ineguagliabile ricchezza per le sue potenzialità di sviluppo civile ed umano, oltre che economico e politico.

Questa pluralità è la forza e la debolezza dell'Europa: la forza di una grande orchestra che riesce a fondere il suono di strumenti molto diversi, e la debolezza di chi fatica a gestire una situazione tanto complicata e a trovare l'unità senza mortificare le peculiarità. Il processo dell'unificazione europea potrà avanzare positivamente nella misura in cui riuscirà a garantire l'uguaglianza e la pari dignità di tutte le culture e di tutte le sensibilità. E' questo il segreto della democrazia.

Ma il rispetto per le culture non può prescindere dal rispetto per le lingue. La lingua non è soltanto il veicolo asettico della cultura di un popolo, ma ne esprime l'identià e fa un tutt'uno con il suo modo di pensare.

La Comunità europea riconosce ufficialmente 23 lingue e, nell'intento di esaltare la specificità di ciascuna, ha più volte ribadito la scelta di una politica linguistica fondata sul plurilinguismo: ogni cittadino europeo aspiri a conoscere, oltre alla lingua materna, almeno altre due lingue dell'Unione e l'Unione promuova la conoscenza di tutte.

Ma la pratica è ben diversa: le lingue di lavoro sono quelle delle nazioni politicamente più forti e di fatto l'inglese tende ad occupare tutti gli spazi. Anche la scuola italiana sta adottando una politica monolinguistica a favore dell'inglese.
La questione non ha soltanto una rilevanza pratica: meglio una lingua sola che 23. Ci sono gravi implicazioni psicologiche, sociali, politiche ed economiche che non possono essere ignorate.

1. L'inglese oggi è la lingua della maggiore potenza mondiale, gli Stati Uniti d'America, ed è il veicolo di una cultura e di una civiltà, grandi ed importanti, ma tendenti a "globalizzare" tutto il mondo, Europa compresa.

2. Se l'Europa di fatto (e poi magari anche di diritto) adotta, come strumento di comunicazione internazionale, la lingua di uno dei popoli che la costituiscono, ne riconosce implicitamente la superiorità culturale, civile e storica. Ciò non può non comportare importanti conseguenze anche sul terreno politico.

3. In un'Europa di eguali è inaccettabile (e prima o poi non verrà accettato), che 60 milioni di cittadini europei possano usare la propria lingua materna nei concorsi, nel lavoro, nei rapporti con le istituzioni, nell'informazione, nelle relazioni sociali, incluse anche quelle politiche, e tutti gli altri debbano competere negli stessi campi usando una lingua straniera.

4. Nella produzione industriale e nel commercio non è ammissibile che la normale competizione consenta ad alcuni imprenditori di risparmiare i costi della comunicazione linguistica che invece tutti gli altri sono costretti ad sostenere.
5. Uno studio del prof. Grin, ricercatore dell'Univesità di Ginevra, ha calcolato che il vantaggio economico della lingua può essere quantificato annualmente per la Gran Bretagna in circa 18 miliardi di euro. E' evidente che gli altri popoli devono sostenere complessivamente una spesa di pari importo.

Come si vede, sia ragioni ideali che ragioni molto concrete militano a favore di una considerazione molto seria di un problema che, invece, normalmente viene liquidato in forma sbrigativa sulla scia di una moda imperante e di una sorta di neocolonialismo culturale per il quale la civiltà del più forte, che si esprime anzitutto nella lingua, viene assunta come un modello da imitare.

Il movimento esperantista italiano in occasione delle elezioni europee si rivolge a tutte le forze politiche ed ai candidati per conoscere se sono disponibili ad impegnarsi per uno studio più attento del problema linguistico europeo senza esclusioni pregiudiziali nei confronti dell'opzione di una lingua di comunicazione neutrale, quale ad esempio l'esperanto.

Questa soluzioe, a nostro avviso, sarebbe la più razionale e democratica: l'esperanto, per la semplicità e la razionalità della sua struttura, sarebbe una lingua di facile acquisizione per tutti i popoli europei, e per la sua neutralità garantirebbe pari dignità ed eguali opportunità a tutti i cittadini europei.

Nella speranza di un Suo cortese riscontro, formuliamo i migliori auguri per la competizione elettorale.

Federazione Esperantista Italiana
Il presidente, Renato Corsetti

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Breve nota bibliografica per ulteriori approfondimenti:

Umberto Eco, La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea, in particolare il
capitolo 16, Bari: Laterza, 1996.
François Grin, L'enseignement des langues étrangères comme politique publique,
Haute Conseil de l'évaluation de l'école, http://cisad.adc.education.fr/hcee/documents/rapport_Grin.pdf.
Reinhard Selten, premio Nobel per l'economia 1994, (a cura di) I costi della [non]
comunicazione lingusitica europea, ERA, Roma 1997.


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